Sigla di apertura
Claudia: Ciao a tutti, bentornati a 5 Ws for human rights, l'appuntamento settimanale per conoscere e approfondire i diritti umani. Trasmettiamo da RadioBue.it in collaborazione con l'Archivio pace diritti umani. Io sono Claudia e in studio con me ci sono Stefano, Federica, Letizia e Luca in regia.
Letizia: In questa puntata dedicata al Where, parleremo dei luoghi più importanti in cui i diritti umani vengono difesi.
Federica: Ci concentreremo su sedi istituzionali, organizzazioni e corti internazionali, visto che abbiamo già detto nelle scorse puntate dell' impegno della società civile.
Letizia: Come al solito vi ricordo che ci trovate sulla pagina facebook Archivio pace diritti umani dove potete lasciare i vostri commenti e rispondere alla domanda che verrà svelata solo alla fine di questa puntata.
Stefano: Date un'occhiata anche al sito unipd-centrodirittiumani.it, sempre aggiornato e pieno di informazioni sui temi che trattiamo.
Claudia: Iniziamo il nostro viaggio attraverso i luoghi dei diritti umani.
Jingle – Where / Dove
Stefano: Da dove partiamo? Qual è l'organismo più importante per la protezione dei diritti umani nel mondo?
Federica: Ce ne sono molti, ognuno ricopre un ruolo diverso. L'ufficio più importante delle Nazioni Unite è quello dell'Alto commissario per i diritti umani.
Stefano: Che competenze ha?
Federica: Ha il ruolo di far avanzare la disciplina dei diritti umani con rapporti e ricerche, di promuovere iniziative e azioni di sensibilizzazione e di monitoraggio a livello internazionale e di accompagnare gli Stati nella realizzazione di politiche e programmi concreti.
Claudia: Ha sede a Ginevra. Oggi l'Alto commissario è una donna Sudafricana, Navi Pillay.
Letizia: Altri luoghi fondamentali di protezione dei diritti umani sono le corti internazionali.
Stefano: Che ruolo hanno?
Federica: Hanno il ruolo di giudicare ed eventualmente sanzionare le presunte violazioni dei diritti umani da parte degli Stati.
Letizia: Bisogna distinguere tra le competenze della corte penale internazionale e quelle delle corti regionali dei diritti umani.
Claudia: La corte penale internazionale ha giurisdizione universale, giudica sui crimini contro l'umanità, crimini di guerra e di genocidio.
Federica: Cioè vigila sul rispetto del diritto internazionale umanitario, un insieme di regole "speciali" che valgono in caso di conflitto.
Letizia: Dal 2002 quando la Corte è entrata in funzione, ha introdotto una grande innovazione: la possibilità di indagare anche di propria iniziativa in tutti i paesi che hanno ratificato il suo Statuto.
Stefano: E tutti lo hanno ratificato?
Federica: Come sempre ci sono grandi assenti che in questo caso sono: Stati Uniti, Israele, Cina e Russia.
Stefano: Fa riflettere che un paese come gli Stati Uniti, preso spesso come modello di avanguardia, limiti questo forte strumento per la protezione di diritti umani. Anche su altri aspetti sono rimasti indietro: la pena di morte, la convenzione sui diritti dei bambini, il protocollo di Kyoto, Guantanamo.
Claudia: L'ospite dell'intervista di oggi è Silvana Arbia, laureata a Padova e diventata magistrato. Ha ricoperto dei ruoli molto importanti nell'ufficio del procuratore del Tribunale Penale Internazionale per il Ruanda. Dal 2008 è Cancelliera della Corte Penale Internazionale.
Letizia: Chi meglio di lei può spiegarci come funziona la Corte, quali sono i punti di forza e quali invece le debolezze. Ascoltiamo cosa ci ha detto.
Jingle – Intervista
Intervista a Silvana Arbia
Stefano: Perchè la Corte penale internazionale è così importante? Cosa rappresenta per il diritto internazionale dei diritti umani?
