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L'emblema della Repubblica Italiana, adottato il 5 maggio 1948, caratterizzato da tre elementi: la stella, la ruota dentata, i rami di ulivo e di quercia.

Lo stato delle istituzioni nazionali per i diritti umani in Italia

Autore: Andrea Cofelice

La situazione in Italia è atipica e va analizzata distinguendo il livello nazionale da quello sub-nazionale:

a) Livello nazionale
In Italia non esiste né la Commissione nazionale per i diritti umani né il Difensore civico nazionale. Esistono invece Autorità pubbliche di promozione dei diritti umani con mandati settoriali (la Direzione generale per la cooperazione politica multilaterale e i diritti umani presso il Ministero degli affari esteri; il Dipartimento per le pari opportunità presso il l’Ufficio del Ministro per le pari opportunità; la Commissione nazionale italiana per l’Unesco; il Comitato nazionale per la bioetica; l’Osservatorio nazionale per l’infanzia e l’adolescenza ecc.) e soprattutto due organismi governativi sui diritti umani: il Comitato interministeriale per i diritti umani (CIDU), istituito presso il Ministero degli affari esteri con il compito precipuo di elaborare i rapporti che periodicamente l’Italia è tenuta, per obbligo giuridico internazionale, a sottoporre ai competenti organi internazionali (c.d. Treaty Bodies), e il Comitato dei Ministri per l’indirizzo e la guida strategica in materia di tutela dei diritti umani, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, con funzioni di indirizzo e di coordinamento delle attività dei vari organismi istituzionali che operano in ambito diritti umani. Questi due Comitati pertengono alla sfera delle competenze, dei poteri e delle funzioni delle istituzioni governative, non meno necessarie, ovviamente, di quegli organismi “indipendenti”, la cui istituzione è insistentemente raccomandata a livello internazionale.

b) Livello sub-nazionale A livello comunale, provinciale e regionale, in virtù soprattutto della norma pace diritti umani inserita in migliaia di statuti comunali e provinciali a partire dal 1991, nonché di apposite leggi regionali (esemplare il caso della Regione Veneto, a partire dalla Legge n.18 del 1988, rivista e ampliata dalla Legge n. 55 del dicembre 1999), esistono:

  • Consulte per i diritti umani (la pace, la cooperazione allo sviluppo, la solidarietà internazionale);
  • Assessorati ad hoc;
  • Dipartimenti e uffici ad hoc;
  • Difensori civici;
  • Pubblici tutori dei minori.

Nonostante questa ricca e originale articolazione sub-nazionale (unica del suo genere al mondo), mancano, dunque, in Italia le strutture apicali dei diritti umani riconducibili al modello raccomandato in sede universale ed europea e già ampiamente attuato - con diversi adattamenti - in molti paesi dei vari continenti, soprattutto in Europa.

Per mettere il Paese in regola con gli standards internazionali e toglierlo dall’imbarazzante posizione di fanalino di coda all’interno del sistema europeo (Consiglio d’Europea e Unione Europea) occorre evidentemente procedere subito alla costituzione sia della Commissione nazionale per i diritti umani sia del Difensore Civico nazionale, come d’altronde esplicitamente dichiarato e scritto nell’atto di candidatura dell’Italia al Consiglio diritti umani delle Nazioni Unite. È soltanto questione di volontà politica di vertice se è vero, com’è, che l’humus infra-nazionale è ampiamente maturo ed esprime esigenze di coordinamento e congrua rappresentanza internazionale. 

In questa direzione, peraltro, stanno spingendo le 74 organizzazioni non-governative che fanno parte del cartello denominato Comitato per la promozione e la protezione dei diritti umani, costituitosi nel 2002. È lecito attendersi che il Comitato dei Ministri e il CIDU, nel rispetto delle prerogative del Parlamento, facciano proprie le sollecitazioni che provengono dal Comitato delle ONG, allo scopo di favorire la definitiva sistemazione delle strutture permanentemente preposte ai diritti umani, bilanciando la valenza governativa e la valenza indipendente.

Aggiornato il

1/4/2010