A A+ A++

Palazzo dei Senatori in Piazza del Campidoglio
© Wikibob/Wikibob

L'Italia e la Corte penale internazionale

Oltre ad aver ospitato la Conferenza diplomatica che ha istutuito la Corte penale internazionale nel luglio del 1998, l’Italia è stato uno dei primi Paesi a ratificare lo Statuto di Roma (l. 12 luglio 1999, n. 232).

A tredici anni dalla ratifica, lo scorso 20 dicembre 2012 il Parlamento italiano ha approvato la legge n. 237 relativa alle norme di adeguamento dell'ordinamento italiano alle disposizioni dello strumento istitutivo della Corte penale internazionale.

Il testo di legge adottato, tralasciando la parte relativa al diritto penale sostanziale, si limita a considerare gli aspetti procedurali relativi al rapporto tra la giurisdizione italiana e quella della Corte. Esso si occupa infatti di normare solamente la cooperazione giudiziaria e l'esecuzione interna dei provvedimenti del tribunale internazionale, nonché di introdurre nel codice penale italiano i reati contro l’amministrazione della Corte penale internazionale così come previsto dall’art. 70 dello Statuto di Roma.

Nello specifico, dando seguito a quanto espressamente previsto dallo Statuto di Roma all’art. 88, il testo di legge predispone una serie di procedure atte a realizzare tutte le forme di cooperazione e assistenza giudiziarie indicate nel capitolo IX dello Statuto: lo svolgimento di attività istruttorie in Italia; la consegna alla Corte di individui destinatari di mandato di arresto ovvero condannati in via definitiva; l’esecuzione in Italia di provvedimenti della Corte; le richieste alla Corte presentate dalla autorità giudiziarie italiane.
Per tutto ciò che da esso non è espressamente previsto, il provvedimento rinvia invece alle disposizioni del libro XI del codice di procedura penale italiano, titoli II (estradizione), III (rogatorie internazionali) e IV (effetti delle sentenze penali straniere).

Per quanto concerne gli attori della cooperazione, la legge affida in via esclusiva al Ministro della Giustizia, competente a ricevere le istanze di cooperazione, la gestione dei rapporti di cooperazione tra Italia e CPI. Spetta invece al Procuratore generale presso la Corte di appello di Roma, attraverso un’apposita richiesta alla Corte di appello, dare applicazione alle istanze di cooperazione della CPI relativamente alla consegna di una persona verso la quale è pendente emesso un mandato di arresto.

Inoltre, ai sensi della legge 16 giugno 2016, n. 115, la negazione della Shoah o dei crimini di genocidio, dei crimini contro l'umanità e dei crimini di guerra, come definiti dagli articoli 6, 7 e 8 dello statuto della Corte penale internazionale, è circostanza aggravante dei delitti di propaganda razzista e di istigazione o incitamento alla commissione di atti razzisti, puniti dalla l. 13 ottobre 1975, n. 654.