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Migliaia di rifugiati, prevalentemente dal Bangladesh, Nigeria, Mali e Ciad, attendono la distribuzione di cibo nella città di confine di Sallum, in Egitto, dopo la fuga dalla Libia.
© UN Photo/David Ohana

Il sistema di accoglienza in Italia

Autore: Sofia Omar Osman, MA in Istituzioni e politiche dei diritti umani e della pace, Università di Padova / Collaboratrice del Centro diritti umani

La fase della prima accoglienza: i centri governativi

Il sistema di prima accoglienza in Italia è costituito da quattro diverse tipologie di centri governativi, istituiti su tutto il territorio nazionale. Questo sistema è stato creato attraverso una serie di disposizioni che sono andate progressivamente ad integrarsi l'una con l'altra. La prima accoglienza per migranti e richiedenti asilo dovrebbe caratterizzarsi come una misura di sostegno dei beneficiari nella "fase dell'emergenza", nell'ottica di una loro successiva integrazione nel tessuto sociale del paese ospitante.

I centri si suddividono in quattro diverse tipologie:

  • Centri di primo soccorso e accoglienza (CPSA)
  • Centri di accoglienza (CDA)
  • Centri di accoglienza per richiedenti asilo (CARA)
  • Centri di identificazione ed espulsione (CIE)

I richiedenti asilo possono essere assistiti o trattenuti all'interno di tutte e quattro le tipologie di struttura. Tuttavia gli unici centri che possano essere considerati come parte del sistema di accoglienza per i richiedenti protezione internazionale sono i CARA. Non mancano tuttavia elementi di criticità.

Un primo elemento che desta preoccupazione riguarda i tempi di accoglienza. La legge prevede che il richiedente debba essere ospitato nel centro per il tempo strettamente necessario e, in ogni caso, per un periodo che non può superare i 35 giorni, corrispondente al tempo previsto dalla legge per il riconoscimento dello status. In realtà i tempi effettivi di soggiorno appaiono essere decisamente più lunghi. La permanenza nei centri in molti casi raggiunge la durata di un anno, con una media stimata di circa 4 mesi. Tali ritardi sono da imputare da un lato al fatto che la procedura per il riconoscimento dello status di protezione internazionale ha tempistiche più lunghe rispetto a quelle dettate dalla norma e, dall'altro, alla difficoltà di inserimento dei richiedenti asilo nelle strutture di seconda accoglienza, a causa della loro scarsa capacità ricettiva. I CARA si sono quindi trasformati da luoghi in cui ospitare i richiedenti asilo esclusivamente per la durata della procedura, in luoghi in cui i rifugiati rimangono anche dopo il riconoscimento dello status.

Un secondo aspetto da rilevare riguarda la scelta degli spazi dedicati a tali strutture. I CARA infatti sono strutture di grandi dimensioni, che nella maggior parte dei casi venivano precedentemente utilizzate per altri scopi (ex edifici industriali, ex aeroporti, ex saline, ex caserme). Si trovano in zone periferiche e isolate dal resto del territorio, circondati da recinzioni, per cui, da un punto di vista strutturale, la funzione di accoglienza sembra essere marginale rispetto a quella di contenimento. Esse, anche per il fatto di essere in molti casi costituite da container o prefabbricati, appaiono inadatte a fornire condizioni di accoglienza dignitose.

In molti casi esiste inoltre una sovrapposizione tra CARA e CDA, nel senso che persone che, in quanto richiedenti asilo, dovrebbero stare nei CARA di fatto si trovano anche nei CDA, la cui funzione però è del tutto distinta, in quanto consiste nel dare accoglienza a migranti in attesa di identificazione o di espulsione.

La seconda fase dell'accoglienza: lo SPRAR

Lo SPRAR, il Sistema di Protezione Richiedenti Asilo e Rifugiati, istituito con legge n. 189 del 30 luglio 2002 (c.d. legge Bossi-Fini), costituisce il circuito dei servizi di seconda accoglienza volti a fornire assistenza ai richiedenti protezione internazionale e ai rifugiati. Esso si caratterizza come un sistema decentrato composto da una rete di enti locali e di organizzazioni del terzo settore che, attraverso la realizzazione di progetti a livello locale, forniscono quella che viene definita l'accoglienza integrata. Gli enti locali svolgono la funzione di enti responsabili dei progetti, mentre le organizzazioni del terzo settore si occupano della loro attuazione. L'accoglienza integrata ha come obiettivo non solo l'implementazione degli interventi materiali di base (vitto e alloggio), ma altresì l'erogazione di servizi volti a favorire l'acquisizione di strumenti per l'autonomia dei beneficiari, nell'ottica di innescare processi di empowerment.

I servizi offerti all'interno della rete SPRAR sono raggruppabili in nove categorie: assistenza sanitaria, assistenza sociale, attività multiculturali, inserimento scolastico dei minori, mediazione linguistica e culturale, orientamento e informazione legale, inserimento abitativo, inserimento lavorativo e servizi per la formazione. Tra le misure di assistenza sociale rientrano anche le attività volte all'apprendimento della lingua e di alfabetizzazione, mentre le attività di mediazione linguistico-culturale toccano i diversi ambiti con i quali i beneficiari devono confrontarsi, tra cui quello abitativo, lavorativo e sociale.

La rete dei progetti territoriali appartenenti alla rete SPRAR presenta diverse tipologie di strutture di accoglienza, per cui i beneficiari possono essere ospitati in appartamenti, centri collettivi e centri collettivi di medie e grandi dimensioni.

I tempi di permanenza variano a seconda della situazione del singolo beneficiario. Nel caso il beneficiario sia entrato nella rete SPRAR da richiedente asilo e gli venga riconosciuta la protezione internazionale, potrà essere accolto per un periodo non superiore a sei mesi che decorre dalla data della notifica del provvedimento. Il periodo di sei mesi vale anche per i beneficiari che entrano nella rete SPRAR essendo già titolari dello status di rifugiato, di protezione sussidiaria o di protezione umanitaria. Qualora invece al richiedente venga negata la protezione e decida di impugnare il provvedimento di diniego, ha diritto a rimanere in accoglienza solo per il periodo durante il quale non gli è consentito di lavorare, o qualora le condizioni fisiche gli impediscano di lavorare (art. 5 comma 7 d.lgs. 140/2005).

L'organismo di gestione operativa dello SPRAR è costituito dal Servizio centrale di informazione, promozione, consulenza, monitoraggio e supporto tecnico, incaricato della razionalizzazione ed ottimizzazione del Sistema di protezione e del coordinamento, a livello nazionale, dei vari servizi di accoglienza territoriale. A questo proposito la legge Bossi-Fini all'art. 32-sexies dispone che il Servizio centrale debba: provvedere a monitorare la presenza sul territorio di richiedenti asilo e rifugiati; creare una banca dati degli interventi e favorire la diffusione delle informazioni su tali interventi; fornire assistenza tecnica agli enti locali e promuovere e attuare i programmi di rimpatrio attraverso l'Organizzazione internazionale per le migrazioni – IOM, d'intesa con il Ministero degli Affari Esteri. Per l'attuazione di queste attività l'art. 32 septies prevede l'istituzione, presso il Ministero dell'Interno, del Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell'asilo, finanziato dallo Stato italiano, dalle assegnazioni provenienti dal Fondo europeo per i rifugiati, nonché da eventuali contributi e donazioni disposte da privati, enti o organizzazioni, anche internazionali, e da altri organismi dell'Unione europea.

Risorse

Aggiornato il

6/7/2012