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3/8/2004 (Archivio storico)

Rapporto UNDP 2004 sullo sviluppo umano


- Il Rapporto 2004 sullo svilupop umano è dedicato alla “libertà culturale”. Ricostruire il mosaico etnico-culturale dell’Iraq; riconciliare le diverse etnie che si sono combattute nei Balcani; riportare a standard accettabili di convivenza le varie culture dell’India; prevenire esplosioni di violenza come quelle che hanno funestato molti paesi africani; governare le immigrazioni dal sud del mondo verso i paesi occidentali...: queste sono alcune tra le sfide che il 21mo secolo pone alla comunità mondiale.

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Lo sviluppo umano non può non tenerne conto, poiché da come tali questioni saranno affrontate dipenderà l’evoluzione paese per paese dei tre fondamentali indici che esso misura: speranza di vita, scolarità e reddito pro-capite. Se lo sviluppo umano è il processo di ampliamento delle scelte a disposizione dell’individuo, la libertà culturale ne costituisce una dimensione essenziale. Per individui e comunità è fondamentale poter vivere in armonia con i propri valori, cultura e tradizioni, e non tutte le scelte sociali, economiche e politiche sono compatibili con il rispetto di tale identità. Di qui l’importanza di confrontarsi sul concetto e la pratica della libertà culturale.

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Il Rapporto parte dalla confutazioen di cinque “miti” attorno alla differenza culturale che sembrano condannare le politiche del multiculturalismo all'irrilevanza o peggio alla pericolosità dal punto di vista delle prospettive dello sviluppo e della democrazia. Portando a supporto una serie di dati storici e sociologici, il Rapporto smentisce che esista una incompatibilità tra riconoscimento delle diversità culturali e unità dello stato e anche tra garanzia delle minoranze e pace; allo stesso modo, a meno di non concepire la “cultura” come qualcosa di statico e immutabile, non c’è contraddizione tra riconoscimento delle diversità culturali e promozione dei diritti umani, né tra diversità e sviluppo.

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In generale, va combattuta con forza l’idea che ravvisa una incompatibilità assoluta tra certe culture (generalmente il riferimento è alle civiltà non-occidentali) e i valori di democrazia e diritti umani. I casi del Giappone, della Malesia, della Corea del Sud, per non parlare dei molti stati multiculturali che hanno conosciuto nei recenti decenni straordinari progressi su tutti i fronti dello sviluppo umano, dovrebbero essere sufficienti a smentire il valore predittivo di tali equazioni.

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Il Rapporto passa quindi ad esaminare alcuni punti-chiave per la costruzione di una "democrazia multiculturale", presentando una serie di esempi positivi e negativi in tema di partecipazione politica di gruppi minoritari, rapporti tra stato e confessioni religiose, pluralismo giuridico, politiche di multilinguismo, lotta all’esclusione sociale che colpisce, all’interno dello stato, le minoranze culturali. Un capitolo a parte è dedicato al problema di come gli stati possono contrastare i movimenti radicali che propagandano l’odio etnico-razziale, propugnano la cacciata degli immigrati, ecc. Il punto di vista del Rapporto è che politiche rigidamente repressive contro tali attori socio-politici non sono utili e possono anzi rafforzare la loro propaganda: gli strumenti della democrazia e la difesa della libertà culturale offrono invece gli strumenti più efficaci per combattere l’intolleranza.

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Infine, la libertà culturale deve essere preservata e promossa anche in rapporto ai grandi fenomeni di globalizzazione. Obiettivo di politiche attente allo sviluppo umano dovrebbe essere favorire la formazione di personalità ricche e poliedriche dal punto di vista culturale, difendendo le tradizioni, ma anche aprendole agli apporti che vengono dall’esterno. La libertà culturale – valore positivo da promuovere – non si identifica con la difesa della tradizione. Esempi di come una politica di apertura ragionevole al flusso della globalizzazione difende la libertà culturale senza appiattire le differenze sono tratti dalle iniziative dei popoli indigeni in tema di proprietà intellettuale e sfruttamento delle risorse dei territori indigeni; dalle iniziative di alcuni stati a difesa delle proprie produzioni audiovisive e culturali; dalle iniziative di governi statali e locali per la difesa dei diritti e l’itegrazione degli immigrati.

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Con questo Rapporto l’UNDP affronta uno dei temi più complessi e delicati del mondo contemporaneo, sul quale di solito si sprecano allarmismi e visioni apocalittiche: profezie di sventura che fatalmente tendono ad auto-avverarsi. La prospettiva dello sviluppo umano contribuisce invece a riportare il problema alla sua giusta dimensione: non quella dello "scontro di civiltà", ma quella delle politiche concrete e responsabili per l’ampliamento delle scelte a disposizione delle persone, per le pari opportunità e per la promozione dei diritti umani. -

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Il Rapporto 2004 è disponibile all'indirizzo:
- https://hdr.undp.org/reports/global/2004/
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- Sito del Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo:
- https://www.undp.org/
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Aggiornato il

16/7/2009