Silvana Arbia: Sono d'accordo che la Corte penale internazionale costituisce il più grande progresso dei tempi recenti perchè è un nuovo strumento, una misura più efficace per proteggere i diritti fondamentali e il diritto internazionale umanitario, quindi queste branche del diritto internazionale esistevano, ma non c'era una possibilità di proteggere con una misura più efficace che è quella della sanzione penale. Oggi si qualificano come crimini le violazioni di questi diritti fondamentali, quindi è la protezione massima. E' una corte permanente. E soprattutto, quello che è interessante, è che lo Statuto di Roma che è l'atto costitutivo di questa Corte, può essere emendato, può teoricamente includere altri crimini. E' a Kampala l'occasione della prima conferenza di revisione, dove è stata definita l' "agressione", crimine che era già stato previsto nello statuto di Roma nel 1998, ma non era stato definito. Finalmente nel 2010 vi è stata questa definizione. Ci sono, per esempio, proposte di definire altri crimini, come il terrorismo, il traffico di esseri umani e altri crimini gravi, sui quali la Corte può esercitare la sua competenza.
Stefano: In dieci anni di funzione della Corte, qual è secondo Lei il risultato più importante raggiunto?
Silvana Arbia: Solo in dieci anni la Corte ha sperimentato tutti i meccanismi di funzionamento. Ci sono stati già tre Stati che hanno devoluto alla Corte la loro situazione, di non possibilità effettiva di perseguire e giudicare i crimini internazionali di competenza della Corte, sono stati l'Uganda seguita dalla Repubblica Democratica del Congo e dopo dalla Repubblica Centrafricana. Vi è stata anche l'esperienza, per ben due volte, del Consiglio di Sicurezza dell'Onu che nelle situazioni rispettivamente del Sudan e della Libia e più recentemente un altro meccanismo che permette uno Stato non parte dello Stauto di Roma di dichiarare di accettare la giurisdizione e la competenza della Corte, questa è la Costa d'Avorio, di cui la Corte si occupa alla fine del 2011 e nella situazione che concerne la Libia, subito dopo la crisi, il Consiglio di Sicurezza ha riconosciuto che l'intervento della Corte poteva essere un intervento giusto come rimedio di una situazione che si era creata. Questo è un grande riconoscimento a livello internazionale e in termini di numeri, la Corte opera in 7 Paesi diversi e il numero dei casi è importante come il numero dei mandati d'arresto e il numero delle vittime che hanno chiesto di partecipare che sono 11mila e di quelle ammesse che sono più di 4mila. Sono numeri importanti, certamente si poteva fare di più se gli Stati avessero cooperato adeguatamente, perchè la Corte non ha una sua possibilità autonoma di far eseguire le decisioni che emette e quindi ha bisogno della cooperazione degli Stati e questa cooperazione non è sufficiente, ci sono dei mandati pendenti che non sono stati eseguiti.
Stefano: Quindi la debole cooperazione degli Stati è uno degli elementi più critici nel funzionamento della Corte?
Silvana Arbia: Certo, anche per la credibilità dell'istituzione, perchè se una Corte non è in grado di eseguire prontamente un mandato d'arresto, possono esserci imputati che hanno dei beni ma se gli Stati non cooperano per gli effetti giuridici di poterli sequestrare, l'autorità stessa della Corte e la sua giurisdizione è a rischio. Quindi queste altre forme di cooperazione essenziali per il funzionamento della Corte sono necessarie, questo è un punto che si è discusso molto e che recentemente è stato oggetto di una risoluzione degli Stati parti che si sono imposti un impegno a cooperare tra loro in modo che questa cooperazione sia più adeguata.
Stefano: Cosa significa per Lei ricoprire un ruolo di così alto livello e responsabilità?
Silvana Arbia: E' un impegno di lunga data e il risultato della mia esperienza che è un impegno a lunghissimo termine, perchè bisogna fare il recessario però non sempre le azioni hanno il successo che ci si aspetta, quindi bisogna investire molto e adesso che abbiamo questo strumento così importante che è la Corte Penale Internazionale c'è una grande motivazione a fare tutto il possibile perchè la Corte abbia successo, nel senso che faccia processi e li porti bene a termine.
In studio
Federica: Sicuramente questo contributo ci ha aiutato a capire più approfonditamente l'importanza della Corte penale internazionale. Torniamo al punto in cui c'eravamo lasciati prima dell'intervista, e cioè alla seconda tipologia di corti.
Stefano: Parliamo di corti regionali dei diritti umani, questo vuol dire che ne esiste una per ogni continente?
Federica: Quasi! C'è la Corte europea di Strasburgo, la Corte interamericana e quella africana. Manca in Asia.
Claudia: Nel mondo arabo non c'è una corte, ma una Commissione intergovernativa che comunque monitora sul rispetto dei diritti umani.
Stefano: Ma, nel dettaglio cosa vuol dire?
Federica: Proteggono il diritto internazionale dei diritti umani, funzionano come un normale tribunale, accogliendo le denunce da parte di cittadini o gruppi di cittadini contro gli Stati.
