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Gruppo di donne in abiti colorati al punto di distribuzione dell'acqua nel Nord Darfur. La fonte d'acqua più vicina si trova ad una distanza di un'ora e mezza; gli asini sono di solito usati per il trasporto dell'acqua al villaggio.
© UNAMID/Olivier Chassot

La Commissione africana sui diritti dell'uomo e dei popoli

Autore: Martina Lucia Lanza, MA in Istituzioni e politiche dei diritti umani e della pace, Università di Padova / Collaboratrice del Centro diritti umani

La Commissione africana sui diritti dell'uomo e dei popoli è il meccanismo di salvaguardia e organo quasi-giudiziario istituito dalla Carta africana dei diritti umani e dei popoli (artt. 30-63).
La Commissione è costituita da 11 membri che siedono a titolo personale e sono eletti, con un mandato di 6 anni, dall’ Assemblea dell’UA con scrutinio segreto. I Commissari vengono scelti in base alle loro qualifiche in materia di diritti umani e tenendo conto del criterio di ripartizione geografica.
La Commissione si riunisce in sedute ordinarie due volte all’anno e può riunirsi anche in sessioni straordinarie. Dalla sua inaugurazione nel 1989 ad oggi si sono tenute più di 60 sessioni tra ordinarie e straordinarie.
La Carta stabilisce la possibilità per la Commissione di creare procedure speciali, come relatori speciali, comitati e gruppi di lavoro. La procedura speciale da più tempo attiva (1996) è il relatore speciale sul carcere e le condizioni detentive, il quale ha mandato di esaminare la situazione delle persone private della libertà nei territori degli Stati parte della Carta. Tale relatore speciale ha portato a termine 16 missioni e adottato 8 risoluzioni.

Alla Commissione sono attribuite tre funzioni principali (art. 45):

- promuovere i diritti umani e dei popoli;
- proteggere i diritti umani e dei popoli;
- interpretare la Carta.

La promozione e la protezione dei diritti umani e dei popoli
Le attività di promozione e protezione ricomprendono: le missioni di protezione e promozione dei diritti e delle libertà sanciti nella Carta, il sistema delle comunicazioni alla Commissione e la presentazione di rapporti da parte degli Stati.

1 Le missioni della Commissione
Per quanto riguarda l’attività di protezione dei diritti umani, la Carta chiede alla Commissione di ricorrere ad “ogni appropriato metodo d’investigazione” (art. 46), fornendo quindi il fondamento giuridico per intraprendere missioni di diversa natura. Le missioni della Commissione possono essere di due tipi:

- Missioni di protezione: questa tipologia ricomprendere le missioni sul luogo (on-site) e le missioni d’inchiesta (fact-finding). Lo scopo è normalmente quello di esplorare la possibilità di un accordo amichevole o di indagare su fatti specifici ricollegati al sistema delle comunicazioni. Inoltre, le missioni d’inchiesta possono svolgersi qualora vi sia una segnalazione di carattere generale o largamente documentata di violazioni dei diritti diritti umani da parte di uno Stato.

- Missioni di promozione: missioni volte a sensibilizzare gli Stati rispetto al ruolo della Carta africana, per incoraggiare la ratifica degli strumenti giuridici per i diritti umani e sottostare all’obbligo di presentazione dei rapporti di monitoraggio sulla situazione dei diritti umani nel proprio Paese.

Durante le missioni di protezione, gli Stati devono:

- astenersi da azioni di rappresaglia contro persone od entità che forniscono alla missione informazioni, testimonianze o prove;
- garantire la libertà di movimento dei membri della missione comprese le necessarie autorizzazioni interne;
- fornire alla missione le informazioni e i documenti necessari per la preparazione del rapporto;
- fare i necessari passi per proteggere i membri della missione.

2. Il sistema delle comunicazioni
Un’altra procedura della Commissione per far fronte al proprio mandato è il sistema delle comunicazioni.
Le comunicazioni che riceve e prende in considerazione la Commissione possono essere:

- comunicazioni statali. Uno Stato che lamenta la violazione di una o più disposizioni della Carta da parte di un altro Stato membro (artt. 48-49),

- altre comunicazioni. Comunicazioni presentate da individui o organizzazioni che accusano uno Stato membro di aver violato uno o più diritti garantiti dalla Carta (art. 55).

