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Scultura realizzata con armi di piccolo calibro in laboratori di formazione per fabbri apprendisti e in ambito artistico, dal quale è scaturita l’esposizione ‘To Be Deter-mined / At Arms Length’ realizzata nell’ambito di un progetto promosso dal Governo della Cambogia in collaborazione con l’Unione Europea (1998).

La spesa in armamenti nel mondo (2009)

Autore: Centro diritti umani

L’impiego di personale militare in operazioni di peace-keeping sotto l’egida delle Nazioni Unite o in missioni fuori area condotte unilateralmente o nel quadro di organizzazioni regionali come la NATO, ha indotto i governi degli stati a confrontarsi con l’esigenza di una modernizzazione delle forze armate.

In particolare, la ristrutturazione degli eserciti riguarda sia l’innovazione tecnologica militare volta al miglioramento delle capacità operative sia il settore del personale. Molti stati, compresa l’Italia, hanno abbandonato il servizio militare obbligatorio per passare a un esercito di professionisti volontari. Inoltre, si assiste, soprattutto negli Stati Uniti, al fenomeno della c.d. privatizzazione dell’esercito. I ministeri della difesa affidano a compagnie private (private military firms) funzioni prima svolte dal personale dell’esercito: addestramento di truppe, intelligence, consulenza militare, servizi logistici (lavanderia e pasti).

L’evoluzione della nozione di sicurezza e la trasformazione nell’organizzazione delle forze armate condizionano certamente l’ammontare della spesa militare. La spesa pubblica per gli apparati di ‘difesa’ alimenta e rafforza il complesso militare-industriale, che raggiunge annualmente nuove vette nei profitti.

Secondo l’ultimo annuario del SIPRI (Istituto internazionale di Stoccolma per la ricerca sulla pace), pubblicato nel giugno del 2010, la spesa militare nel mondo è stata, nel corso del 2009, di 1531 miliardi di dollari (circa 1220 miliardi di euro) che corrispondono a 224 dollari per ogni abitante del globo. I nuovi dati dimostrano un aumento del 6% in termini reali in relazione al 2008 e del 49% dal 2000.

Si tratta di una cifra imponente, di poco inferiore al picco di spese militari del periodo della guerra fredda nel biennio 1987-88. Il tasso di crescita delle spese militari in termini reali è stato del 2, 4 % nell’ultimo decennio (1995-2004). Un lettura più attenta dei dati ci permette tuttavia di evidenziare due momenti distinti: sino al 1998 si è assistito a un calo della spesa, mentre a partire da quella data si è verificata una ripresa, che ha avuto una straordinaria accelerazione nel triennio 2002-04. Il tasso di crescita per quest’ultimo periodo è addirittura del 6 % annuo in termini reali. L’annuario segnala che la recessione economica e finanziaria globale ha avuto un impatto minimo sulla spesa militare nel mondo.

È il comportamento degli Stati Uniti a condizionare l’andamento generale della spesa militare. In effetti, le spese degli Stati Uniti sono il 43% della cifra complessiva: 661 miliardi di dollari. Esse hanno subito negli ultimi anni un’impennata per effetto della guerra al terrorismo e soprattutto delle operazioni militari in Afghanistan e in Iraq. In particolare la spesa militare degli Stati Uniti continua a crescere anche sotto l’Amministrazione Obama, soprattutto a causa della recente escalation del conflitto in Afghanistan. Vale la pena ancora sottolineare che complessivamente gli investimenti di USA, Cina, Regno Unito, Francia, e Russia rappresentano circa il 62% del totale mondiale.

Occorre precisare che i dati raccolti dal SIPRI si riferiscono alle spese militari ufficiali, comunicate dai governi di 159 Paesi. Due ragioni essenziali inducono tuttavia a ritenere che in realtà la spesa complessiva sia di gran lunga maggiore di quella riportata nell’annuario. Per prima cosa, alcuni stati tendono a sottostimare la loro spesa, in particolare se essi sono coinvolti in conflitti armati. Inoltre, le statistiche riportano unicamente le cifre relative ai governi ma nulla riferiscono riguardo ai costi sostenuti delle forze armate nongovernative coinvolte in una guerra civile.

Particolarmente interessante è l’analisi condotta a livello regionale. La regione nella quale la spesa militare è cresciuta maggiormente in termini reali nel 2009 è costituita da America centrale e Caraibi (9,7%) Consistente è pure l’aumento in Africa  (6,4 %) e in Asia e Oceania (8,9%). La sub-regione che ha visto nel 2009 l’aumento maggior in termini reali è stata l’Asia meridionale (10,9 %)

Per quanto concerne i grandi Paesi asiatici, l’annuario riporta un incremento della spesa della Cina del 15% (stimata complessivamente in 100 miliardi di dollari), rispetto all’11% medio annuale degli ultimi dieci anni, mentre la spesa totale russa è stata nel 2009 di 53 miliardi di dollari, con un aumento del 4,7% rispetto al 2008.

Nella classifica dei 10 Paesi con maggiori spese militari nel 2009, troviamo al secondo posto - dopo gli Stati Uniti - la Cina con una spesa militare che rappresenta quasi un sesto di quella americana: stimata, come si è visto, attorno ai 100 miliardi di dollari. Poi la Francia (63,9 miliardi di dollari), Il Regno Unito (58,3 miliardi), la Russia (53,3 miliardi), il Giappone (51,0 miliardi) e la Germania (45,6 miliardi). L’Italia, con 35,8 miliardi di dollari, si piazza al decimo posto, preceduta da Arabia Saudita (ottava 41,3 miliardi di dollari) e dall’India (36,3 miliardi di dollari).

In conclusione, al di là della sensazione creata dall’ammontare complessivo della spesa militare, ci si chiede che cosa è possibile estrapolare da queste cifre. L’impressione è che il concetto di ‘spesa militare’, così come definito nell’annuario SIPRI, sia di limitata utilità nel comprendere l’attività dei governi nelle politiche di sicurezza: il superamento della distinzione tra sicurezza interna e internazionale, impone di considerare, ad esempio, anche le spese sostenute per le forze dell’ordine e per gli apparati di intelligence.

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Aggiornato il

18/10/2010