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3/9/2009

Sentenza della IV sezione della Corte europea dei diritti umani in relazione all'uccisione di Carlo Giuliani

La IV sezione della Corte europea dei diritti umani ha emesso, il 25 agosto 2009, una sentenza di condanna dell’Italia per violazione dell’art. 2 della Convenzione europea dei diritti umani, la norma che tutela il diritto alla vita, in relazione all’uccisione di Carlo Giuliani, nel corso degli scontri che hanno caratterizzato il summit del G8 di Genova, il 20 luglio 2001.

La Corte europea conferma (all’unanimità) che l’uccisione è avvenuta per legittima difesa e nell’ambito di un uso legittimo delle armi, come già ritenuto dal giudice italiano – che infatti non aveva rinviato a giudizio il giovane carabiniere che avrebbe sparato a Carlo Giuliani. La Corte riconosce anche (con cinque voti contro due) che la gestione della sicurezza e dell’ordine pubblico in un evento come il G8 rappresenta un impegno particolarmente gravoso e che lo Stato non ha complessivamente disatteso il suo dovere di proteggere il diritto alla vita di tutti coloro che si trovavano a Genova in quei giorni.

La violazione, sul piano procedurale, dell’articolo 2, riscontrata da 4 giudici su sette, sta tuttavia nel fatto che su eventuali carenze organizzative o veri e propri illeciti che possono aver contribuito a causare la morte di Giuliani non c’è stata in Italia alcuna indagine. In particolare non si è verificato perché il carabiniere, ritenuto psicologicamente e fisicamente inadatto a continuare a prestare servizio in quella giornata, sia stato lasciato, in possesso di una pistola, nella jeep utilizzata nell’operazione in cui ha trovato la morte Carlo Giuliani.
Il giudice italiano, Vladimiro Zagrebelski, sostenuto anche dai giudici polacco e di Andorra, ha allegato alla sentenza una opinione in cui sostiene che la corte non avrebbe dovuto condannare lo Stato italiano. Il giudice inglese Bratza e quello slovacco Sikuta hanno allegato un’opinione in cui sostengono la responsabilità dello stato italiano anche per come ha pianificato e gestito l’ordine pubblico in tale circostanza.

La sentenza è impugnabile entro 90 giorni (tre mesi) davanti alla Grand Chamber. I ricorrenti – i familiari del giovane ucciso – hanno già preannunciato l’intenzione di fare appello.