sparizioni forzate

Giornata internazionale delle vittime di sparizione forzata, 30 agosto

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In occasione della Giornata internazionale delle vittime di sparizione forzata, celebrata il 30 agosto di ogni anno e istituita dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite con l’adozione della risoluzione 65/209 il 21 dicembre 2010, l’ONU richiama l’attenzione globale su l'allarmante aumento dei casi di sparizione forzata nel mondo.

La sparizione forzata, definita nella Dichiarazione sulla protezione di tutte le persone dalla sparizione forzata del 1992, si verifica quando individui vengono arrestati, detenuti o rapiti contro la loro volontà da funzionari governativi o da gruppi che agiscono con il consenso dello Stato, seguito dal rifiuto di rivelare il destino o l’ubicazione delle persone scomparse. Secondo lo Statuto di Roma della Corte Penale Internazionale e la Convenzione internazionale per la protezione di tutte le persone dalla sparizione forzata, quando viene perpetrata in maniera sistematica e capillare contro i civili, essa si qualifica come crimine contro l’umanità, facendo decadere i limiti temporali per il suo perseguimento.

Un tempo associata principalmente alle dittature militari, oggi si verifica anche in situazioni di conflitto interno e come strumento di repressione politica. Particolarmente preoccupanti sono le vessazioni e le intimidazioni a cui sono sempre più esposti i difensori dei diritti umani e i familiari delle vittime, l'uso improprio delle attività antiterrorismo da parte degli stati come pretesto per violare gli obblighi internazionali, e l'impunità diffusa per questi crimini.

Le conseguenze della sparizione forzata coinvolgono una molteplicità di livelli, che vanno dal singolo individuo alla collettività. Con la sparizione forzata, la vittima viene strappata alla protezione garantita dallo stato di diritto e privata di ogni tutela, rendendola così estremamente vulnerabile a gravi violenze fisiche e psicologiche da parte dei perpetratori del crimine. I suoi familiari sono sottoposti a uno stato di persistente sofferenza psicologica a causa dell’attesa con cui devono confrontarsi e dell’incertezza che avvolge il destino del proprio caro, oltre a dover affrontare rischi personali e minacce nel tentativo di ottenere maggiori informazioni. Inoltre essi devono fare i conti anche con le implicazioni economiche che l’assenza del proprio caro determina, soprattutto quando quest’ultimo ricopriva il ruolo di capofamiglia, dato che il loro accesso a forme di supporto economico è ostacolato ulteriormente dalla mancanza di un certificato di morte, documento essenziale in molti paesi per potervi accedere. Nella maggior parte dei casi sono le donne a doversi far carico della domanda di verità giustizia che la scomparsa di una persona pone e delle ripercussioni concrete che quest’ultima ha sulla propria famiglia. Tutto ciò, infine, determina effetti distruttivi sulle singole comunità e della società nel suo insieme, andando a ledere il loro tessuto economico e sociale.

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