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Ampia vista della Sala dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, con due maxischermi ai lati del tavolo relatori, New York (USA)
© UN Photo/Paulo Filgueiras

La normativa e le politiche delle Nazioni Unite in materia di disarmo

Autore: Andrea Cofelice

Introduzione

 Nel corso della loro storia, le Nazioni Unite hanno inizialmente accordato priorità alla riduzione e all’eventuale eliminazione delle armi nucleari, alla distruzione delle armi chimiche ed al rafforzamento della proibizione delle armi batteriologiche. Se da un lato questi obiettivi sono rimasti costanti nel corso del tempo, la portata delle deliberazioni e dei negoziati si è progressivamente ampliata per accordarsi all’evoluzione della situazione politica internazionale.

Il risultato è che oggi la Comunità internazionale sta considerando con maggiore attenzione l’eccessiva e destabilizzante proliferazione delle armi leggere e di piccolo calibro, nonché il ricorso massiccio alle mine terrestri (fenomeni che minacciano direttamente lo sviluppo economico e sociale delle comunità coinvolte, oltre a causare numerose vittime civili, molte delle quali sono troppo spesso donne e bambini). E’ inoltre emersa la necessità di giungere a norme multilaterali negoziate per limitare la diffusione della tecnologia per missili balistici e dei residuati esplosivi bellici, e per regolare l’impatto delle nuove tecnologie dell’informazione e delle telecomunicazioni sulla sicurezza internazionale.

Infine, soprattutto a seguito dei tragici eventi dell’11 settembre 2001 negli Stati Uniti e dei successivi attacchi terroristici in molti Paesi, le Nazioni Unite hanno iniziato ad assumere specifiche iniziative e ad elaborare un’adeguata normativa per evitare il rischio che armi di distruzione di massa possano cadere nelle mani di attori non-statali.

 

Armamenti nucleari

Attraverso un’intensa attività diplomatica, le Nazioni Unite hanno promosso numerosi trattati multilaterali, al fine di ridurre gli arsenali nucleari, escludere il loro sviluppo da determinate regioni ed ambienti (ad esempio lo spazio extra-atmosferico od i fondali oceanici), limitare la loro proliferazione e porre fine ai test nucleari. Nonostante questi successi, la presenza di armi nucleari e la loro proliferazione rappresentano ancora oggi una grave minaccia alla pace internazionale e una delle principali sfide che la Comunità internazionale è chiamata ad affrontare. I problemi essenziali in quest’area riguardano, in particolare, la necessità di potenziare l’efficacia del regime di non-proliferazione nucleare attraverso controlli preventivi, e di limitare lo sviluppo e la proliferazione dei missili balistici e dei sistemi di difesa missilistici.

Accordi bilaterali sulle armi nucleari. Mentre gli sforzi per limitare le armi nucleari continuano in diversi forum internazionali, è stato generalmente accettato il principio secondo cui le potenze nucleari hanno una speciale responsabilità nel garantire la stabilità e la sicurezza dell’ambiente internazionale. A tal fine, durante e dopo la fine della guerra fredda, le due maggiori potenze nucleari hanno concluso una serie di accordi che hanno significativamente ridotto la minaccia di una guerra nucleare. I primi accordi bilaterali in materia tra Stati Uniti e Unione Sovietica (oggi Federazione Russa) sono stati sottoscritti nel 1972 (il Trattato sulla limitazione dei sistemi di missili balistici – Trattato ABM e l’Accordo provvisorio sulla limitazione delle armi offensive strategiche – SALT I); il più recente, invece, è il Nuovo Trattato sulla riduzione e limitazione delle armi offensive strategiche (Nuovo START), che risale all’aprile 2010.

Accordi multilaterali sulle armi nucleari e sulla non-proliferazione. Il Trattato di non-proliferazione nucleare (TNP), il più “universale” di tutti gli strumenti multilaterali sul disarmo, è stato adottato nel 1968 ed è entrato in vigore nel 1970: esso rappresenta la pietra miliare del regime internazionale di non-proliferazione nucleare. Al fine di monitorare il rispetto degli obblighi assunti ai sensi del Trattato, agli Stati parte è richiesto di accettare il sistema di controlli e garanzie posto in essere dall’Agenzia internazionale per l’energia atomica (IAEA). L’IAEA, inoltre, applica il proprio regime di garanzie anche in relazione ai Trattati regionali di Tlatelolco, Rarotonga,Bangkok e Pelindaba.

