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26/11/2010
Navi Pillay, Alto Commmissario delle Nazioni Unite per i diritti umani
© UN Photo

Nazioni Unite, Alto Commissario per i diritti umani: “Siamo complici della violenza sulle donne?”

Nel messaggio diffuso in occasione della Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne, l’Alto Commissario delle Nazioni Unite, Navi Pillay, ha sottolineato che, nonostante i grandi passi compiuti da molti paesi per garantire alle donne pieni diritti, ancora oggi “la violenza fisica e psicologica continua su scala mondiale, in gran parte celata, ignorata, messa a tacere”.

Navi Pillay ha affermato che stime recenti rilasciate dalle Nazioni Unite indicano che in alcuni paesi circa il 60% delle donne rischia di trovarsi, almeno una volta nella vita, in situazioni di violenza fisica e psicologica, spesso perpetrata da soggetti appartenenti all’ambiente familiare. “Gli stessi dati chiariscono che nessun paese, povero o ricco che sia, a regime dittatoriale o democratico, è fino ad ora stato in grado di eliminare la violenza contro le donne”.

L’Alto Commissario ha poi invitato la società a non dimenticare né sottovalutare il fenomeno. Un tale atteggiamento, secondo la sua opinione, si configurerebbe come una forma involontaria di complicità collettiva.
“Ci siamo forse abituati al problema nonostante i sondaggi e le manifestazioni di turbamento durante l’iniziativa dei Sedici Giorni contro la Violenza sulle Donne? Stiamo inconsciamente minimizzando il problema considerandolo 'una normale' -  di certo deplorevole - realtà della vita? È necessario che la notizia di una violenza sia affiancata da un’immagine particolarmente scioccante - come quella di una ragazza lapidata, di uno stupro collettivo, di una serie di delitti d’onore - per attrarre l’attenzione? Per poco tempo. Per un giorno o due”, così prosegue il comunicato.

Concludendo, Navi Pillay ha poi affermato la necessità di un maggior coinvolgimento, di uomini e donne, per l'implementazione di norme internazionalmente accettate, e per l'abbattimento di quella accettazione culturale, sociale e statale della violenza e della discriminazione, al fine di far sì che tali comportamenti vengano percepiti “come una violazione dei diritti umani che implica conseguenze di ampia portata per gli individui e la società”.