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Poster con disegno e testo dell'art. 19 della Dichiarazione universale dei diritti umani.
© UN Photo

Articolo 19 - Né bavagli né molestie

Autore: Antonio Papisca

Articolo 19

Ogni individuo ha diritto alla libertà di opinione e di espressione,  incluso il diritto di non essere molestato per la propria opinione e quello di cercare, riceve e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere

 

Il precedente articolo 18 proclama il diritto alla libertà di pensiero quale diritto per così dire propedeutico alla possibilità di formarsi un’opinione disponendo delle necessarie informazioni. L’articolo 18 proclama che il diritto è anche ad esprimere e diffondere pubblicamente le proprie idee e opinioni. Come dire: niente bavagli! Il corrispondente obbligo è: non molestare.

Nel Patto internazionale sui diritti civili e politici, l’articolo omologo porta lo stesso numero 19,  è però più specifico per quanto attiene all’articolazione operativa del diritto: “1. Ogni individuo ha diritto a non essere molestato per le proprie opinioni. 2. Ogni individuo ha diritto alla libertà di espressione: tale diritto comprende la libertà di cercare, riceve e diffondere informazioni e idee di ogni genere, senza riguardo a frontiere, oralmente, per iscritto, attraverso la stampa, in forma artistica o attraverso qualsiasi altro mezzo di sua scelta”.

“Idee di ogni genere”, con diritto alla libertà di esprimerle in tante forme: in un libro, in una trasmissione televisiva, durante una lezione a scuola, in una composizione musicale, in una commedia teatrale. L’”Inno alla gioia” contenuto nella Nona sinfonia di Beethoven esprime idee di fraternità e di pace ed è assunto a simbolo di unità sia dal Consiglio d’Europa sia dall’Unione Europea. Idee e opinioni si esprimono anche in forma umoristica. Ci sono idee e opinioni che arricchiscono il patrimonio culturale, la loro comunicazione fa star bene. Altre idee sono come proiettili. Ci sono idee e informazioni che vengono diffuse allo scopo di coltivare ‘omologazione’, cioè appiattimento di menti e inquinamento di coscienze. Taluni grandi mass media, non propriamente indipendenti, comunicano idee e diffondono informazioni di forte impatto sull’opinione pubblica. I dittatori sono ottimi comunicatori di idee. I capi dei fondamentalismi sono anche essi ottimi comunicatori. La concentrazione dei mezzi di comunicazione in capo ad uno stesso proprietario può preludere a forme, più o meno striscianti, di autoritarismo.

Nel 1980, la Conferenza generale dell’Unesco varò un importante documento per la costruzione di un Nuovo Ordine Internazionale dell’Informazione e della Comunicazione (partendo dal famoso Rapporto McBride) nell’intento di rompere il nefasto oligarchismo delle multinazionali dell’informazione. Fu questa una delle ragioni che indussero l’Amministrazione degli Stati Uniti, seguita dal Governo inglese, a uscire dall’Unesco (vi sono rientrati dopo un decennio di assenza).

Idee e informazioni, sempre e comunque, in libera uscita? Il vigente Diritto internazionale dei diritti umani pone esso stesso dei paletti. Il terzo comma dell’articolo 19 del Patto internazionale sui diritti civili e politici stabilisce che “l’esercizio della libertà previste al paragrafo 2 comporta doveri e responsabilità speciali. Esso può essere pertanto sottoposto a talune restrizioni che però devono essere espressamente stabilite dalla legge ed essere necessarie: a) al rispetto del diritto o della reputazione altrui; b) alla salvaguardia della sicurezza nazionale, dell’ordine pubblico, della sanità o della morale pubblica”.