Nel 1996, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha adottato, a larghissima maggioranza, il Trattato per il bando totale dei test nucleari (CTBT). Originariamente proposto nel 1954 e adottato dopo circa 40 anni di discussione, il Trattato estende il divieto parziale di test nucleari approvato nel 1963 a tutti i tipi di ambiente. Il Trattato, tuttavia, sebbene abbia ottenuto 153 ratifiche (ottobre 2010), non è ancora entrato in vigore: dei 44 Stati elencati nell’Annesso II, la cui ratifica è necessaria affinché il Trattato possa entrare in vigore, 9 non hanno ancora firmato o ratificato tale strumento (Cina, Repubblica democratica popolare di Korea, Egitto, India, Indonesia, Iran, Israele, Pakistan e Stati Uniti). Il Segretario Generale delle Nazioni Unite, nella sua funzione di depositario del Trattato, ha promosso tra il 1999 e il 2009 sei Conferenze per favorire l’entrata in vigore del Trattato. Nel 1996, inoltre, è stato istituita la Commissione preparatoria per l’Organizzazione sul Trattato per il bando totale dei test nucleari, con sede a Vienna: si tratta di un organismo provvisorio, incaricato di predisporre un sistema di verifiche in vista dell'entrata in vigore del Trattato, e di promuoverne la ratifica universale.

Zone libere da armi nucleari. La Risoluzione 3472 (XXX) del 1975, adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, definisce “zona libera da armi nucleari” qualsiasi zona, riconosciuta come tale dall’Assemblea Generale, per la quale un gruppo di Stati, nel pieno esercizio della propria sovranità e in virtù di un trattato o di una convenzione internazionale, abbia definito: a) uno statuto che ne sancisca la totale assenza di armi nucleari; b) un sistema di verifiche e controlli internazionali per garantire l’osservanza degli obblighi derivanti da tale statuto. Il primo trattato regionale che istituisce una zona libera da armi nucleari in un’area popolata del mondo è il Trattato per la proibizione delle armi nucleari in America Latina e Carabi (Trattato di Tlatelolco), del 1967. In seguito, sono state istituite altre 4 zone: Pacifico del Sud (Trattato di Rarotonga) nel 1985; Sud-Est asiatico (Trattato di Bangkok) nel 1995; Africa (Trattato di Pelindaba) nel 1996; e Asia centrale (Trattato sulla zona libera da armi nucleari dell’Asia centrale), nel 2006. Sono state inoltre proposte, ma mai realizzate, zone libere da armi nucleari anche in Europa centrale, Asia meridionale a Medio Oriente. Infine, il principio per cui un singolo Stato possa dichiararsi zona libera da armi nucleari è stato ufficialmente riconosciuto dalla Comunità internazionale nel 1999, quando l’Assemblea Generale ha accolto favorevolmente la dichiarazione della Mongolia in tal senso (Risoluzione 53/77).

 

Armi chimiche e biologiche

I due principali strumenti giuridici in materia sono la Convenzione sulla proibizione dello sviluppo, produzione, stoccaggio ed uso di armi chimiche e sulla loro distruzione (CWC) e la Convenzione che vieta lo sviluppo, la fabbricazione e lo stoccaggio delle armi batteriologiche (biologiche) o a base di tossine e che disciplina la loro distruzione (BWC). L’entrata in vigore della CWC nel 1997 rappresenta il completamento di un processo iniziato nel 1925, con l’adozione del Protocollo di Ginevra concernente la proibizione di usare in guerra gas asfissianti, tossici o simili e mezzi batteriologici. La Convenzione prevede un rigoroso regime di verifiche internazionali per monitorare il rispetto degli obblighi assunti dagli Stati parte: a tal fine è stata istituita una apposita Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche.

