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5/4/2004 (Archivio storico)

Pena di morte alla Corte internazionale di giustizia: il caso Avena


- Il 31 marzo 2004 la Corte internazionale di giustizia, principale organo giurisdizionale delle Nazioni Unite, ha emesso la sua sentenza nel caso Avena e altri cittadini messicani (Messico c. Stati Uniti) : gli Stati Uniti, non concedendo il diritto all'assistenza consolare a 52 imputati messicani condannati a morte a seguito di procedimenti penali, hanno violato al Convenzione di Vienna sulle relazioni consolari, e pertanto dovranno assicurare adeguata riparazione all'illecito, ossia dovranno sottoporre a revisione, secondo le modalità che essi vorranno, le sentenze di condanna a morte.
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- Il Messico, nel suo ricorso del 9 gennaio 2003, lamentava la violazione da parte degli Stati Uniti degli artt.5 e 36 della Convenzione di Vienna sulle relazioni consolari del 24 aprile 1963, con riguardo al trattamento di cittadini messicani condannati a morte nel corso di procedimenti penali negli Stati Uniti. Il ricorso concerneva 52 casi di condannati a morte di nazionalità messicana.
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- Tali cittadini non avevano infatti avuto nel corso del procedimento penale a loro carico l'opportunità di godere dei diritti contenuti nell'art.36 che stabilisce in particolare che "i funzionari consolari hanno il diritto di recarsi dal cittadino, che sia incarcerato, in stato di detenzione preventiva o d'ogni altra forma di detenzione, d'intrattenersi e corrispondere con lui e di provvedere alla sua rappresentanza in giudizio."
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- Lo stesso 9 gennaio 2003 il Messico chiedeva alla Corte di adottare misure cautelari che in particolare assicurassero che in attesa della pronuncia della Corte nessuna sentenza di morte a carico dei cittadini messicani fosse eseguita. Il 5 febbraio dello stesso anno, la Corte effettivamente accordava tali misure stabilendo in particolare che "gli Stati Uniti prendano tutte le misure necessarie per fare in modo che i condannati non siano eseguiti"
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- Il caso di specie ha i medesimi caratteri del celebre caso La Grand (Germania c. Stati Uniti), che la Corte ha deciso nel giugno 2001 e che riguardava due cittadini tedeschi condannati a morte negli Stati Uniti. A differenza della presente controversia, le sentenze di morte erano state eseguite prima che la Corte emanasse la sentenza.
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- Nella sentenza del 31 marzo 2004 nel caso Avena, pronuncia che -lo ricordiamo - obbliga le parti e non ammette appello, la Corte ha stabilito che:
- a) gli Stati Uniti, non informando gli imputati di nazionalità messicana dei loro diritti ai sensi dell'art.36 della Convenzione di Vienna, hanno violato gli obblighi contenuti in tale articolo;
- b) gli Stati Uniti, non notificando alla rappresentanza consolare messicana della condizione di 49 suoi connazionali, ha ha privato il Messico del suo diritto a rendere l'assistenza prevista dalla Convenzione e ha dunque una volta ancora violato gli obblighi assunti in tale accordo;
- c) gli Stati Uniti hanno privato il Messico anche del diritto a visitare in carcere i suoi connazionali e di comunicare con essi e di provvedere alla loro rappresentanza in giudizio, diritti previsti dall'art.36 della Convenzione;
- d) l'adeguata riparazione a seguito dell'illecito compiuto dagli Stati Uniti consiste nell'obbligo per questo Stati di rivedere e riconsiderare le condanne e le sentenze dei 52 messicani, tenendo in considerazione le violazioni ai diritti sopra rilevate.
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- La Corte ha preso nota dell'impegno degli Stati Uniti ad assicurare piena attuazione con misure specifiche agli obbighi previsti dalla Convenzione di Vienna sulle relazioni consolari e ritiene che tale impegno incontra le richieste del Messico di garanzie di non-ripetizione del fatto.
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- In conclusione, la Corte ha evidenziato, nella motivazione alla sentenza, che nel caso di specie essa ha considerato questioni di principio relative all'applicazione in generale della Convenzione di Vienna. Ha osservato pertanto che, sebbene il caso riguardasse la condizione di 52 condannati di nazionalità messicana, ciò non significa che le conclusioni della Corte non si applichino a identici casi riguardanti stranieri che negli Stati Uniti si trovino in medesime condizioni.
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- Si tratta di una sentenza importante in quanto la tutela del diritto all'assistenza consolare significa fornire agli imputati adeguata rappresentanza in giudizio, ovvero migliori avvocati, che sono il modo migliore per evitare una sentenza di morte.
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- In rete è possibile consultare le reazioni del governo messicano, delle organizzazioni non governative come Human Rights Watch e Amnesty international. In particolare Amnesty international ha invitato gli Stati Uniti ha eseguire quanto stabilito nella sentenza in particolare con riferimento a uno dei casi considerati dalla Corte, il caso di Osvaldo Torres, la cui esecuzione è stata fissata per il 18 maggio. Amnesty informa inoltre che non solo nel caso di Torres vi è stata la violazione dell'art.36 della Convenzione di Vienna ma tutto l'impianto accusatorio è tutt'altro che convincente.
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Aggiornato il

16/7/2009