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L’impatto della pandemia di COVID-19 sul lavoro minorile

Autore: Anna Fornasier, studentessa della laurea magistrale in "Human Rights and Multi-level Governance"

La grave crisi sanitaria ed economica apportata dalla diffusione del COVID-19 in tutto il mondo ha messo e mette tuttora in pericolo i diritti dei bambini così come delineati dalla Convenzione ONU sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 20 novembre del 1989. In altre parole, come afferma Human Rights Watch nel rapporto delineante i diritti umani dei minori maggiormente a rischio e quelle misure che i governi dovrebbero adottare per tutelare tali diritti nel contesto dell’emergenza sanitaria, anche se i minori che contraggono il COVID-19 sembrano presentare sintomi meno importanti e gravi rispetto agli adulti, gli effetti che l’emergenza sanitaria ha avuto ed ha sui bambini e ragazzi è devastante. Il rapporto di Human Rights Watch delinea quei diritti umani dei bambini a rischio dallo scoppio dell’emergenza sanitaria. Tra essi compare il diritto di essere protetto dallo sfruttamento economico e di non essere coinvolto in alcun lavoro che comporti rischi per la salute o metta a repentaglio l’educazione (art. 32 – Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza). La violazione di questi diritti mette a rischio tutti i progressi ad oggi raggiunti contro il lavoro minorile, minacciando non solo una battuta d’arresto, ma anche una regressione.

Questa scheda si occupa di analizzare le cause che durante la pandemia di COVID-19 hanno portato all’aumento dei bambini coinvolti nel lavoro minorile e all’aggravarsi della situazione di quei bambini già coinvolti, associandole ad una serie di raccomandazioni delineate da alcuni attori internazionali tra i quali spiccano l’Organizzazione Internazionale del Lavoro e l’UNICEF. 

L’Organizzazione Internazionale del Lavoro agisce contro il lavoro minorile attraverso il Programma Internazionale per l’eliminazione del lavoro minorile (IPEC+), il quale lavora in linea con il traguardo 7 dell’ “Obiettivo 8: Lavoro Dignitoso e Crescita Economica”, appartenente agli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile: “Adottare misure immediate ed efficaci per eliminare il lavoro forzato, porre fine alla schiavitù moderna e al traffico di esseri umani e assicurare la proibizione e l'eliminazione delle peggiori forme di lavoro minorile, incluso il reclutamento e l'impiego di bambini-soldato, e, entro il 2025, porre fine al lavoro minorile in tutte le sue forme”. Il Programma individua nella povertà estrema la causa maggiore di coinvolgimento nel lavoro minorile, stimando che 42-66 milioni di bambini e ragazzi siano soggetti a povertà estrema come conseguenza della crisi economica scoppiata con la diffusione in tutto il mondo della pandemia di COVID-19, incrementando il numero di bambini già in povertà (386 milioni nel 2019). 

L’IPEC+ ha quindi adattato le misure già in azione alla risposta al COVID-19, adottando un approccio incentrato sui diritti umani così delineato:

  • Sfruttare la sua presenza in 62 Paesi e l’impegno politico dei paesi “pathfinder”, membri dell’ “Alleanza 8.7” (un partenariato globale che si pone l’obiettivo di adottare misure immediate ed efficaci al fine di eliminare il lavoro forzato, la schiavitù moderna, la tratta degli esseri umani e il lavoro minorile, conformemente a quanto previsto dall’Obiettivo 8.7 dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile);
  • Mobilitare reti globali e regionali, compresi partenariati come l’ “Alleanza 8.7”, organismi delle Nazioni Unite e gruppi di lavoro inter-agenzia, iniziative regionali e organizzazioni;
  • Mettere a disposizione dati e informazioni per far luce sugli impatti del COVID-19 sul lavoro minorile;
  • Investire in soluzioni di monitoraggio sensibili al genere;
  • Promuovere il dialogo sociale e la partecipazione attiva delle organizzazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori nel pianificare e implementare misure di ripresa e recupero;
  • Innovare le sue operazioni per renderle capaci di affrontare la crisi senza precedenti creata dal COVID-19.