Diversamente dalla CWC, la Convenzione sulle armi batteriologiche (biologiche), adottata nel 1972 ed entrata in vigore nel 1975, non prevede un meccanismo di verifica; gli Stati parte, tuttavia, provvedono ogni anno allo scambio di dettagliate informazioni, come misura di confidence building, su aspetti particolarmente sensibili, come ad esempio l’esistenza al proprio interno di strutture destinate a ricerche biologiche ad alto rischio. La Sesta conferenza di riesame degli Stati parte della Convenzione (2006) ha deciso di istituire una Implementation Support Unit (Unità di supporto all'implementazione - ISU) per assistere gli Stati parte ad implementare la Convenzione e a sviluppare ulteriori misure di confidence building.

 

Armi convenzionali, misure di trasparenza e di "Confidence Building"

Le Nazioni Unite danno le seguenti definizioni di armi leggere e di piccolo calibro: sono “armi leggere” (light weapons) le armi collettive trasportabili da due persone, da un animale da traino o da un piccolo veicolo: mitragliatori, lanciagranate, lanciamissili, cannoni portatili e mortai di calibro inferiore a 100 mm; sono “armi di piccolo calibro” (small arms) quelle individuali che possono essere trasportate da una persona sola: revolvers, pistole, fucili, carabine e mitragliatrici. Ad esse si aggiungono le relative munizioni, le bombe a mano, le mine terrestri e gli esplosivi.

Armi leggere e di piccolo calibro. Sin dalla fine della guerra fredda, la Comunità internazionale ha dovuto affrontare il problema del moltiplicarsi, in ogni parte del mondo, di conflitti intra-statali, in cui le armi leggere e di piccolo calibro sono largamente diffuse. Sebbene esse non rientrino tra le cause dei conflitti, tali armi, tuttavia, esasperano la violenza, facilitano il reclutamento di bambini-soldato, complicano l’assistenza umanitaria e ritardano la ricostruzione post-conflitto e lo sviluppo.

Nel 2001, una Conferenza internazionale sul traffico illecito di armi leggere e di piccolo calibro in tutti i suoi aspetti è stata organizzata dalle Nazioni Unite; il programma d’azione adottato al termine della Conferenza prevede che gli Stati si impegnino, tra l’altro, ad eseguire una marcatura obbligatoria e attendibile delle armi prodotte; a mantenere registri accurati sulla produzione ed il trasferimento di tali armi; a rafforzare la cooperazione internazionale per identificare e smantellare i traffici illeciti di armi; a garantire la distruzione degli stock di armi sequestrati. Il risultato è stato un forte incremento delle attività di contrasto al traffico illecito di armi: nei cinque anni successivi all’adozione del programma, circa 140 Paesi hanno elaborato rapporti sulle azioni intraprese in tal senso, mentre un terzo di essi ha compiuto sforzi concreti per requisire armi a gruppi o persone che non erano legalmente autorizzati a possederle. Nel 2006, si è svolta la Conferenza di riesame del programma d’azione sul traffico illecito di armi leggere e di piccolo calibro, alla quale hanno partecipato circa 2000 persone tra rappresentanti di Stati, organizzazioni internazionali e regionali ed esponenti della società civile.

Poiché, inoltre, il traffico illecito di armi convenzionali ha un impatto negativo su molti aspetti che riguardano in generale il lavoro delle le Nazioni (tra cui diritti dei bambini, diritto alla salute, rifugiati, sviluppo), queste ultime hanno istituito nel 1998 un meccanismo denominato “Azione coordinata sulle armi di piccolo calibro” (Coordinating Action on Small Arms - CASA), al fine di consentire ai vari organi ed agenzie delle Nazioni Unite di affrontare i vari aspetti legati al controllo delle armi di piccolo calibro in maniera coordinata.

Infine, il 12 gennaio 2010, l’Assemblea Generale, con Risoluzione 64/48, decide di convocare nel 2012 una Conferenza delle Nazioni Unite per l’elaborazione di un Trattato internazionale sul commercio di armi. Il Trattato rappresenterà uno strumento giuridicamente vincolante che dovrà individuare standard comuni a tutti gli Stati per la regolazione del commercio di armi convenzionali.

