A A+ A++
19/5/2006 (Archivio storico)

Nazioni Unite: il Comitato contro la tortura considera il rapporto degli Stati Uniti


-

Una delegazione governativa composta da trenta funzionari del Dipartimento di Stato e del Pentagono si è confrontata lo scorso 5 maggio a Ginevra con il Comitato contro la Tortura delle Nazioni Unite - istituito dalla Convenzione internazionale contro la tortura (CAT) – e ha discusso i contenuti del Rapporto USA relativo all’implementazione della Convenzione nell’arco di tempo compreso tra il 2000 ed il 2006. In attesa della pubblicazione delle Conclusioni finali degli esperti del Comitato - attese per il prossimo 19 maggio – il quotidiano El Pais ha reso noti alcuni passaggi dell’incontro.

-

Nell’introdurre la presentazione del Rapporto, il Segretario di Stato aggiunto Barry Lowenkron (con delega all’area “Democrazia e diritti umani”) ha esordito osservando che: “Gli Stati Uniti non praticano né accettano la tortura”. Con riferimento al caso Abu Ghraib, Lowenkron ha dovuto riconoscere che “solo pochi casi reali di abusi” sono stati registrati e che ad ogni modo si è trattato di “incidenti non sistematici”. Numerosi rilievi su aspetti critici del rapporto raccolti dal Comitato nella cosiddetta “list of issues” (ossia, un elenco di questioni su cui il Comitato richiede allo Stato Parte di fornire maggiori informazioni rispetto a quelle fornite in precedenza) fanno riferimento alle presunte violazioni degli obblighi internazionali degli USA in materia di diritti umani nel contesto della lotta al terrorismo. Human Rights Watch ha affermato in questo senso che le tecniche di interrogazione adottate dagli agenti statunitensi nei confronti delle persone recluse nel centro di Guantanamo Bay sono in aperta violazione delle obbligazioni internazionali degli USA.

-

In risposta ad una domanda rivoltagli da uno degli esperti del Comitato, il Segretario aggiunto alla Difesa Charles Stimson ha affermato che complessivamente centoventi persone sono decedute nei centri di detenzione gestiti dagli Stati Uniti in Afghanistan e Iraq, ma nessuno a Guantanamo. Si tratta di persone “morte per cause naturali, per motivi connessi a conseguenze delle attività belliche o ad episodi di violenza tra prigionieri”; Stimson ha tuttavia affermato che, relativamente a ventinove casi – nei confronti dei quali sono stati iniziati procedimenti di accertamento dei fatti, “si sospetta siano state commesse violazioni della legge o dei regolamenti da parte degli agenti USA”.


Aggiornato il

16/7/2009