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Vista della sede del Consiglio dell'Unione Europea, Bruxelles
© UE

Consiglio dell'Unione Europea

Autore: Claudia Pividori (PhD in Ordine Internazionale e Diritti Umani, Università La Sapienza, Roma)

Il Consiglio, fino all’entrata in vigore del Trattato di Maastricht nel 1993, ha svolto, quasi indisturbato, il potere legislativo. I governi degli stati membri vollero in questo modo porre un muro invalicabile tra l’integrazione volontaristica, espressione delle sovranità statuali, e l’integrazione politica vera e propria che avrebbe aperto la strada al progetto federalista di Europa.

Con l’introduzione della procedura co-decisionale per l’approvazione delle leggi dell’UE, avvenuta appunto con il Trattato di Maastricht, si stabilisce un nuovo equilibrio istituzionale tra Consiglio e Parlamento a tutto vantaggio di quest’ultimo, ed ha inizio una nuova fase di sviluppo politico per il sistema UE. Il potere legislativo del Consiglio diminuisce nei settori per i quali è prevista la procedura co-decisionale, aumenta quando agisce in materia di politica estera e di sicurezza comune e di giustizia e affari interni.

Il Consiglio dell’Unione esercita, insieme con il PE, la funzione legislativa e quella di bilancio, nonché partecipa alla definizione e al coordinamento delle politiche dell’UE. Svolge anche funzioni esecutive, in particolare prepara e stabilisce le priorità dell’agenda politica dell’UE e attua le decisioni assunte in ambito PESC/PSDC e nel settore della cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale.

Il Consiglio si compone dei ministri degli Stati membri e si riunisce, in funzione delle materie trattate, in diverse formazioni, cui partecipano anche i Commissari europei competenti per le materie interessate.

La Presidenza di turno del Consiglio dell’UE svolge un delicato ruolo politico-diplomatico, la cui importanza per il buon funzionamento della complessa macchina del Consiglio è venuta via via crescendo. È stato sottolineato che la Presidenza ha «responsabilità senza potere», confermando una caratteristica identitaria che l’UE continua a condividere con la tradizionale forma dell’organizzazione intergovernativa. A partire dal 2007, la Presidenza del Consiglio spetta agli stati membri secondo un sistema di rotazione paritaria, che tiene conto delle loro diversità e degli equilibri geografici dell’Unione, ed è esercitata da gruppi predeterminati di tre stati membri per un periodo di 18 mesi.

Con il Trattato di Lisbona, la formazione del Consiglio competente in materia di PESC prende il nome di Consiglio Affari esteri e, a differenza delle altre formazioni, è presieduta dall’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza.

Con riferimento al tema dei diritti umani, all’interno del Consiglio sono attivi:

- il Gruppo di lavoro sui diritti umani (COHOM) crea­to nel 1987 come meccanismo responsabile per le questioni attinenti ai diritti umani nel­le relazioni esterne dell’Unione Europea. Il Gruppo è composto dai rappresentanti delle unità che si occupano di diritti fondamentali all’interno dei Ministeri degli affari esteri dei 28 Paesi membri e dalla Commissione. Nella sua agenda sono compresi i vari aspetti della politica dell’UE in materia di diritti umani, in particolare, l’azione nei forum inter­nazionali, i «dialoghi sui diritti umani» con i Paesi terzi e questioni tematiche, così come situazioni urgen­ti di violazioni dei diritti umani;

- il Gruppo di lavoro «Diritti fondamentali, diritti dei cittadini e libera circolazione delle persone» (FREMP) che si occupa di tutti i temi relativi ai diritti fon­damentali, ai diritti dei cittadini, compresi la libera circolazione delle persone, i negoziati per l’adesione dell’Unione Europea alla CEDU, e il seguito delle relazioni dell’Agenzia dell’UE per i diritti fondamentali;

- il Gruppo di lavoro “Diritto internazionale pubblico” (COJUR), all’interno del quale opera una formazione dedicata alla Corte penale internazionale (COJUR-ICC).

A partire dal 1998 il Consiglio ha elaborato una serie di «linee guida» in materia di diritti umani che costituiscono il quadro di riferimento per la promozione e la protezione dei diritti umani nei Paesi terzi nell’ambito della politica estera e di sicurezza comune.

Tra i documenti più recenti in materia di diritti umani adottati dal Consiglio dell'Unione Europea si segnala il Quadro strategico in materia di diritti umani e democrazia e il nuovo Piano d'azione dell'Unione Europea 2015-2019.

Il Quadro strategico, adottato il 25 giugno 2012, ha come obiettivo quello di orientare l'azione dell'Unione nella promozione dei diritti umani e nelle relazioni bilaterali e multilaterali con gli altri paesi. Esso ha altresì lo scopo di sistematizzare l'attività fino a questo momento svolta dall'UE nelle relazioni bilaterali, nei dialoghi in materia di diritti umani e nei dialoghi politici, nelle missioni di gestione delle crisi nonché attraverso il suo impegno nelle istituzioni multinazionali.

Tra i principali obiettivi strategici enumerati nel documento risalta quello dedicato al proseguimento dell'integrazione dei diritti umani in tutte le politiche esterne dell'UE, inclusi il commercio, gli investimenti, l'energia, la tecnologia e le telecomunicazioni, l'ambiente, la cooperazione allo sviluppo, la lotta al terrorismo e la politica di sicurezza e di difesa comune.

Tra le priorità tematiche figurano invece la promozione della libertà di espressione, di opinione, di associazione e di riunione, la lotta contro la discriminazione in tutte le sue forme e la prosecuzione della campagna contro la pena di morte, la tortura e i trattamenti disumani.

A corredare il Quadro, il 20 luglio 2015 è stato adottato un nuovo “Piano d'azione” articolato in 113 azioni specifiche ripartite sotto 34 voci che gli Stati membri e le istituzioni dell'UE dovranno attuare entro la fine del 2019.


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Aggiornato il

10/4/2017