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6/3/2009 (Archivio storico)

Corte Penale Internazionale – Mandato d’arresto per il Presidente del Sudan Omar Al Bashir

La Prima Camera preliminare della Corte Penale Internazionale (ICC) ha emesso un mandato d’arresto per Omar Hassan Ahmad Al Bashir, Presidente del Sudan, per crimini di guerra e crimini contro l’umanità. E’ sospettato di essere penalmente responsabile, in qualità di (co)autore indiretto, degli attacchi intenzionalmente diretti contro una parte consistente della popolazione civile del Darfur, nonché di uccisioni, stermini, stupri, torture e trasferimenti forzati di un ampio numero di civili e del saccheggio delle loro proprietà. E’ la prima volta che l’ICC spicca un mandato d’arresto per un capo di Stato in carica.

Secondo la Camera preliminare, la qualifica ufficiale di Capo di Stato in carica di Omar Al Bashir non esclude la sua responsabilità penale, né gli garantisce l’immunità nei confronti dell’esercizio dell’azione penale da parte dell’ICC.

I giudici presumono che i crimini sopramenzionati siano stati commessi nell’ambito di una campagna anti-insurrezionale, condotta per cinque anni dal Governo del Sudan nei confronti del Movimento/Esercito di liberazione sudanese (SLM/A), del Movimento giustizia ed uguaglianza (JEM) e di altri gruppi armati che si opponevano al Governo sudanese in Darfur. Si suppone che tale campagna, pianificata ai massimi livelli governativi, con il coinvolgimento di Omar Al Bashir e di altri leader politici e militari di alto rango, abbia avuto inizio nell’aprile 2003, a seguito di un attacco contro l’aeroporto di El Fasher, e sia stata condotta almeno fino al 14 luglio 2008, data in cui il Procuratore dell’ICC, Luis Moreno-Ocampo, ha richiesto alla Camera preliminare di spiccare il mandato d’arresto per Omar Al Bashir (cfr. news del 16/07/2008 in questo sito).

Elemento centrale di questa campagna è costituito dagli attacchi illegali contro quella parte della popolazione civile (appartenente in larga parte ai gruppi Fur, Masalit e Zaghawa) percepita come vicina ai gruppi armati organizzati che si opponevano al Governo sudanese in Darfur. Tali attacchi sono stati condotti dalle Forze armate sudanesi e dai loro alleati: la Milizia Janjaweed, la Forza di polizia sudanese, il Servizio nazionale di sicurezza e di intelligence e la Commissione di aiuto umanitario.

Omar Al Bashir, de jure e de facto Presidente del Sudan e Comandante in Capo delle Forze armate sudanesi, è sospettato di aver coordinato la pianificazione e l’implementazione della campagna anti-insurrezionale. Inoltre, la Camera preliminare ha riconosciuto che esistono motivi ragionevoli per ritenere che Al Bashir controllasse l’intero “apparato” dello Stato sudanese, e che si servisse di tale controllo per assicurare l’implementazione della campagna anti-insurrezionale.

Il mandato di arresto per Omar Al Bashir contiene 7 capi di imputazione sulla base della sua responsabilità penale individuale (art. 25(3)(a) dello Statuto dell’ICC), così suddivisi:
• 5 capi di imputazione per crimini contro l’umanità: omicidio (art. 7(1)(a)); sterminio (art. 7(1)(b)); trasferimento forzato della popolazione (art. 7(1)(d)); tortura (art. 7(1)(f)); e stupro (art. 7(1)(g));
• 2 capi di imputazione per crimini di guerra: attacchi deliberati contro la popolazione civile in quanto tale o contro civili che non prendono direttamente parte alle ostilità (art. 8(2)(e)(i)); e saccheggio (art. 8(2)(e)(v)).

La maggioranza dei giudici della Camera preliminare, con il parere contrario del giudice Anita Ušacka, ha ritenuto che le prove materiali presentate dal Procuratore a sostegno della sua richiesta di mandato d’arresto non forniscano motivi sufficienti per ritenere che il Governo del Sudan abbia agito con l’intento specifico di distruggere, in parte o del tutto, i gruppi Fur, Masalit e Zaghawa. Di conseguenza, il crimine di genocidio non è incluso nel mandato di arresto per Omar Al Bashir. Tuttavia, i giudici hanno sottolineato che, qualora il  Procuratore fornisca prove ulteriori, tale decisione non impedirebbe al Procuratore di richiedere un emendamento al mandato di arresto al fine di includere anche il crimine di genocidio.

I giudici, infine, hanno dato istruzioni alla Cancelleria affinché prepari e trasmetta, nel più breve tempo possibile, una richiesta di cooperazione per l’arresto e la consegna di Omar Al Bashir al Sudan e a tutti gli Stati parte dello Statuto di Roma, nonché ai membri del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che non sono parte dello Statuto e, se necessario, a ogni altro Stato.

I giudici, infatti, ritengono che, ai sensi della Risoluzione 1593 del Consiglio di Sicurezza e degli artt. 25 e 103 della Carta delle Nazioni Unite, l’obbligo per il Governo del Sudan di cooperare pienamente con la Corte prevalga su ogni altro obbligo internazionale che il Governo del Sudan può aver contratto con qualsiasi altro accordo internazionale.

La Prima Camera preliminare ha riconosciuto, tuttavia, che il Governo del Sudan ha sinora opposto un rifiuto sistematico ad ogni forma di cooperazione con la Corte, a partire dall’emissione, il 2 maggio 2007, del mandato d’arresto nei confronti del Ministro degli affari umanitari, Ahmad Harun, e di un leader locale della Milizia Janjaweed, Ali Kushayb. Di conseguenza, i giudici hanno enfatizzato che, ai sensi dell’art. 87(7) dello Statuto, qualora il Governo del Sudan continui a non aderire alla richiesta di cooperazione della Corte, la Camera competente “può prenderne atto” e decidere di “investire del caso […] il Consiglio di Sicurezza”.
Inoltre, i giudici hanno sottolineato che il dispositivo della Risoluzione 1593 invita espressamente tutti gli Stati, siano essi parte o meno dello Statuto di Roma, così come le organizzazioni internazionali e regionali, a “cooperare pienamente” con la Corte.