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Bambini che corrono in un parco giochi
© UNESCO/Justin Mott

L’ascolto del minore secondo la normativa italiana

Autore: Martina Lucia Lanza, MA in Istituzioni e politiche dei diritti umani e della pace, Università di Padova / Collaboratrice del Centro diritti umani

Il diritto alla partecipazione del minore alle procedure giudiziarie che lo riguardano si si attua attraverso l’istituto dell’ascolto. Si tratta di un istituto non univocamente delineato nella normativa italiana, il quale assume caratteristiche diverse a seconda del procedimento giudiziario e del ruolo del minore e che viene man mano interpretato dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale e della Suprema Corte.
L’ascolto del minore ha assunto un peso via via crescente nella normativa italiana a partire dal recepimento nel sistema normativo italiano delle norme internazionali ed europee in materia.
Infatti, forte impulso è da attribuire alla ratifica della Convenzione ONU sui diritti del bambino con la Legge di ratifica n. 176 del 1991, ma anche alla L. n. 77 del 2003, che ha ratificato la Convenzione di Strasburgo sull’esercizio dei diritti dei minori. Inoltre, rivestono particolare importanza le fonti giuridiche vincolanti UE come la Carta dei diritti fondamentali (CDFUE) e altri atti come Direttive e Regolamenti.
Al fine di ricostruire l’istituto, occorre guardare alle competenze sia del Tribunale Ordinario che del Tribunale per i Minorenni, nonchè alla materia civile ed anche a quella penale.

L’ascolto del minore in ambito civile

L’ascolto del minore, nell’ambito delle procedure civili, è previsto dall’articolo 315 bis terzo comma del Codice civile, il quale stabilisce diritti e doveri dei figli. L’articolo prevede l’obbligo dell’ascolto del minore che abbia compiuto gli anni 12, o di età inferiore, in base alla capacità di discernimento in tutte le questioni e procedure che lo riguardano.
Prima dell’introduzione dell’articolo 315 bis, il codice civile contemplava già l’ascolto del minore in diversi articoli, tra cui: art. 145 disaccordo dei coniugi, art. 250 riconoscimento del figlio e art. 371.1 decisioni del giudice tutelare.
Un’elencazione sintetica delle procedure civili per le quali è previsto l’ascolto del minore ricomprende:

- Procedure davanti al Tribunale Ordinario: separazione e divorzio (L. n. 898 del 1970, L. n. 54 del 2006) e giudizi ex art. 316 c.c. (controversie sulle responsabilità genitoriali dei genitori non coniugati). In tali procedimenti, i minori sono portatori di interessi contrapposti o diversi da quelli dei genitori ed è quindi necessario procedere con l’ascolto, pur non essendo il minore parte processuale ma bensì il soggetto al centro del giudizio. L’ascolto è quindi finalizzato a garantire il diritto di esprimere bisogni e desideri e il diritto di essere informato dal giudice sui termini della controversia. Per tali procedure, l’ascolto non può essere finalizzato ad acquisire elementi istruttori, e quindi il minore non può essere considerato come testimone.

- Procedure davanti il Tribunale per i Minorenni: responsabilità genitoriale (ex de potestate artt. 330-333 c.c.), dichiarazione dello stato di adottabilità e procedure di adozione nazionale (l. 183 del 1984). In tali frangenti, l’ascolto del minore è un concetto particolarmente ampio, in quanto destinato alla valutazione della situazione evolutiva dello stesso, al fine di una decisione conforme all’interesse preminente del bambino o ragazzo.
Per quanto riguarda le procedure sulla responsabilità genitoriale, l’articolo 336 bis c.c. prevede che il minore che ha compiuto gli anni dodici e anche di età inferiore, ove capace di discernimento, sia ascoltato dal presidente del tribunale o dal giudice delegato. Se l'ascolto è in contrasto con l'interesse del minore, o manifestamente superfluo, il giudice può non procede.
L’articolo 336 bis c.c. prosegue dando una serie d’indicazioni sulle modalità di realizzazione dell’ascolto: deve essere condotto dal giudice, anche avvalendosi di esperti o di altri ausiliari; genitori, difensori delle parti, curatore speciale del minore ed il pubblico ministero sono ammessi a partecipare all'ascolto se autorizzati; prima di procedere all'ascolto il giudice informa il minore della natura del procedimento e degli effetti dell'ascolto; viene redatto processo verbale nel quale è descritto il contegno del minore, ovvero è effettuata registrazione audio video.
Inoltre, secondo la legge n. 184 del 1983, il minore deve essere sentito nei seguenti casi: affidamento familiare consensuale ed eventuale proroga giudiziale, dichiarazione di adottabilità, affidamento preadottivo, decisione di adozione. In quest’ultimo caso il minore quattordicenne deve dare il proprio consenso all’adozione.

