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3/11/2005 (Archivio storico)

Rapporto delle Nazioni Unite sull'assassinio di Hariri e ris. 1636(2005) del Consiglio di sicurezza


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Lo scorso 21 ottobre è stato reso pubblico il rapporto della Commissione investigativa indipendente sull’assassinio dell’ ex Primo Ministro libanese Rafik Hariri, perito insieme ad altre 20 persone in un attentato lo scorso 14 febbraio. La Commissione guidata dal tedesco Detlev Mehlis, ha condotto un’indagine assai complessa, sentendo oltre 400 testimoni e consultando circa 60.000 documenti, che le hanno permesso di identificare più di 450 elementi di prova.
- Il rapporto sostiene il diretto coinvolgimento degli agenti segreti della Siria e del Libano nella pianificazione e nell’organizzazione dell’attentato che vide lo scoppio di una autobomba carica di 300 kg di esplosivo.

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La Commissione indipendente di inchiesta ha riscontrato che i servizi segreti militari siriani avevano una presenza pervasiva in Libano, almeno fino al ritiro delle forze siriane dal Paese in seguito alla ris.1559 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite: “Vista l'infiltrazione delle istituzioni e della società libanese dei servizi segreti siriani – afferma il rapporto - è difficile immaginare uno scenario nel quale l’organizzazione di un assassinio così complesso possa avvenire senza il loro coinvolgimento".

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Il Segretario generale delle Nazioni Unite ha quindi trasmesso il rapporto al Consiglio di sicurezza che lo ha esaminato nel corso di una sessione a livello ministeriale il 31 ottobre. Al termine dei lavori è stata adottata, sulla base del Capitolo VII della Carta delle Nazioni Unite, la ris. 1636. Prendendo atto delle conclusioni del rapporto e in particolare del fatto che “mentre le autorità siriane hanno collaborato nella forma ma non nella sostanza con la Commissione, diversi funzionari hanno tentato di sviare la Commissione fornendo informazioni false o generiche”, il Consiglio di sicurezza ha approvato una serie di misure nei confronti degli individui sospettati dalla Commissione o dal Governo libanese di essere coinvolti nell’attentato. La risoluzione impone a tutti gli Stati di impedire a tali persone di poter entrare o transitare nel proprio territorio, di congelare tutte le risorse economiche e finanziarie appartenenti ai sospettati e presenti nel territorio e infine di assicurare che ulteriori risorse non siano rese disponibili a beneficio degli stessi sospettati. Un comitato composto dai rappresentanti degli Stati membri del Consiglio a monitorare sul rispetto di tali misure.

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Un elemento essenziale della deliberazione è costituito dal paragrafo 4 nel quale il Consiglio di sicurezza stabilisce che “il coinvolgimento di qualsiasi Stato in questo atto terroristico costituirebbe una violazione grave degli obblighi di astensione dal sostegno e di prevenzione del terrorismo contenuti nella ris.1373 nonché del rispetto della sovranità e dell’indipendenza politica del Libano.

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Con specifico riferimento agli obblighi in capo alla Siria, il Consiglio ha deciso che tale Paese dovrà arrestare gli individui sospettati e collaborare fattivamente con la Commissione nella soluzione degli aspetti ancora oscuri della vicenda anche rispetto alla possibilità di interrogare funzionari siriani.

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La risoluzione afferma nuovamente l’obbligo in capo alla Siria di non interferire negli affari interni del Libano.

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Entro il 15 dicembre la Commissione dovrà presentare un rapporto al Consiglio di sicurezza sugli sviluppi dell’inchiesta e sul grado di collaborazione delle autorità siriane.

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L’accordo sulla risoluzione, adottata all’unanimità, è stato trovato solo all’ultimo: gli Stati membri promotori della risoluzione (Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti) hanno accettato di modificare i riferimenti a future ed eventuali sanzioni contro Damasco, in considerazione della contrarietà di Cina e Russia.


Aggiornato il

16/7/2009