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COVID-19 e il problema dell’aumento della violenza domestica

Autore: Sofia Lissandron, studentessa della laurea magistrale in "Human Rights and Multi-level Governance"

Le misure di distanziamento sociale e di convivenza forzata attuate dai governi per tutelare la salute di tutti i cittadini a causa dell’emergenza sanitaria COVID-19 hanno sottoposto le donne che subiscono violenza a dei rischi enormi, in quanto costrette a rimanere confinate in casa con l’autore delle violenze. I centri antiviolenza, le istituzioni e servizi specifici si sono impegnati a ripensare a nuove modalità da intraprendere per prevenire il rischio di violenza domestica continuando ad assicurare il supporto alle donne e mantenendo una rete di sostegno per contrastare la violenza di genere.

La violenza contro le donne è una violazione dei diritti umani, una questione universale con gravi conseguenze per le vittime, le loro famiglie e la società. Nella Convenzione di Istanbul (Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, Istanbul, 11 maggio 2011) viene riconosciuto come la violenza contro le donne sia di natura strutturale, in quanto basata sul genere e una manifestazione dei rapporti di forza storicamente diseguali tra i sessi che hanno portato alla discriminazione nei confronti delle donne da parte degli uomini e impedito la loro piena emancipazione. La prevalenza della violenza contro le donne è molto elevata: 1 donna su 3 in tutto il mondo ha sperimentato violenza fisica o sessuale ad un certo punto della propria vita. Attualmente i servizi essenziali gratuiti per garantire la sicurezza, la protezione e il sostegno delle donne vittime di violenza, come i centri antiviolenza, sono sotto-finanziati, scarsamente dotati di personale e numericamente insufficienti. Infatti, nel Regno Unito, il 22% dei servizi di prima linea ha riferito di non essere attualmente in grado di sostenere efficacemente le vittime di abusi.

La pandemia COVID-19 e il distanziamento sociale per prevenire la diffusione del virus, hanno avuto un impatto significativo sull’aumento della violenza domestica e sulla fornitura di servizi sanitari, giudiziari e di polizia essenziali per quelle donne che hanno subito o sono a rischio di violenza. L’epidemia Coronavirus ha quindi accresciuto il rischio di violenza sulle donne, poiché se da un lato la convivenza e il confinamento forzati hanno aggravato situazioni di violenza preesistenti all’interno della famiglia, dall’altro l’emergenza sanitaria ha drasticamente ridotto le possibilità per le donne di formulare delle richieste di aiuto. Infatti, le donne hanno riscontato numerose difficoltà nel richiedere aiuto e ottenere quindi i servizi essenziali per il sostegno, sia fisicamente che attraverso linee di assistenza (telefonica ed online) poiché essendo costrette a rimanere in casa con il loro maltrattante non hanno avuto la privacy necessaria per procedere. Infatti, in Italia le chiamate alle linee di assistenza sono diminuite drasticamente nel primo periodo di isolamento: una linea telefonica dedicata alla violenza domestica in Italia, ha ricevuto il 55% in meno delle chiamate nelle prime due settimane di marzo perché molte donne trovavano difficile chiedere aiuto durante il lockdown. La violenza contro le donne si è quindi aggravata nel contesto dell’emergenza sanitaria COVID-19. I dati emergenti dimostrano che dallo scoppio del virus, la violenza contro le donne e in particolare la violenza domestica, è aumentata. Ad esempio in Francia i casi di violenza sono aumentati del 30% dopo il lockdown avvenuto nei primi giorni di marzo.

Secondo l'Ente delle Nazioni Unite per l'uguaglianza di genere e l'empowerment delle donne (UN WOMEN) è fondamentale affrontare l’aumento della violenza contro le donne durante il COVID-19 attraverso degli sforzi concentrati dei governi, delle organizzazioni internazionali e nazionali, della società civile e delle agenzie delle Nazioni Unite. Per quanto riguarda i governi essi dovrebbero stanziare delle risorse aggiuntive per affrontare la violenza contro le donne nei piani di risposta nazionali al COVID-19; rafforzare e migliorare i servizi necessari per le donne vittime di violenza durante l’emergenza sanitaria; e garantire la raccolta di dati per genere al fine di comprendere a fondo l’impatto del COVID-19 sulla violenza contro le donne. Le organizzazioni di società civile e le agenzie delle Nazioni Unite invece dovrebbero rafforzare le difese e l’impegno dei diversi attori per affrontare la violenza contro le donne durante il COVID-19; sensibilizzare e coinvolgere il settore privato utilizzando gli strumenti internazionali disponibili per prevenire e rispondere alla violenza contro le donne; garantire che gli enti locali e regionali rendano sicuri gli spazi pubblici per le donne nelle diverse fasi della pandemia e in seguito.