L’ascolto del minore in ambito penale del Tribunale Ordinario

Il minore può assumere il ruolo di testimone nel corso di un procedimento penale, indipendentemente dall’essere al contempo vittima o meno. Infatti, la minore età non viene considerata causa d’incapacità di testimoniare, nè è prevista un’incompatibilità tra la condizione di vittima e la possibilità di prestare testimonianza.
Nonostante la sede naturale per l’acquisizione di dichiarazioni testimoniali sia la fase dibattimentale del procedimento penale, l’audizione del testimone minorenne può avvenire ricorrendo all’incidente probatorio. Tale strumento permette l’assunzione della testimonianza della persona in fase di indagini preliminari per i casi in cui vi siano fondati motivi di ritenere che non possa avvenire nella fase giudiziaria successiva perchè, tra le altre cose, la persona può essere sottoposta a minacce, violenze oppure per ragioni di urgenza o grave impedimento. Nel caso dei minori, questo strumento può evitare una vittimizzazione secondaria, esito di ripetute audizioni che possono riattivare il trauma, si pensi per esempio ai casi di violenza intrafamiliare.
Il ricorso allo strumento dell’incidente probatorio è previsto anche per particolari tipologie di reato come i maltrattamento in famiglia (art. 571 c.p.), la violenza sessuale (artt. 609 bis, ter, quater, quinquies e octies c.p.) e la prostituzione minorile (art. 600 bis c.p.).
Inoltre, sono previste particolari garanzie procedurali finalizzate ad assicurare al testimone minorenne maggiore tutela della dignità, del pudore e della personalità, assicurando al contempo la genuinità della prova apportata (art. 398 comma 5 bis c.p.p.). Secondo l’articolo, l’udienza può svolgersi anche in luogo diverso dal tribunale, come ad esempio strutture specializzate di assistenza o anche presso l’abitazione della persona interessata. Le dichiarazioni testimoniali devono essere documentate con mezzi di riproduzione fonografica o audiovisiva.
Per quanto attiene alle modalità di espletamento dell’ascolto, alcune indicazioni -ricavabili da protocolli d’intesa istituzionali o Linee guida di categoria- ritengono che l’intervista deve prevedere una prima fase in cui il minore può raccontare liberamente il proprio vissuto, seguita da una fase di racconto guidato attraverso la proposizione di domande prima generiche e poi sempre più specifiche, ma mai suggestive per evitare un atteggiamento di compiacenza verso l’intervistatore (si vedano per esempio Le linee guida per l’esame dei minori vittima di abusi sessuali, cd. “Carta di Noto”).

L’ascolto del minore in conflitto con la legge davanti al Tribunale per i Minorenni

Il trattamento del minore autore di reato è diverso rispetto a quello degli adulti, a partire dal presupposto di dover tutelare l’integrità psico-fisica del minore ma al contempo accertare i fatti e le responsabilità personali.
Il legislatore italiano ha introdotto delle regole speciali per il processo penale minorile (D.P.R. 448 del 1988) ed anche dei correttivi alla procedura penale. Il processo penale minorile mira al pieno rientro nella società, attraverso interventi rieducativi mirati e misure sanzionatorie specifiche che guardano alla pena detentiva come ultima risorsa.
L’audizione dell’imputato minorenne, nel corso dell’udienza preliminare, prevede, oltre alla rappresentazione della sua prospettiva rispetto all’imputazione, anche informazioni sulla sua personalità e sul contesto individuale, familiare ed ambientale (esame dell’imputato). Questo dovrebbe consentire al giudice di valutare la maturità dell’imputato, verificando se abbia intrapreso un percorso di critica rispetto alla propria condotta e se possa essere considerata l’ipotesi della messa alla prova.
Anche in fase di dibattimento vi può essere l’esame del minore. Questo sarà condotto dal presidente del collegio sulla base di domande e contestazioni del Pubblico Ministero e del difensore, con l’eventuale ausilio o presenza di un familiare o di un esperto in età evolutiva. Le dichiarazioni rese verranno considerate sia ai fini dell’imputabilità che per l’accoglimento di una richiesta di messa alla prova.

Aggiornato il

1/3/2015