Le legislazioni interne agli stati disciplinano minuziosamente la materia. Ci sono anche codici deontologici per i professionisti dell’informazione.
Si pensi in particolare ai danni che la diffusione di certe idee e di certe informazioni può provocare nella mente dei bambini. Al riguardo, l’articolo 17 della Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia dispone perentoriamente:
“Gli Stati Parti riconoscono l’importanza della funzione esercitata dai mass-media e vigilano affinché il fanciullo possa accedere ad una informazione ed a materiali provenienti da fonti nazionali ed internazionali varie, soprattutto se finalizzati a promuovere il suo benessere sociale, spirituale e morale nonché la sua salute fisica e mentale. A tal fine, gli Stati Parti:
a) incoraggiano i mass-media a divulgare informazioni e materiali che hanno una utilità sociale e culturale per il fanciullo e corrispondono allo spirito dell’art. 29;
b) incoraggiano la cooperazione internazionale in vista di produrre, di scambiare e di divulgare informazioni e materiali di questo tipo provenienti da varie fonti culturali, nazionali ed internazionali;
c) incoraggiano la produzione e la diffusione di libri per l’infanzia;
d) incoraggiano i mass-media a tenere conto in particolar modo delle esigenze linguistiche dei fanciulli autoctoni o appartenenti ad un gruppo minoritario;
e) favoriscono l’elaborazione di princìpi direttivi appropriati destinati a proteggere il fanciullo dalle informazioni e dai materiali che nuocciono al suo benessere in considerazione delle disposizioni degli articoli 13 e 18”.

Ancora, non è soltanto questione di cattivo gusto o di malintesa laicità la diffusione di idee, siano esse ‘serie’ o ‘umoristiche’, che offendono il sentimento religioso delle persone. C’è anche la violazione del diritto fondamentale alla libertà di credere e professare una religione o un credo. Bisogna sempre ricordarsi che ridicolizzando o mettendo alla berlina Gesù Cristo, la Madonna o Maometto o Budda, si viola la dignità umana, cioè si intacca il fondamento stesso di tutta la costruzione del Diritto universale dei diritti umani. Certamente, la sanzione alla violazione di questo valore non sarà la condanna a morte o la lapidazione o il rogo. La sanzione dovrà consistere primariamente nella riprovazione morale della comunità. Parimenti, non è dato ai credenti offendere la libertà-dignità dei non credenti o di chi professa l’ateismo.

A conclusione di questa sintetica riflessione, è spontaneo richiamare ancora una volta la Dichiarazione delle Nazioni Unite (1998) “sul diritto e la responsabilità degli individui, dei gruppi e degli organi della società di promuovere e proteggere i diritti umani e le libertà fondamentali internazionalmente riconosciuti”. Cito alcuni articoli di questa Magna Charta dei difensori dei diritti umani che hanno più diretta attinenza al contenuto dell’articolo 19 della Dichiarazione universale.
Articolo 6: “Tutti hanno il diritto, individualmente e in associazione con altri: a) di conoscere, ricercare, ottenere, ricevere e detenere informazioni riguardo a tutti i diritti umani e le libertà fondamentali, incluso l’accesso alle informazioni sul modo in cui si dia effetto a tali diritti e libertà nei sistemi legislativi, giuridici o amministrativi interni; b) in conformità con quanto previsto  negli strumenti internazionali sui diritti umani, di pubblicare liberamente, comunicare o distribuire ad altri opinioni, informazioni e conoscenze su titti i diritti umani e le libertà fondamentali; c) di studiare, discutere, formulare ed esprimere opinioni sull’osservanza, sia nella legge che nella pratica, di tutti i diritti umani e, attraverso questi ed altri mezzi appropriati, di attirare la pubblica attenzione su questa materia”.
Articolo 7: “Tutti hanno diritto, individualmente ed in associazione con altri, di sviluppare e discutere nuove idee e principi sui diritti umani e di promuovere la loro accettazione”.

Avevamo sottolineato prima che ci sono idee cattive (sì, cattive), micidiali per la mente e la coscienza, illegali per espressa disposizione del Diritto internazionale dei diritti umani. Quelle cui si riferisce la Magna Charta dei difensori dei diritti umani sono idee ottime, la cui diffusione è garantita e incentivata dallo stesso Diritto internazionale. Possiamo sperare – anche spes contra spem - che se ne accorgano i gestori delle reti televisive, illuminati dal 60° della Dichiarazione universale?

Aggiornato il

16/7/2009