L’OIL ha inoltre svolto uno studio in collaborazione con il Fondo delle Nazioni Unite per l’Infanzia - UNICEF concretizzato nella realizzazione di un rapporto pubblicato in data 20 giugno 2020 e intitolato “COVID-19 and Child Labour: a Time of Crisis, a Time to Act”. Lo studio rivela come, durante la pandemia di COVID-19, i minori già coinvolti nel lavoro minorile potrebbero essere costretti a svolgere orari di lavoro più lunghi, e come altri potrebbero essere spinti verso il lavoro minorile. Henrietta Fore, Direttore esecutivo dell’UNICEF, ha affermato: “In tempi di crisi, il lavoro minorile diventa un meccanismo di difesa per molte famiglie”. Questo viola l’art. 32 della Convenzione sui diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza, la Convenzione 182 dell’OIL sull’Eliminazione delle Peggiori Forme di Lavoro Minorile (1999) e la Convenzione 138 dell’OIL sull’Età Minima (1973), strumenti giuridici che riconoscono il diritto di ogni bambino di essere protetto dallo sfruttamento economico e dall’eseguire qualsiasi tipo di lavoro il quale interferisca con il diritto all’educazione o che crei danno alla salute del bambino. 

Oltre alla crescente povertà creata dall’emergenza sanitaria, ciò che minaccia ancor più i progressi raggiunti in vista dell’eliminazione del lavoro minorile è la temporanea chiusura delle scuole. Questo, oltre a creare un divario netto tra coloro che si possono permettere una connessione ad internet e dispositivi per seguire le lezioni online a distanza e coloro che invece non hanno accesso a tutto questo, porta le famiglie a cercare un altro tipo di occupazione per i propri figli, che come testimoniato dal rapporto, spesso si concretizza in attività lavorative. In particolare, a fine marzo 2020 l’UNESCO stimava che la chiusura delle scuole avesse colpito il 91% degli studenti, più di 1,5 miliardi di studenti, di cui 743 milioni bambine. In relazione a questo, la Marcia Globale contro il lavoro minorile (1998 – una rete globale di sindacati, associazioni e organizzazioni di società civile impegnati nella lotta contro il lavoro e lo sfruttamento minorile, la schiavitù, il traffico e nel garantire un libero accesso ai minori a una buona educazione) evidenzia come la chiusura delle scuole abbia portato ad un riaffermarsi della differenza di genere. In altre parole, una maggiore quantità di bambine si trova esclusa dalla didattica a distanza, in quanto sono più i bambini che possiedono dispositivi in grado di navigare su internet rispetto alle bambine. La Marcia Globale ritiene necessario un intervento congiunto tra la società civile, i governi, le imprese, i donatori e le organizzazioni intergovernative e di aiuto umanitario, nel rendere prioritaria la questione dell’educazione accessibile a tutti; nell’assistenza economica a famiglie in povertà; e ultimo ma non meno importante, nel non accettare nessun tipo di allentamento nell’applicazione della legislazione sul lavoro minorile. 

UNICEF e OIL hanno impegnato le proprie risorse nella risposta al COVID-19 fin dal principio. Da una parte, l’OIL ha teorizzato 4 pilastri per rispondere alla crisi: (1) stimolare economia e occupazione; (2) supportare le imprese, gli impieghi e le entrate; (3) proteggere i lavoratori sul luogo di lavoro; (4) fare affidamento al dialogo sociale. Attraverso questi pilastri, l’OIL invita i governi, i datori di lavoro e le organizzazioni dei lavoratori ad impegnarsi nell’adozione di misure per rispondere a tutte le dimensioni colpite dalla crisi (salute, economia e società). Dall’altra parte, l’UNICEF chiede una maggiore collaborazione globale nel prevenire che la crisi sanitaria si trasformi in una crisi dei diritti dei bambini. L’agenda dell’UNICEF si articola, quindi, nel seguente modo: mantenere i bambini sani e ben nutriti; raggiungere i bambini più vulnerabili con acqua e servizi igienico-sanitari; garantire l’apprendimento dei bambini; supportare le famiglie nel soddisfacimento del fabbisogno e della cura dei propri figli; proteggere i bambini da violenza, sfruttamento e abusi; proteggere i bambini rifugiati e migranti, e quelli interessati dai conflitti. Le azioni di entrambi gli attori si congiungono nella realizzazione di un medesimo obiettivo: influenzare la risposta al COVID-19 con la missione prioritaria di eliminare il lavoro minorile.

