Corte europea dei diritti umani

Corte europea dei diritti umani: l’Ex Repubblica Iugoslava di Macedonia condannata per un caso di extraordinary rendition

Foto panoramica della sede del Palazzo dei diritti umani che ospita la Corte europea dei diritti umani, Strasburgo.
© Consiglio d'Europa

Con sentenza della Grande Camera depositata il 13 dicembre 2012 nel caso El-Masri (caso n. 39630/09), la Corte europea dei diritti umani ha per la prima volta condannato uno Stato membro del Consiglio d’Europa per aver cooperato alla pratica delle extraordinary renditions, operazioni condotte e gestite dalla CIA negli anni immediatamente successivi all’attacco terroristico dell’11 settembre 2001.

Nello specifico, l’Ex Repubblica Iugoslava di Macedonia è stata ritenuta responsabile della violazione, sotto il versante sia sostanziale sia procedurale, degli articoli 3 (divieto di tortura) e 5 (diritto alla libertà e sicurezza) CEDU, nonché dell’articolo 8 (diritto al rispetto della vita privata e familiare) e 13 (diritto ad un ricorso effettivo).

I fatti oggetto del ricorso, ritenuti comprovati dalla Corte anche grazie alle indagini svolte dal gruppo di lavoro presieduto da Dick Marty in seno all'Assemblea Parlamentare del Consiglio d'Europa, attengono alla condotta di agenti di polizia macedoni che nel dicembre 2003 arrestarono in Macedonia Khaled El-Masri, cittadino tedesco, sospettato di coinvolgimento in attività terroristiche. El-Masri venne sottoposto a ripetuti maltrattamenti e privato della possibilità di accedere ad un giudice o di rivolgersi ad un avvocato, per poi essere consegnato ad agenti della CIA. Successivamente questi ultimi trasferirono El-Masri in un campo di detenzione sito in Afghanistan, dove egli fu soggetto a trattamenti contrari all'art. 3 CEDU sino al suo definitivo trasferimento, nel maggio 2004, in Germania.

Con riferimento alle responsabilità dello Stato macedone per la consegna di El-Masri alla CIA, la Corte afferma che al momento dei fatti "era o doveva essere noto" alle autorità macedoni, sulla base delle informazioni all'epoca disponibili, che la consegna di El-Masri all’agenzia statunitense in vista di una sua detenzione in Afghanistan lo avrebbe esposto a un “serio rischio” di essere sottoposto a torture o trattamenti inumani o degradanti (§ 218), nonché a una detenzione in flagrante violazione delle garanzie minime del diritto alla libertà personale (§ 236).

La Macedonia, inoltre, è venuta meno al suo obbligo di svolgere un'indagine efficace sull’intera vicenda, mancando di assicurare la realizzazione del “diritto alla verità” sulle più gravi violazioni dei diritti convenzionali, che, secondo la Corte, deve essere assicurato dalle indagini penali interne non solo in funzione degli interessi della singola vittima, ma anche delle altre vittime di condotte simili e dell'intera collettività (§ 191).

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