Mine antipersona La crescente ed incontrollata proliferazione delle mine antipersona nel mondo rappresenta un’altra problematica affrontata dalle Nazioni Unite. Nel 1995, la Conferenza di revisione della Convenzione sul divieto o la limitazione dell’impiego di talune armi classiche che possono essere ritenute capaci di causare effetti traumatici eccessivi o di colpire in modo indiscriminato ha adottato il Protocollo II sul divieto o la limitazione dell’impiego di mine, trappole ed altri dispositivi. Tale strumento, entrato in vigore nel 1998, prevede limitazioni all’uso e al trasferimento di alcune particolari categorie di mine terrestri. Tuttavia, una coalizione di Stati e organizzazioni non-governative, non soddisfatti di ciò che consideravano una risposta inadeguata ad una situazione di grave crisi umanitaria, ha iniziato a negoziare un trattato per la messa al bando totale delle mine antipersona. Tali negoziati hanno portato all’adozione, nel 1997, della Convenzione sul divieto di impiego, di stoccaggio, di produzione e di trasferimento delle mine antipersona e sulla loro distruzione, entrata in vigore nel 1999. L’efficace implementazione di entrambi questi strumenti ha portato alla distruzione degli stock di mine antipersona e alla bonifica di numerose aree minate nei Paesi più colpiti al mondo, come rivela il Rapporto di monitoraggio sulle mine terrestri (Landmine Monitor Report), pubblicato annualmente dalla Campagna internazionale per la messa al bando delle mine antipersona.

Registro delle armi convenzionali. Al fine di contribuire a rafforzare la sicurezza e le misure di confidence building tra gli Stati, l’Assemblea Generale ha istituito nel 1992 il Registro delle Nazioni Unite sulle armi convenzionali. Mediante tale meccanismo, gli Stati sono invitati a fornire, su base volontaria, informazioni relative ai trasferimenti di armi leggere e di piccolo calibro, nonché alle importazioni ed esportazioni di sette categorie di armi convenzionali offensive: carri armati da combattimento, veicoli blindati da combattimento, sistemi di artiglieria a largo calibro, aerei da combattimento, elicotteri d’attacco, navi e sottomarini da guerra, missili e lanciamissili. Tra il 1992 ed il 2010, 170 Paesi hanno fornito, almeno una volta, dati e informazioni al riguardo. Tali informazioni sono raccolte e rese pubbliche sottoforma di documenti ufficiali delle Nazioni Unite: si stima che il Registro riesca a dare informazioni su circa il 95% del commercio globale dei principali sistemi di armamento convenzionale.

Trasparenza delle spese militari. Un altro meccanismo globale finalizzato alla promozione della trasparenza negli affari militari è il questionario ufficiale standardizzato, approvato nel 1980 dall’Assemblea Generale con Risoluzione 35/142 B, che gli Stati membri delle Nazioni Unite sono chiamati ad utilizzare, su base volontaria, per dichiarare l’ammontare e la composizione delle spese militari entro il 30 aprile di ogni anno. Il Segretario Generale provvede, quindi, a presentare un rapporto annuale all’Assemblea Generale contenente le informazioni trasmesse volontariamente dai Governi. Ad oggi, 124 Paesi hanno utilizzato almeno una volta questo strumento.

Prevenzione della corsa agli armamenti nello spazio extra-atmosferico. Le problematiche relative allo spazio extra-atmosferico sono state affrontate nei forum internazionali secondo due direttrici principali: da un lato, l’applicazione pacifica della tecnologia spaziale; dall’altro, la prevenzione della corsa agli armamenti in questo ambiente. Questi temi sono stati discussi sia in seno all’Assemblea Generale (perlomeno a partire dalla Prima sessione speciale sul disarmo del 1978), sia dal Comitato delle Nazioni Unite sull’uso pacifico dello spazio extra-atmosferico e dai suoi organi sussidiari, sia dalla Conferenza sul disarmo (che dal 1982 ha inserito nella sua agenda il tema “Prevenzione della corsa agli armamenti”). Tali discussioni hanno contribuito alla conclusione di numerosi accordi su vari aspetti relativi all’uso pacifico e militare dello spazio extra-atmosferico.