Durante la pandemia globale, la violenza contro le donne si è manifestata in diverse forme. Non solo c’è stato un aumento della violenza domestica, ma anche della violenza online o virtuale, facilitata dalle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC). Infatti, durante la pandemia le donne hanno usato Internet con maggiore frequenza. UN WOMEN sostiene che ci sia stato un incremento nell’uso del web del 70% poiché a causa delle limitazioni imposte dal COVID-19 è sorta la necessità di utilizzare piattaforme online per lavoro, scuola e altre attività sociali. Le donne sono state oggetto di violenza online sotto forma di minacce fisiche, molestie sessuali e stalking.Tutto ciò ha comportato delle conseguenze negative nella salute psicologica, sociale e riproduttiva delle donne. Inoltre, dopo aver subito violenza online, le donne tendono a limitare l’uso del Web, proprio per paura di poter subire violenza nuovamente e di conseguenza si privano di servizi online fondamentali. Oggigiorno e in particolare durante l’emergenza sanitaria l’accesso ad Internet è diventato una necessità considerevole ed è sempre più considerato come un diritto umano fondamentale.

Il 5 aprile il Segretario Generale delle Nazioni Unite ha chiesto un cessate il fuoco globale e la fine di ogni tipo di violenza sulle donne, sottolineando come la violenza domestica sia in drastico aumento a livello globale poiché la pandemia COVID-19 limitando i movimenti e i contatti per contrastare il virus, obbliga le donne a rimanere in casa con l’autore delle violenze. Il Segretario Generale sottolinea l’urgenza di piani di risposta nazionali che diano la priorità al sostegno delle donne vittime di violenza mediante l’attuazione di misure che devono includere:

  • sistemi di prevenzione e servizi per rispondere alla violenza contro le donne nei piani di risposta al COVID-19; 
  • rifugi per le donne vittime di violenza migliorandone l’accesso e aumentando le risorse per loro e per i gruppi della società civili operativi in prima linea; 
  • centri di accoglienza per le vittime di violenza ristrutturando altri spazi come alberghi vuoti o le istituzioni educative per aumentare l’accessibilità delle donne a tali servizi;
  • spazi sicuri da destinare alle donne vittime di violenza nei quali possono denunciare gli abusi senza essere scoperte dai perpetratori.

A livello europeo, Il Presidente del Gruppo di esperti sulla lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica (GREVIO), Marceline Naudi in una dichiarazione del 24 marzo 2020 ha affermato la necessità di rispettare gli standard della Convenzione di Istanbul in tempi di pandemia. Il GREVIO ha sollecitato tutte le parti della Convenzione a fare il possibile per garantire la continuità dell’erogazione dei servizi per continuare ad offrire sostegno e protezione alle donne a rischio di violenza, con la partecipazione soprattutto dei seguenti soggetti interessati: forze dell’ordine, servizi sociali, settore giudiziario, servizi di assistenza specialistica e tutti i ministeri competenti. Inoltre, il Consiglio d’Europa nella Dichiarazione sull’attuazione della Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica (Convenzione di Istanbul) durante la pandemia COVID-19 del 20 aprile 2020, afferma che gli Stati parti devono:

  • sforzarsi per includere una prospettiva di genere nell’elaborazione e attuazione di strategie per combattere la pandemia COVID-19 al fine di valutare l’impatto delle misure adottate per contenere il virus sull’esposizione delle donne al rischio di varie forme di violenza di genere, quali la violenza domestica, lo stalking, le molestie sessuali e compresa la violenza online; attuare politiche volte a frenare la violenza contro le donne durante la pandemia; 
  • prendere in considerazione l’adozione di misure, quali comunicati stampa, campagne televisive, radiofoniche o sui social media, volte a sensibilizzare l’opinione pubblica sull’aumento del rischio di violenza contro le donne durante la pandemia; 
  • garantire la continuità dei servizi di sostegno alle vittime di tutte le forme di violenza rientranti nell’ambito della Convenzione, sviluppando modi alternativi per fornire i servizi, ad esempio affiancando le linee di assistenza telefonica con sistemi di chat online e piattaforme di consulenza al fine di fornire sostegno sociale e assistenza psicologica alle vittime; 
  • garantire la segnalazione dei reati per consentire alle donne vittime di violenza di presentare una denuncia tramite metodi online o tramite nuovi canali come l’iniziativa adottata da numerosi governi di utilizzare una parola in codice nelle farmacie per le vittime al fine di denunciare la violenza subita da parte del partner durante la pandemia. 