Rispetto alle comunicazioni statali, esistono due possibili procedure esperibili:

1. Comunicazione-negoziazione. Se uno Stato parte ha buone ragioni per credere che un altro Stato parte ha violato la Carta, può presentargli una comunicazione scritta. Lo Stato ricevente, entro tre mesi, deve dare una spiegazione scritta per fare chiarezza sulla questione. Se in tale fase di conciliazione la questione non viene risolta, entrambi gli Stati possono sottoporre la questione alla Commissione;
2. Comunicazione-reclamo. Se uno Stato parte ha buone ragioni per credere che un altro Stato parte abbia violato la Carta, ma non vuole dare avvio ad una procedura bilaterale, può inviare una comunicazione direttamente alla Commissione.

Affinchè una comunicazione statale sia considerata ricevibile sono poste tre condizioni: l’esaurimento, se esistenti, dei ricorsi interni, il fallimento della procedura di conciliazione, e il superamento del periodo di tre mesi dall’avvio della tentata conciliazione. Di queste condizioni solo la prima è valida anche per la procedura semplificata della comunicazione-reclamo.
Se la comunicazione è ritenuta ammissibile, la Commissione passa al suo esame nel merito, ricorrendo a tutti i metodi d’indagine di cui dispone. Una volta in possesso di tutte le informazioni e dopo aver tentato una soluzione amichevole, la Commissione redige il rapporto sul caso.

Per quanto concerne le altre comunicazioni, si tratta delle comunicazioni presentate da singoli individui o gruppi, come anche da attori della società civile, in cui si lamenta la violazione di uno o più diritti da parte di uno o più Stati.
I criteri di ammissibilità come anche l’iter procedurale sono più delineati rispetto alle comunicazioni statali e sono i seguenti (art. 56):

- riportare l’’indicazione dell’autore, tranne nei casi in cui lo stesso chieda di mantenere l’anonimato;
- essere riconducibile ai diritti o principi stabiliti dalla Carta dei diritti umani e dei popoli o della Carta UA;
- non essere redatta in termini oltraggiosi;
- deve basarsi su un’adeguata indagine e non solo su informazioni reperibili a mezzo stampa o tramite altri strumenti d’informazione;
- essere esauriti i ricorsi interni, tranne se la procedura si è prolungata ingiustificatamente;
- deve essere inviata entro un periodo di tempo ragionevole.

Affinchè una comunicazione venga ritenuta ammissibile deve rispettare tutti i criteri di ammissibilità.
A seguito della dichiarazione di ammissibilità, la Commissione mette a disposizione i suoi buoni uffici per favorire un accordo amichevole tra le parti.
Se tale accordo non viene raggiunto, la Commissione considera il caso nel merito, ossia esamina le accuse presentate dall’autore della comunicazione, la risposta fornita dallo Stato, nonchè ogni altro argomento presentato dagli Stati parte o altri attori intervenuti.
Al termine dello studio del caso, il quale può includere anche missioni d’inchiesta, la Commissione può presentare delle raccomandazioni allo Stato interessato. Tali raccomandazioni non sono di principio vincolanti, tuttavia possono diventarlo nel momento in cui vengono adottate dall’Assemblea dei Capi di Stato e di Governo dell’UA.
La Commissione non ha approntato dei meccanismi di follow-up delle raccomandazioni nè ci sono dei meccanismi che possano in qualche modo obbligare gli Stati a rispettare le raccomandazioni ricevute.