Relazione tra disarmo e sviluppo. La questione della promozione dello sviluppo economico e sociale, soprattutto dei Paesi in via di sviluppo, attraverso le risorse ottenute attraverso il disarmo, con un efficace sistema di controllo internazionale, costituisce da tempo oggetto di discussione tra gli Stati membri delle Nazioni Unite. A tal fine, una Conferenza internazionale delle Nazioni Unite sulla relazione tra disarmo e sviluppo è stata organizzata nel 1987. Inoltre, nella Risoluzione 61/53 del 6 dicembre 2006, l’Assemblea Generale ha invitato la Comunità internazionale a devolvere allo sviluppo economico e sociale una parte delle risorse ottenute grazie all’applicazione degli accordi di disarmo e di limitazione degli armamenti, al fine di ridurre il gap tra Paesi ricchi e Paesi in via di sviluppo.

Approccio regionale al disarmo. Le Nazioni Unite promuovono le iniziative per il disarmo intraprese a livello regionale e sub-regionale, al fine di promuovere la sicurezza e le misure di confidence building tra gli Stati delle regioni interessate. Esse, inoltre, forniscono assistenza agli Stati per l'implementazione delle Linee guida e raccomandazioni per gli approcci regionali al disarmo, adottate dalla Commissione sul disarmo nel 1993. Per promuovere ulteriormente il disarmo regionale, le Nazioni Unite collaborano con organizzazioni e patti regionali (tra cui l'Unione Africana, l'Unione Europea, la Lega degli Stati Arabi, l'Organizzazione degli Stati Americani, l'Organizzazione della Conferenza Islamica, l'Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa ed il Patto di stabilità per l'Europa sud-orientale), nonché con organizzazioni non-governative internazionali e regionali.

Educazione ed informazione in materia di disarmo. Le Nazioni Unite svolgono le proprie attività di educazione e informazione sul disarmo multilaterale nell'ambito del Programma di informazione sul disarmo, attraverso pubblicazioni, eventi speciali, incontri, seminari, discussioni e mostre. Il Programma di fellowship delle Nazioni Unite sul disarmo, lanciato dall'Assemblea Generale nel 1978, ha formato oltre 600 pubblici ufficiali provenienti da oltre 150 Paesi, molti dei quali ricoprono ora posizioni di responsabilità nel campo del disarmo nei rispettivi Governi di origine. Nel 2002, l'Assemblea Generale ha adottato il rapporto del Gruppo di esperti sull'educazione al disarmo e alla non-proliferazione, in cui si riafferma che l'educazione al disarmo è parte costituente dell'educazione alla pace e ai diritti umani. Nel 2003 e nel 2004, le Nazioni Unite, in collaborazione con il network di ONG “Appello dell'Aia per la pace”, hanno realizzato un progetto di educazione al disarmo e alle armi di piccolo calibro, rivolto a bambini e adolescenti di quattro Paesi (Albania, Cambogia, Niger e Perù).

 

Terrorismo

A seguito degli eventi dell’11 settembre 2001, l'Assemblea Generale ha adottato per la prima volta, nel corso della sua 57° Sessione ordinaria del 2002, una risoluzione sulle misure per prevenire la possibilità che gruppi terroristici possano entrare in possesso di armi di distruzione di massa. Nel 2004, il Consiglio di Sicurezza ha adottato la sua prima decisione formale sui rischi della proliferazione di armi di distruzione di massa, soprattutto tra gli attori non-statali. Agendo ai sensi del Cap. VII della Carta delle Nazioni Unite, il Consiglio di Sicurezza ha adottato all’unanimità la Risoluzione 1540, imponendo agli Stati, tra l’altro, di astenersi da qualunque azione che possa favorire in qualsiasi modo lo sviluppo, l’acquisizione, la produzione, il possesso, il trasporto, il trasferimento o l’uso di armi di distruzioni di massa da parte di attori non-statali. In seguito, l'Assemblea Generale ha adottato la Convenzione internazionale per la soppressione degli atti di terrorismo nucleare, entrata in vigore nel 2007. Tuttavia, uno dei metodi più efficaci per prevenire la minaccia dell'uso di armi di distruzioni di massa da parte di gruppi terroristici consiste nel rafforzare il regime multilaterale già esistente per eliminare del tutto o limitare la proliferazione di tali armi.

Risorse

Aggiornato il

18/10/2010