Diritto alla pace: un lungo processo di standard setting
Il lungo processo di standard setting del diritto alla pace trova le sue radici nella Carta delle Nazioni Unite e nella Dichiarazione universale dei diritti umani. Tale contributo intende fornire un resoconto analitico di tale processo, attraverso l’esplorazione di trattati, convenzioni, dichiarazioni, risoluzioni e rapporti adottati dalle Nazioni Unite, nonché da organizzazioni regionali, istituzioni parlamentari internazionali, e network di enti locali e di società civile. L’obiettivo è quello di comprendere come i vari attori della comunità internazionale abbiano inteso, di volta in volta, il concetto di diritto alla pace, individuando i diversi (e interconnessi) approcci che si sono sviluppati nel corso del tempo, in vista di una loro organica sistematizzazione nella bozza di Dichiarazione delle Nazioni Unite sul diritto alla pace, attualmente in discussione al Consiglio diritti umani delle Nazioni Unite. Sono nove, in particolare, gli approcci principali al diritto alla pace che sono maturati nel corso del tempo: 1) come aspirazione e obiettivo politico; 2) come sistema di sicurezza collettivo; 3) come ordine sociale e internazionale; 4) come diritto a vivere in pace; 5) come diritto dei popoli; 6) come cultura di pace; 7) come requisito vitale per il pieno godimento di tutti i diritti umani; 8) come diritto di solidarietà; 9) come diritto umano individuale (e collettivo). Il processo di standard setting del diritto alla pace denota, pertanto, una sorta di evoluzione, seppure non pienamente lineare, da approcci di natura prevalentemente «politica», ben consolidati e ampiamente accettati dalla comunità internazionale (quali, ad esempio, quelli relativi alla pace come obiettivo, come sistema di sicurezza collettivo e come cultura di pace) ad approcci più specificamente «giuridici», e per questo anche più osteggiati, che tendono a concepire la pace come un diritto (diritto dei popoli o diritto umano) e, di conseguenza, come un obbligo per gli Stati.