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Una prima forma di organizzazione culturale internazionale fu ideata ai tempi della seconda guerra mondiale, nel 1942, quando venne fondata la CAME (Conferenza dei Ministri Alleati dell’Educazione).
Ma è con la nascita delle Nazioni Unite che il progetto riprende forza e nel novembre 1945, appena terminata la guerra, ebbe inizio la Conferenza per la costituzione di un’organizzazione educativa e culturale più ampia e mirata della CAME, finalizzata a prevenire altre guerre ed a perseguire una cultura di pace.
37 Paesi, quindi, fondarono la United Nations Educational, Scientific and Cultural Organization, che sostituirà presto diverse altre organizzazioni culturali internazionali come:
Fu proprio all’atto della fondazione, nel novembre 1945, che un biologo inglese, futuro primo Direttore Generale, Julian Sorrell Huxley, spinse per aggiungere una “S” alla prima provvisoria siglia (UNECO), per sottolineare l’importanza della scienza e la sua imprescindibile interconnessione con le discipline umanistiche.
L’evoluzione dell’Organizzazione, e dei suoi cinque settori di intervento, testimonia l’evoluzione stessa della storia e della cultura mondiale. L’UNESCO riflette le problematiche connesse con la guerra fredda, la distensione, la globalizzazione e tutte le dinamiche delle relazioni internazionali ad esse collegate.
Alle origini la priorità assoluta è stata quella di ristabilire nel mondo le condizioni di base per l’istruzione: la lotta all’analfabetismo ha costituito subito un obiettivo fondamentale per l’UNESCO.
Ancora oggi, comunque, la principale strategia e gli obiettivi programmatici puntano nella direzione di soddisfare le condizioni di garanzia del diritto all’istruzione primaria gratuita in ogni Paese del mondo.
L’esperto dei processi educativi dell’UNESCO, Leo R. Fernig, identifica 3 fasi di crescita dell’Organizzazione in campo educativo:
Fin dall’inizio l’UNESCO si pone come riferimento mondiale per la ricerca ed il coordinamento degli studi scientifici. Negli anni Cinquanta viene portato, per la prima volta, all’attenzione mondiale il problema dell’inaridimento e della desertificazione. Sempre in questo periodo si svolge una importante riflessione sulla riconversione della scienza e della tecnologia atomica per fini pacifici.
In seguito l’analisi si sofferma a lungo sul ruolo dell’insegnamento scientifico e tecnologico in relazione allo sviluppo e viene istituita la Division of Science Teaching.
Gli anni Settanta segnano un momento di rottura delle convinzioni su scienza e sviluppo e si inizia a riflettere su ambiente e natura come soggetto controparte delle scelte e delle azioni umane. Ne deriva una visione innovativa di sviluppo sostenibile, termine usato per prima dall’UNESCO, poi ripreso a vari livelli, che introduce la tematica ambientalista nella riflessione delle scelte politiche necessarie per la tutela dell’intero pianeta.
A partire dagli anni Ottanta ha inizio un nuovo capitolo di ricerca e di riflessione ancora in pieno svolgimento: quello riguardante l’ingegneria genetica e la bioetica.
Il settore, anche se con finanziamenti ridotti rispetto ad altri ambiti, ha sempre rappresentato un importante centro di riflessione su tematiche, i diritti umani e l’etica principalmente, che hanno contribuito a dare significato ed ottica interpretativa a tutti gli altri settori dell’Organizzazione. Negli anni si è assistito alla sempre più imponente crescita del problema del Terzo Mondo, che ha radicalmente modificato molte realtà politiche e sociali. In questo contesto l’UNESCO ha sempre con forza sostenuto l’eliminazione del mito della “razza”, fonte di stereotipi e pregiudizi ancora presenti.
Nell’ultimo periodo l’attenzione è centrata sul concetto di sviluppo, sulla promozione dei diritti umani, sulla ricerca e l’educazione alla pace.