Il rapporto sottolinea, inoltre, come il grande tasso di mortalità associato alla pandemia di COVID-19 lasci i minori senza la supervisione di adulti, membri della famiglia (genitori e parenti), rendendoli quindi più vulnerabili e suscettibili al lavoro minorile e ad altre forme di sfruttamento e maltrattamento. 

La pandemia globale di COVID-19 presenta, inoltre, un potenziale impatto preoccupante sul lavoro minorile in agricoltura, come dichiarato dall’Alleanza Internazionale di Cooperazione contro il Lavoro Minorile in Agricoltura (IPCCLA). L’Alleanza teme che molti bambini e bambine possano aggiungersi ai 108 milioni già coinvolti nel lavoro minorile in agricoltura. Per questo, l’IPCCLA ha lanciato un appello per una risposta immediata, coordinata sia a livello nazionale che internazionale, per garantire un supporto alle famiglie rurali più vulnerabili ed evitare che un numero sempre maggiore di minori venga coinvolto nel lavoro agricolo. L'IPCCLA continuerà a fornire assistenza tecnica e ad agevolare il dialogo e la cooperazione con i governi e le parti rurali per promuovere un’azione volta a sradicare il lavoro minorile in agricoltura. Il partenariato cercherà inoltre di influenzare le risposte del COVID-19 in modo tale da garantire il rispetto del benessere dei bambini, riducendo al minimo gli impatti negativi sull'agricoltura e sui mezzi di sussistenza rurali.

Lo studio di UNICEF e OIL si conclude con una riflessione importante che rende evidente come la complessità del lavoro minorile e la particolarità della crisi sollevata dal COVID-19 non rendano possibile un'unica soluzione. L’aspetto più importante consiste nel prendere le giuste decisioni sia dal punto di vista socioeconomico che da quello inerente alla protezione dei bambini, salvaguardando così le famiglie e i loro figli: attuare misure di protezione sociale (espandere il meccanismo dei sussidi in denaro, garantire l’accesso ai servizi sanitari, supportare il mondo del lavoro e delle entrate, garantire la sicurezza alimentare); garantire l’accesso al credito (per mantenere i bambini a scuola ed evitare il lavoro minorile); creare migliori condizioni di lavoro; assicurare l’accesso dei bambini all’educazione; rinforzare l’amministrazione del lavoro e la sua applicazione; proteggere la salute e la sicurezza dei lavoratori; finanziare i servizi sociali per i lavoratori e trattarli come essenziali; invitare i governi e le organizzazioni basate sulla comunità a continuare a supportare iniziative in grado di cambiare le normative in vigore e l’accettazione del lavoro minorile; garantire una maggiore informazione in relazione al lavoro minorile per rispondere al COVID-19. 

Infine, è utile citare il modello di simulazione pianificato da UNICEF e OIL, volto a migliorare il monitoraggio globale sul lavoro minorile attraverso una stima dell’impatto che la pandemia globale di COVID-19 avrà sul lavoro minorile. I due attori dichiarano che i risultati di tale studio saranno raggiunti e resi pubblici nel 2021. 

Alla luce di quanto detto, nonostante l’emergenza sanitaria sembri avere delle priorità diverse, in un contesto come quello attuale è essenziale non dimenticarsi dell’importanza di intervenire urgentemente attraverso misure mirate all’eliminazione del lavoro minorile, evitando così il rischio di compiere passi indietro allontanandosi dai traguardi fino ad ora raggiunti e migliorando la condizione di quei minori già coinvolti. 

Aggiornato il

7/8/2020