Letizia: A proposito di giustizia oggi ascoltiamo una canzone un po' provocatoria di Francesco De Gregori "Chi ruba nei supermercati"
Brano musicale: Francesco De Gregori "Chi ruba nei supermercati"
Stefano: Parlavamo di regioni e quindi mi chiedo se i diritti umani cambino rispetto all'ambiente in cui viviamo.
Federica: No, in base al principio di universalità i diritti umani sono uguali per tutti ovunque. Ma negli anni ci sono state anche delle forti critiche sulla loro validità universale, proprio a partire dalle diversità culturali.
Letizia: Per esempio, la società asiatica e africana si fondano su un ruolo della comunità molto più forte rispetto alla cultura europea e quindi hanno criticato il carattere individuale di alcuni diritti.
Federica: Queste critiche hanno poi contribuito allo sviluppo dei diritti umani, in particolare i diritti collettivi: la Carta africana dei diritti umani è la prima a riconoscere il diritto allo sviluppo, all'ambiente e alla pace.
Claudia: Il tempo è volato. E' il momento delle due rubriche: Oggi sul divano e Dite sulla tastiera!
Jingle – Oggi sul divano
Letizia: Bentornati sul nostro divano - l'angolo comodo dei suggerimenti! Oggi vi propongo un film sull'immigrazione che racconta la storia di Bilal, un ragazzo iracheno che intraprende un viaggio e attraversa a piedi l'Europa per raggiungere la fidanzata a Londra.
Claudia: Bloccato in Francia affronta molti ostacoli dovuti alle politiche migratorie ma anche all'indifferenza e alla paura delle persone. Il film si intitola Welcome di Philippe Lioret, del 2009.
Stefano: Il secondo film di Ousmane Sembene del 2004. S'intitola Moolaadè, che vuol dire protezione: è la storia di un villaggio del Burkina Faso in cui alcune donne rifiutano di essere sottoposte alla pratica tradizionale della mutilazione genitale.
Letizia: Mentre per le vostre letture vi presentiamo Il crollo, un libro dello scrittore nigeriano Chinua Achebe, uscito nel 1958.
Federica: La storia di un eroe tragico che descrive un'epoca di transizione tra due culture, quella tradizionale e quella occidentale imposta dalla colonizzazione che ha segnato non solo la Nigeria ma l'intera Africa
Stefano: Spostandoci nel continente americano vi presentiamo il libro dell'antropologa Elisabeth Burgos del 1987. Il titolo è: Mi chiamo Rigoberta Menchù e racconta la storia di questa giovanissima indigena guatemalteca di etnia quichè, premio nobel per la pace nel 1992.
Claudia: Attraverso le sue parole viene ripercorsa la travagliata storia del popolo indigeno guatemalteco, vittima di continue violenze e soprusi ad opera dei militari.
Federica: Nel mondo di internet abbiamo trovato un blog interessante di un giovane scrittore lucchese: che trovate all'indirizzo Fortresseurope.blogspot.com, racconta le storie dei migranti che cercano di arrivare in Europa, contiene approfondimenti, foto e aggiornamenti sulla situazione dei migranti in Italia e in Europa.
Claudia: Un altro sito da segnalare è Reliefweb.org – un portale che offre analisi e informazioni aggiornate e dettagliate soprattutto sulla situazione umanitaria in tutti i paesi del mondo.
Stefano: Spostiamoci nella nostra piazza virtuale.
Jingle – Dite sulla tastiera
Letizia: Questa settimana ci confrontiamo sui diritti umani che abbiamo vissuto: consigliate un luogo, un viaggio e spiegate anche il perché.
Stefano: Se saremo in tanti a condividere le nostre esperienze riusciremo ad avere una specie di mappa con luoghi, associazioni e tematiche da approfondire.
Federica: Vi aspettiamo quindi sulla pagina facebook Archivio pace diritti umani in attesa della prossima puntata in cui parleremo del Why.
Claudia: Sarà la nostra ultima puntata, concluderemo parlando dei perché che ruotano intorno ai diritti umani. Cercheremo di dare delle risposte anche grazie al contributo di Andrea Cofelice, dottorando dell'Università di Siena.
Letizia: Prima di salutarci ricordiamo che questa puntata la potete riascoltare in podcast sul sito di Radiobue.it e in replica su Radio cooperativa sui 92.7 FM.
Stefano: Ringraziamo Yuri Argentino, che ha curato la parte musicale.
Sigla di chiusura