3. La presentazione di rapporti periodici da parte degli Stati
Uno degli strumenti più importanti attraverso cui la Commissione può promuovere e proteggere i diritti umani e dei popoli sono i rapporti periodici degli Stati. Infatti, dal momento che gli Stati parte sono chiamati a dare effettività ai diritti stabili nella Carta attraverso l’adozione di misure legislative e di altro tipo, tale sistema permette di verificarne la progressiva implementazione, attraverso uno strumento per il dialogo tra gli Stati e la Commissione.
Agli Stati è richiesto di presentare un rapporto iniziale, dopo due anni dalla ratifica o adesione alla Carta, il quale fa da elemento di paragone per i rapporti periodici successivi, anch’essi ogni due anni, i quali illustrano solamente i progressi fatti e le difficoltà incontrate dal precedente rapporto.
Il rapporto iniziale deve riportare gli elementi fondamentali per descrivere il Paese, come anche i programmi e le istituzioni rilevanti per i diritti, le libertà fondamentali ed i doveri stabiliti dalla Carta.
Nei rapporti gli Stati sono chiamati ad entrare nel merito di ogni tipologia di diritto: civili, politici, economici, sociali e culturali. Inoltre, lo stesso trattamento deve essere riservato anche alle libertà fondamentali, ai diritti dei popoli ed ai doveri riportati nella Carta.
L’esame del rapporto avviene nel corso di una sessione a porte aperte, ossia aperta anche alle associazioni con status consultivo all’UA. Nel corso dell’esame i rappresentanti dello Stato devono rispondere alle domande della Commissione e fornire eventuali ulteriori informazioni durante o dopo la sessione.
La Commissione, notando la prassi degli Stati di non inviare un rappresentante - impedendo de facto l’analisi del rapporto -ha stabilito che, dopo una posticipazione della sessione e due notifiche allo Stato interessato, il rapporto verrà in ogni caso esaminato, ricorrendo anche ad ulteriori informazioni fornite da Istituzioni nazionali per i diritti umani e organizzazioni non governative (regole di procedura del 2010) .
Dopo aver considerato il rapporto, la Commissione può formulare delle osservazioni conclusive in cui specifica le questioni che richiedono un’urgente attenzione da parte dello Stato sotto osservazione.
Il sistema di presentazione dei rapporti periodici ha incontrato non poche difficoltà e diffidenze da parte degli Stati, dal momento che a febbraio 2014, su 54 Stati parte: 10 hanno presentato tutti i rapporti, 13 sono in ritardo di uno o due, 24 sono in ritardo di tre o più rapporti mentre i rimanenti 7 non ne hanno presentato alcuno.

4. Il ruolo consultivo della Commissione
Il ruolo consultivo della Commissione, in attuazione della sua funzione di promozione dei diritti umani, si concretizza in pareri e raccomandazioni rivolti agli Stati, oltre che nell’elaborazione di principi e regole per la risoluzione di problemi giuridici legati al godimento dei diritti umani e dei popoli (art. 45 (1) (b)). Infatti, sono state elaborate diverse linee guida, ultime in ordine di tempo le Linee guida sulle condizioni di arresto, custodia da parte della Polizia e la detenzione cautelare antecedente il procedimento giudiziario in Africa (2014).
Altri strumenti a disposizione della Commissione sono le risoluzioni ed i commenti generali.
La Commissione può adottare risoluzioni per affrontare diverse questioni materia di diritti umani. Tali documenti di soft law possono essere di tre tipi: tematici, amministrativi e riguardanti un singolo Stato. Le risoluzioni tematiche hanno riguardato temi quali la pena di morte, i popoli indigeni e la libertà di associazione.
Infine, i commenti generali sono uno strumento utilizzato recentemente (2012 e 2014), e per la prima volta, solo dalla Relatrice speciale sui diritti delle donne in Africa per interpretare l’articolo 14 del Protocollo sui diritti delle donne in Africa, inerente i diritti alla salute compresa quella sessuale e riproduttiva.

L’interpretazione della Carta dei diritti dell'uomo e dei popoli

La Commissione ha mandato di interpretare le disposizioni della Carta, dietro richiesta di uno Stato parte, degli organi dell’UA e da parte di organizzazioni non governative riconosciute dall’UA (art. 45.3).
L’attività d’interpretazione della Carta, più che attraverso l’art. 45.3, è avvenuta per mezzo del sistema delle comunicazioni alla Commissione, quest’ultima ha quindi fornito chiarimenti e interpretazioni sulle disposizioni sui diritti umani oggetto di violazione. Ad esempio, nella comunicazione SERAC c. Nigeria (2001), la Commissione ha ricondotto alla Carta anche il diritto alla casa, il quale, benchè non stabilito esplicitamente, risulterebbe dal combinato del diritto alla salute, del diritto alla proprietà e dalla protezione accordata alla famiglia (artt. 14,16 e 18).

Risorse

Aggiornato il

25/3/2015