Democrazia internazionale, via di pace. Per un nuovo ordine internazionale democratico, 1986

Premessa alla 1a edizione e Note alla 3a, 4a e 5a edizione del volume, Democrazia internazionale, via di pace. Per un nuovo ordine internazionale democratico, Milano, F. Angeli, 1986
Premessa alla prima edizione, 1986
Da alcuni anni, l’associazione-movimento Mani Tese sta riflettendo e agendo in relazione al tema «La fame interpella l’uomo».
Nell’ottobre del 1984, durante il Convegno di Viareggio, ho consegnato nelle mani del Presidente di Mani Tese un appunto intitolato «Movimento per un Nuovo ordine internazionale democratico, Noid». In esso sono ipotizzate, in termini molto generali, le linee di una strategia di mutamento del sistema delle relazioni internazionali in direzione della loro «umanizzazione» che, politicamente, vuole dire «democratizzazione». L’appunto faceva seguito a due relazioni in argomento da me svolte rispettivamente a Parigi (Unesco, dicem-bre 1982), in occasione del Colloquio internazionale per il centenario della nascita di Jacques Maritain, organizzato dall’«Institut International Jacques Maritain» con il patrocinio dell’Unesco, e a Milano (Museo della Scienza e della Tecnica, novembre 1983) durante il Convegno di Mani Tese su «La fame interpella l’uomo».
I giovani di Mani Tese si sono dimostrati, subito, particolarmente attenti e sensibili alla prospettiva di una rivoluzione internazionale nonviolenta per la umanizzazione, anzi la panumanizzazione, dei rapporti e delle istituzioni in-ternazionali. La riflessione ingegneristica continua con rinnovato slancio dopo che i partecipanti al Convegno internazionale di Mani Tese su «I giovani, lo sviluppo e la partecipazione dei popoli» (Firenze, Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio, 24 novembre 1985) hanno lanciato un appello per l’attivazione di una «Costituente per la pace e lo sviluppo».
Il mio antico interesse per il tema della democrazia internazionale, che ha orientato tutte le mie ricerche sui problemi dell’unificazione europea, influenza ora la mia riflessione sui possibili processi di mutamento al livello del sistema internazionale globale. Il presente volume, frutto di ricerca cosi orientata, e legato al dialogo coi giovani di Mani Tese, coi miei studenti nell’Università di Padova e nel Centro di studi e di formazione sui diritti dell’uomo e dei popoli (istituito nel 1982 sempre dell’Università di Padova) con colleghi di università italiane e straniere, con dirigenti di organismi nongovernativi e intergover-nativi, con i tanti giovani che ho incontrato durante convegni, conferenze e tavole rotonde.
La nostra preoccupazione di fondo è triplice:
- come assicurare finalizzazione umana al sistema della politica internazio-nale;
- come assicurare continuità ai ruoli politici «umani» dal quartiere all’ONU e far sì che giustizia, solidarietà, democrazia abbiano la medesima identità sostanziale, dal quartiere all’ONU;
- individuare i termini concreti, specifici, a partire da ora, di una comune strategia del mutamento internazionale.
Gli stati-nazione «sovrani» non possono, non devono più oltre agire quali soggetti unici ed esclusivi della politica internazionale. Il «codice» internazio-nale dei diritti umani fondamentali – che è oggi diritto internazionale positivo, scritto – aiuta a pensare, in piena legittimazione e in termini immediatamente operativi, alla «liberazione» di nuova soggettualità internazionale autenticamen-te umana – persone, associazioni, movimenti, popoli – per la trasformazione strutturale del sistema internazionale.
Cosa fare, attraverso chi, con quali mezzi e procedure, dove, quando: sono gli interrogativi ai quali cerco di rispondere con la massima franchezza, pienamente consapevole che non si può più indugiare nella legittimazione, più o meno pas-siva, di una struttura tanto consolidata e «sacrale» quanto disumana e criminale come quella dei rapporti fra le sovranità statuali belligene del mondo.
«Quanto può dirsi, si può dir chiaro», scriveva Ludwig Wittgenstein. La critica alle sovranità belligene degli stati-nazione scaturisce dal potere-dovere di «dire con franchezza», in nome della dignità della persona umana, e di «costruire» partendo da questo.
Gli stati «sovrani» non riescono a frenare la corsa agli armamenti, il commer-cio delle armi, la violazione dei diritti umani, la degradazione dell’ambiente naturale.
Esistono altri soggetti che possono fare ciò che gli stessi stati sovrani da soli dimostrano di non sapere fare? Esistono spazi, o quanto meno «interstizi», che permettano concretamente ai «soggetti umani internazionali» di operare la rivoluzione internazionale nonviolenta per la promozione umana? Giorgio La Pira, guardando a Giovanni XXIII, a John F. Kennedy, a Nikita Kruscev nei loro sforzi di pace, li assimilava a dei «contadini», a dei «facitori» sinceri e tenaci di pace e scriveva: «E quando le cose sono a questo punto – siamo in una stagione atomica –, ci vogliono dei “contadini” che siano capaci di impedire la distruzione del pianeta e del genere umano. Ci vogliono dei “contadini” adeguati: il piano storico deve inevitabilmente, per cosi dire, prevedere uomini adeguati a questa situazione, a questo unico problema: trasformare, secondo il testo di Isaia, le armi in aratri vincendo così I’equilibrio del terrore». Oggi, il «piano storico», e di esso questo volume tiene conto, prevede «ine-vitabilmente», più che singoli leaders illuminati, i contadini collettivi della pace: sono le associazioni e i movimenti di promozione umana, nazionali e internazionali.