A livello nazionale, con le misure di distanziamento sociale e la prescrizione di rimanere a casa decretate con il DPCdM n.18 dell’8 marzo 2020, il rischio di violenza esercitato dal partner tra le mura domestiche è in aumento. In Italia vi è stato un aumento di chiamate al numero verde 1522 messo a disposizione dal Dipartimento per le Pari Opportunità presso la Presidenza del Consiglio per sostenere e aiutare le vittime di violenza di genere e stalking. Il confronto tra l’1°marzo-16 aprile 2020 e lo stesso periodo dell’anno precedente evidenzia un forte aumento delle richieste di aiuto. Su tale incremento ha, infatti, influito anche l’intensificazione della campagna d’informazione sul tema mirata a far emergere una maggiore consapevolezza da parte delle donne nel volere uscire da una violenza pressante e cogente o una maggiore capacità a utilizzare gli strumenti utili per chiedere sostegno. A partire da marzo, la crescita delle chiamate al 1522 ha avuto un andamento esponenziale, fatta eccezione per la strutturale diminuzione delle telefonate nel fine settimana. Dal racconto che le vittime fanno alle operatrici del 1522 emerge che la maggior parte di esse non denuncia la violenza subita, proprio perché consumata per lo più all’interno di contesti familiari. Mettendo a confronto il periodo 1°marzo–16 aprile del 2019 e del 2020 si osserva inoltre un calo della quota di vittime che denunciano, dal 74,8% (947 casi) al 72,8% (1.466).I motivi della mancata denuncia sono legati alle conseguenze negative che si possono generare nel contesto familiare (21,6%), alla paura generica (13,4%), alla paura della reazione del violento (10,9%), all’incertezza sul dopo (6,0%), alla poca fiducia nelle Forze dell’Ordine o perché queste ultime hanno sconsigliato di fare denuncia (3,3%). Tra le vittime, il 2,8% ha ritirato la denuncia e più di una su tre (il 40,4%) è tornata dal maltrattante.

Il 6 aprile 2020 la Commissione Parlamentare di inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere ha approvato un documento contenente delle misure per rispondere alle problematiche delle donne vittime di violenza, dei centri antiviolenza, delle case rifugio e degli sportelli antiviolenza e anti-tratta nella situazione di emergenza epidemiologica da COVID-19. La Commissione sostiene che “la violenza di genere contro le donne rischia nell’attuale situazione di emergenza di aggravarsi ulteriormente: l’isolamento, la convivenza forzata, le restrizioni alla circolazione e l’instabilità socio-economica comportano per le donne e per i loro figli il rischio di una maggiore esposizione alla violenza domestica e assistita”. Per questo motivo ritiene necessario che il Parlamento e il Governo predispongano misure e risorse economiche aggiuntive e procedure più snelle per garantire misure di protezione, sostegno e accoglienza alle donne e ai minori coinvolti, assicurando  l’operatività delle strutture antiviolenza. Al fine di dare riscontro alla nota della Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio riguardo alle criticità connesse all’emergenza COVID-19 nei centri antiviolenza e nelle case rifugio, la Conferenza delle Regioni e delle Province autonome ha approvato un documento, il 23 aprile 2020 che riporta:

  1. Una ricognizione presso le Regioni e Province autonome sullo stato dell'arte degli interventi regionali in tema di violenza di genere posti in essere per fronteggiare gli effetti dell’emergenza COVID-19, i cui esiti sono sinteticamente e complessivamente riassunti di seguito;
  2. Alcune proposte operative al fine di intervenire ancora più efficacemente a sostegno delle donne che chiedono aiuto soprattutto in questa fase di emergenza.

In particolare, dal confronto sulle criticità emerse la Conferenza delle Regioni ha formulato alcune proposte operative:

  • Sul versante della prevenzione sanitaria prevedere la possibilità di eseguire il tampone, sia alle donne che ai loro figli, in regime di urgenza, per poter procedere con l’eventuale inserimento in casa rifugio o in altra struttura in cui siano già presenti altri ospiti;
  • Sul versante del percorso giudiziario post denuncia promuovere e incentivare l’allontanamento dei maltrattanti dalla casa familiare e non viceversa
  • Sul versante della collaborazione istituzionale, occorre avere strategie comuni per costruire insieme, ciascuno per le proprie competenze, gli interventi e le relative risorse

In conclusione, la pandemia COVID-19 ha aggravato drasticamente il problema della violenza contro le donne, in particolare la violenza domestica e online. L’emergenza sanitaria e il distanziamento sociale per prevenire la diffusione del virus, hanno avuto una portata significativa sull’aumento della violenza domestica e online. Inoltre, se da un lato la convivenza e il confinamento forzati hanno peggiorato situazioni di violenza già esistenti all’interno della famiglia, dall’altro la pandemia globale ha notevolmente ridotto la possibilità per le donne di formulare delle concrete richieste d’aiuto. I centri antiviolenza, le istituzioni e servizi specifici sono chiamati a ripensare a nuove pratiche e misure da adottare per prevenire il rischio, continuare ad assicurare il supporto alle donne e mantenere una rete di sostegno per contrastare la violenza di genere.. Infine, gli stati dovrebbero sforzarsi per includere una prospettiva di genere nell’elaborazione e attuazione di strategie per combattere la pandemia COVID-19, garantendo la continuità dei servizi di sostegno alle vittime di violenza.

Parole chiave

COVID-19 violenza donne

Aggiornato il

6/8/2020