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Una donna somala rifugiata con suo figlio in piedi all'interno di una tenda di un campo profughi dell'UNHCR, Etiopia, 2011
© UN Photo/Eskinder Debebe

La definizione di rifugiato e di protezione sussidiaria

In base all'art.1 della Convenzione di Ginevra sullo status dei rifugiati, il termine di rifugiato è applicabile

"a chiunque, nel giustificato timore d'essere perseguitato per la sua razza, la sua religione, la sua cittadinanza, la sua appartenenza a un determinato gruppo sociale o le sue opinioni politiche, si trova fuori dello Stato di cui possiede la cittadinanza e non può o, per tale timore, non vuole domandare la protezione di detto Stato; oppure a chiunque, essendo apolide e trovandosi fuori dei suo Stato di domicilio in seguito a tali avvenimenti, non può o, per il timore sopra indicato, non vuole ritornarvi".

La Direttiva europea 83/2004/CE all'art.2(e) definisce una persona ammissibile alla protezione sussidiaria

"ogni cittadino di un paese terzo o apolide che non possiede i requisiti per essere riconosciuto come rifugiato ma nei cui confronti sussistono fondati motivi di ritenere che, se ritornasse nel paese di origine, o, nel caso di un apolide, se ritornasse nel paese nel quale aveva precedentemente la dimora abituale, correrebbe un rischio effettivo di subire un grave danno, e il quale non può o, a causa di tale rischio, non vuole avvalersi della protezione di detto paese".

La fattispecie della protezione sussidiaria è stata inserita nell'ordinamento italiano con il D.lgs 19 novembre 2007 n. 251, di attuazione della Direttiva 2004/83/CE.

Aggiornato il

19/2/2012