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28/1/2008 (Archivio storico)

6 febbraio, Giornata Internazionale contro le mutilazioni genitali femminili

 

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L’ONU ha proclamato il 6 febbraio Giornata Mondiale di lotta alle mutilazioni genitali femminili.

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Le mutilazioni genitali sono un fenomeno vasto e complesso, che condiziona pesantemente la vita delle bambine e delle donne di molti Paesi africani, ma anche di alcuni del Medio Oriente e, all’interno delle comunità immigrate, anche di Europa ed America.

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Il tipo di mutilazione, l’età delle vittime e le modalità dipendono da molti fattori tra cui il gruppo etnico di appartenenza, il paese e la zona (rurale o urbana) in cui le ragazze vivono. La mutilazione viene praticata in alcune zone africane appena dopo la nascita, in altre zone alla prima gravidanza, ma nella maggior parte dei casi l’età è compresa tra i quattro e gli otto anni (dati di Amnesty International).

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Secondo l’analisi dell’UNICEF, che troviamo all’interno del Rapporto 2008, il tasso di diffusione del fenomeno è altissimo: dai 100 ai 140 milioni di donne nel mondo, quasi un quarto delle quali vive in Egitto.

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Gli sforzi internazionali per sradicare la mutilazione genitale femminile hanno una lunga storia, ma è solo grazie alla crescente pressione delle organizzazioni femminili africane che, da pochi decenni, si sono raggiunti risultati concreti. Il problema fu sollevato nel 1952, ed in seguito discusso e studiato, dalla Commissione sui Diritti Umani delle Nazioni Unite.

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In seguito, nel 1984 l’ONU creò a Dakar, un "Comitato interafricano sulle pratiche tradizionali pregiudizievoli per la salute delle donne e dei bambini" (IAC), con la finalità di predisporre un nucleo di attivisti locali, preparati dal punto di vista medico ed autorevoli nella loro comunità, per contrastare culturalmente il fenomeno. Ma è solo dagli anni ’90 che le mutilazioni genitali femminili vengono dichiarate una grave violazione dei diritti delle donne e delle bambine, in particolare con la proclamazione della Dichiarazione sulla violenza contro le donne del 1993, dove la pratica è dichiarata una forma di violenza nei confronti della donna.

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Ancora, dalla collaborazione fra ONU e ONG, si arriva a predisporre un Piano di azione per eliminare le pratiche tradizionali pregiudizievoli per la salute della donna e delle bambine, decisione riconfermata nella Conferenza di Pechino del 1995.

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Nel settembre 1997 lo IAC tenne un convegno per giuristi nella sede dell’Organizzazione per l’Unità Africana (OUA) ad Addis Abeba che elaborò la Carta di Addis Abeba, un documento che chiede a tutti i governi africani di adoperarsi per eradicare (o drasticamente ridurre) le mutilazioni genitali femminili entro il 2005. Le mutilazioni vengono vietate anche dall’art.21 della Carta Africana sui diritti e il benessere del fanciullo.

Aggiornato il

16/7/2009