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4/2/2016
Foto panoramica della sede del Palazzo dei diritti umani che ospita la Corte europea dei diritti umani, Strasburgo.
© Consiglio d'Europa

Corte di Strasburgo: condanna dell’Italia per il mancato risarcimento ai contagiati da trasfusioni di sangue infetto

In data 14 gennaio 2016, la Corte europea dei diritti umani (CtEDU) ha pronunciato una sentenza che condanna l’Italia per la violazione di molteplici disposizioni della Convenzione europea dei diritti umani (CEDU) in relazione al mancato versamento dei risarcimenti a favore di contagiati da trasfusioni di sangue infetto (D.A. e altri c. Italia).

Molti cittadini italiani, a seguito della contrazione di infezioni quali Aids, Epatite B, e Epatite C avvenute tramite la trasfusione di sangue infetto, erano ricorsi alla giurisdizione nazionale per ottenere il risarcimento dei danni. Constatato l’alto numero di ricorsi presentati, nel 2007, lo stato italiano, per intervenire sul deflazionamento del contenzioso, disponeva, con una legge ad hoc, di poter provvedere alle azioni risarcitorie pendenti con specifici pagamenti in via transattiva.

Essendo trascorsi numerosi anni dalla presentazione dei ricorsi, i ricorrenti si rivolgevano alla CtEDU lamentando la violazione del diritto alla vita, previsto all’art. 2 CEDU, dal punto di vista procedurale. I ricorrenti lamentavano inoltre la violazione dell’art 6.1 CEDU, il quale tutela il diritto ad un processo equo, dell’art. 13 CEDU, il quale prevede il diritto ad ottenere un rimedio effettivo, e dell’art. 1 Protocollo I. I ricorrenti, in particolare, lamentavano la lentezza dei procedimenti per ottenere i risarcimenti, sostenendo altresì che non vi fosse un rimedio effettivo utile alla risoluzione delle loro doglianze.

Per ciò che concerne il merito dei ricorsi in relazione alla presunta violazione dell’art. 2 CEDU (diritto alla vita), in forza delle doglianze presentate dai ricorrenti concernenti l’eccessiva durata dei procedimenti giurisdizionali, la Corte di Strasburgo ha affermato che le procedure civili attivate per l’ottenimento del risarcimento abbiano avuto durate irragionevoli e che le autorità italiane hanno dunque mancato nell’offrire una risposta rapida ed adeguata, conformemente alle obbligazioni procedurali di tale disposizione. Pertanto, la Corte conclude che vi è stata una violazione dell’art. 2 CEDU sotto il profilo procedurale.

La Corte europea dei diritti umani condanna quindi l’Italia al versamento, entro 3 mesi dal momento in cui la sentenza diverrà definitiva secondo l’art. 44 della Convenzione, dei risarcimenti dovuti ai ricorrenti, oltre al risarcimento dei danni morali e delle spese legali.