Ragionando nell’ambito della ricerca, nella Divisione Diritti Umani e Pace, di grande interesse rimane un Meeting Internazionale di esperti organizzato dall’UNESCO, tenutosi a Parigi nel 1989 e riguardante il concetto di “diritto dei popoli” a cui hanno preso parte il prof. A.Papisca ed il prof. M.Mascia del Centro Diritti Umani dell’Università di Padova. Nel seminario sono stati identificate alcune caratteristiche inerenti ad una descrizione del termine “popolo” ed è stata fatta una riflessione approfondita sulle relazioni fra diritti dei popoli e diritti dell’uomo negli strumenti internazionali universalmente esistenti. Il mandato del gruppo di esperti, infatti, comprendeva “(…)un’analisi delle disposizioni di questi strumenti aventi riferimento alla preservazione, alla salvaguardia e alla valorizzazione delle culture e delle identità culturali”(dalla Risoluzione della XXIIIa Conferenza Generale – 13.3).
La conclusione a cui il gruppo di esperti è giunto riguarda: a) il diritto dei popoli è ormai acquisito nel diritto internazionale; b) alcuni diritti dei popoli sono universalmente accettati; c) è in atto un dibattito sulla precisa definizione dei diritti dei popoli; d) le nozioni in discussione sono di tipo evolutivo, quindi soggette a chiarimenti ed elucidazione nelle sedi competenti; e) viene ribadito lo stretto legame esistente fra diritto dei popoli ed identità culturale e l’UNESCO viene identificata come l’ambito appropriato per la ricerca in tal senso.
Di grande importanza il contributo che il settore ha sempre dato nei confronti dell’interpretazione di particolari problemi etici fra i quali emergono quelli, nuovissimi, riferiti alla biogenetica.
L’attenzione all’arte ed alla sua storia è stata una delle prime caratteristiche dell’UNESCO, che ha pubblicato, anche in proprio, numerose ed importanti opere, come il Catalogue of Colour Reproductions and Paintings, costantemente aggiornato.
Nel 1959, per la prima volta, l’UNESCO aiuta il governo egiziano a non rinunciare al suo patrimonio di opere d’arte, con la Convenzione riguardante la protezione del Patrimonio culturale e naturale mondiale.
A partire da questo momento si manifesta l’esigenza, subito raccolta dall’Organizzazione, di redigere una lista dei luoghi e delle opere da conservare e tutelare come patrimonio mondiale, partendo dall’idea che l’arte sia un “lascito” per tutti noi, del quale la comunità internazionale deve garantire la tutela. In seguito l’idea si amplia fino a comprendere ogni forma d’arte, materiale ed immateriale, orale, sonora e ad immagini in movimento.
Questo è il settore in cui maggiormente sono emerse le contraddizioni ed i conflitti sociali, fin dall’inizio, quando il primo programma d’azione prevedeva un capitolo su “Free Flow of Information and Removal of Barriers” (libero flusso delle informazioni e rimozione delle barriere) che suscitò forti e lunghi dibattiti, protrattisi a lungo, principalmente fra i delegati degli Stati Uniti, che insistevano sulla libertà assoluta dei media ed i delegati dell’area sovietica, che temevano interpretazioni pregiudizialmente ostili. L’UNESCO fatica a conservare il suo ruolo neutrale e pacificatore.
La situazione si complica negli anni Settanta quando, a causa delle innovazioni nel campo delle trasmissioni via satellite, l’UNESCO approva la Dichiarazione sui principi fondamentali concernenti il contributo dei mass media per rafforzare la pace e la comprensione internazionale, per la promozione dei diritti umani e contro il razzismo, l'apartheid e l'incitamento alla guerra (Media Declaration) durante la Conferenza Generale del 1978. I Paesi in via di sviluppo volevano liberarsi dal monopolio dell’informazione detenuto dai Paesi occidentali, e fu presa l’iniziativa di varare la strategia di un Nuovo ordine mondiale dell’informazione e della comunicazione (NOMIC), strettamente connesso con il Nuovo ordine economico Internazionale (NWIEO), auspicato nell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Siamo nel 1974.
Nel 1980 la Commissione Mac Bride presenta un rapporto, conosciuto con il titolo Many Voices, One World, durante la XXIa Conferenza Generale in cui si auspicava una faclitazione al libero accesso alle trasmissioni satellitari sostenendo che la libertà di informazione è un fondamentale diritto umano. L’UNESCO si impegnò a fornire ai Paesi in via di sviluppo aiuto tecnologico e finanziario per superare gli squilibri. In seguito, per protesta, gli Stati Uniti (nel 1984) ed il Regno Unito (nel 1985) presero la decisione di uscire dall’UNESCO. Ne rientrarono, rispettivamente, nel 2003 e nel 1997.
17/6/2010