Assisi, 25 ottobre 1986
Nota alla terza edizione, 1990
La nuova edizione del volume vede la luce in un momento particolarmente ricco di processi di trasformazione all’interno del sistema della politica in-ternazionale. Ai diritti umani e ai valori di democrazia fanno riferimento i movimenti popolari nei paesi dell’(ex) Est europeo, nell’America Latina, nel Nepal, in Cina, in Tibet, in Sud Africa. Il Codice internazionale dei diritti umani è un codice realmente universale. Le organizzazioni nongovernative, ONG, operanti a fini di promozione umana, aumentano di numero, prendono coscienza del loro ruolo politico ‘costituente’ e si coordinano su scala nazio-nale, continentale e planetaria.
Nell’ambito del Consiglio d’Europa è stata varata la prima Convenzione di diritto internazionale per il riconoscimento della personalità giuridica delle ONG in base a criteri di ‘utilità internazionale’. Nel Documento conclusivo della Conferenza per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa, CSCE, adot-tato a Vienna nel gennaio 1989, anche la diplomazia di vertice «apre» alla partecipazione delle associazioni nongovernative. La rete delle ONG europee, impegnate per la pace e i diritti umani, sta lavorando per convocare a Praga, alla fine del 1990, la prima Assemblea paneuropea dei cittadini nell’intento di avviare la democratizzazione del «sistema di Helsinki», e porre le giuste fondamenta dell’Europa-casa comune. La stessa rete di ONG, all’insegna di «1990: Time for Peace», il 30 dicembre 1989 ha stretto Gerusalemme con una ‘catena umana’ di solidarietà.
Nel mondo dell’educazione, scolastica e extrascolastica, aumenta l’attenzione per il tema ‘pace e diritti umani’ come centrale nei programmi di educazione civica e politica. Nell’Università di Padova ha iniziato i suoi corsi la Scuola triennale di specializzazione in Istituzioni e tecniche di tutela dei diritti uma-ni, informata all’approccio internazionalistico dei diritti della persona e dei popoli.
Si parla sempre più della necessità di un governo mondiale e dell’ONU come della sua sede naturale.
Occorrono nuovi paradigmi per leggere e capire la realtà internazionale in tutta la sua estensione e complessità. Anche tra i cosiddetti realisti della scienza delle relazioni internazionali si fa strada il convincimento che sta avvenendo una mutazione genetica della politica e che non può più oltre procedersi in ottica statocentrica.
Il tema della democrazia è sempre più attuale. Il paradigma «democrazia in-ternazionale», come dire democrazia dal quartiere all’ONU, non è fuori dal corso della storia.
Padova, Pasqua 1990
Nota alla quarta edizione, 1991
Diritti umani e democrazia: un paradigma, lo stesso paradigma universale, sempre più insistentemente propugnato da quanti, soggetti individuali e col-
lettivi, si prefiggono obiettivi di liberazione e di promozione umana, ovunque nel mondo.
Soprattutto all’interno del «continente nonterritoriale» dell’associazionismo, la democrazia internazionale è ormai diffusamente percepita nella sua corretta accezione, che è quella di partecipazione politica popolare al funzionamento degli organismi internazionali intergovernativi e, più in generale, ai processi decisionali di politica internazionale.
Nei primi anni di vita di questo volumetto sono accaduti eventi di ecceziona-le portata quali, al positivo, le rivoluzioni nonviolente nei paesi dell’Europa orientale e centrale e, al negativo, la strumentalizzazione dell’ONU a fini di guerra nella vicenda del Golfo.
Il «deficit democratico» dell’ONU è di tutta evidenza. La democratizzazione del sistema delle Nazioni Unite è una esigenza non più oltre eludibile.
Per la quarta edizione del libro non ritengo di dover apportare modifiche al testo, se non per aggiornare taluni dati relativi alla machinery internazionale dei diritti umani, in sviluppo.
E in sviluppo è anche l’associazionismo che opera a fini di promozione umana «dal quartiere all’ONU». In esso ripongo le mie rinnovate speranze di pace e di umanizzazione delle relazioni internazionali. Su di esso continuo a scom-mettere, anche scientificamente: è infatti in aumento la politicizzazione delle forze transnazionali «non profit» insieme con la loro propensione costituente di nuovo ordine internazionale democratico.
Padova, maggio 1991
Nota alla quinta edizione, 1994
La 5a edizione di «Democrazia internazionale, via di pace» vede la luce nel 50° anniversario della creazione dell’Organizzazione delle Nazioni Unite. Più che mai attuali risuonano le parole con cui si apre la Carta di San Francisco: «Noi Popoli delle Nazioni Unite, decisi a salvare le future generazioni dal flagello della guerra..., a riaffermare la fede nei diritti fondamentali della per-sona...». Di ONU c’è bisogno, ma di ONU dei popoli, sottratta, mediante la democratizzazione dei suoi organi e dei suoi processi decisionali, alle illegali strumentalizzazioni degli stati più forti.
Insieme con il problema dell’ONU dei popoli si pone, con la stessa urgenza, quello della statualità sostenibile, ovvero della ricerca di nuove forme di sta-tualità, coerenti con il paradigma universale dei diritti umani, da declinare ai vari livelli in cui si esercitano funzioni di governo: dall’ente locale all’ONU. Il contenuto dei cinque primi capitoli del volume rimane sostanzialmente inva-riato, con qualche ineludibile aggiornamento. Il sesto capitolo è nuovo: «Per i diritti di cittadinanza: dallo stato confinario allo stato sostenibile» sostituisce il precedente «Costituzione italiana e valori di pace».
Un parziale aggiornamento bibliografico è quello contenuto in quest’ultimo capitolo.
Padova, Avvento 1994