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14/9/2006 (Archivio storico)

Trentesimo anniversario della Dichiarazione di Algeri


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Il 4 luglio 1976 fu adottata ad Algeri la Dichiarazione universale dei diritti dei popoli, al termine di una conferenza internazionale promossa da numerose organizzazioni non-governative, da movimenti per la liberazione dei popoli ed esponenti significativi del movimento internazionale per la promozione dei diritti dei popoli.

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La Dichiarazione enuncia una serie di diritti già riconosciuti nelle Convenzioni internazionali sui diritti umani, quali il diritto all’autodeterminazione, il diritto dei popoli ad esistere ed il diritto a gestire liberamente le proprie risorse naturali. Tuttavia, la Carta di Algeri – la quale rappresenta un documento dall’alto profilo etico-politico ma che non costituisce propriamente uno strumento di diritto internazionale - proclama principi e diritti nuovi che saranno successivamente integrati nel testo della Carta africana dei diritti dei popoli: il principio dell’eguaglianza di tutti i popoli, il diritto dei popoli alla pace e alla sicurezza – sia a livello nazionale che al livello internazionale - il diritto allo sviluppo ed il diritto ad un ambiente sano.

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Le implicazioni politiche dell’adozione della Carta sul sistema delle relazioni internazionali erano senz’altro presenti nel pensiero e nella linea politica adottata da Lelio Basso, uno dei principali animatori della Conferenza di Algeri, fondatore della Lega internazionale per i diritti e la liberazione dei popoli e tra gli artefici del Tribunale permenente dei popoli; egli infatti osservava, in un celebre scritto, che:

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La Dichiarazione di Algeri, sulla scia di quanto già fatto dal presidente messicano per un nuovo ordine economico internazionale, è la proposta di un nuovo ordine giuridico che metta fuori legge l’arroganza del potere, oggi dominante, e sia funzionale alle esigenze che emergono in questa primavera di popoli. Conosciamo tuttavia l’obiezione: chi ha dato alla conferenza di Algeri l’autorità di fare questa Dichiarazione? Certo, nessuno nell’ambito del diritto tradizionale, anche se alla Conferenza partecipavano ambasciatori che rappresentavano ufficialmente i loro governi, nonché in rappresentanza legittima di popoli, organizzazioni, come l’OLP, già riconosciute dall’ONU. Ma la Conferenza ha parlato in nome di un nuovo ordine da instaurare e che non sarebbe certo instaurato dal potere oggi esistente se la volontà e la forza dei popoli non lo imponesse.

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La Dichiarazione di Algeri si è sforzata di interpretare queste esigenze reali: essa non è il parto di una fantasia utopistica, ma il frutto di uno studio attento - fatto da giuristi di una quindicina di paesi - delle trasformazioni già in corso nel diritto internazionale sotto la pressione appunto dei paesi nuovi e dei bisogni della comunità internazionale. Individuando le tendenze di sviluppo, calando i principi generali già affermati nella realtà di oggi, dando un’organicità e una logica al nuovo che emerge in modo ancora confuso, la Conferenza di Algeri ha certamente reso un grande servigio alla pace mondiale basata sul fondamento sicuro dell’autodeterminazione dei popoli.

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E’ inoltre significativo il fatto che nel trentennale dell’adozione della Carta di Algeri abbia avuto luogo la conclusione del processo ultra-decennale di negoziazione della proposta di Dichiarazione delle Nazioni Unite sui diritti dei popoli autoctoni.

Aggiornato il

16/7/2009