Il lavoro minorile nel settore del cotone in Uzbekistan

Sommario
- Introduzione
- Contesto storico: dall’Impero Russo all’indipendenza del Paese
- Il lavoro minorile nell’industria del cotone in Uzbekistan
- Pressione e difesa internazionale
- Riforme nazionali adottate dal presidente Mirziyoyev
- Conclusione
Introduzione
Il lavoro minorile rimane una delle più gravi violazioni dei diritti umani al mondo, che priva milioni di bambini di diversi diritti umani come l'istruzione, la salute e la dignità. Secondo Save the Children si stima che 160 milioni di bambini di età compresa tra i 5 e i 17 anni lavorino in tutto il mondo, di questi, quasi 79 milioni svolgano lavori pericolosi che mettono a repentaglio la loro salute e il loro benessere psicologico.
In Asia centrale, l'Uzbekistan è uno dei Paesi da sempre associato al lavoro minorile sponsorizzato dallo Stato, in particolare nel settore del cotone, che rappresenta la linfa vitale dell'economia. Per decenni, la tradizionale raccolta annuale del cotone in Uzbekistan ha comportato la mobilitazione forzata di scolari, studenti universitari e dipendenti pubblici, come insegnanti e medici. Nonostante i progressi graduali registrati nell'ultimo decennio, il settore del cotone uzbeko rappresenta un caso di studio significativo per analizzare come le violazioni dei diritti umani radicate vengano mantenute e, in ultima analisi, affrontate.
Questa tesi ripercorre lo sviluppo storico del lavoro minorile nel settore del cotone in Uzbekistan, spiegando i fattori determinanti del cambiamento e le forze che li determinano, sia interne che esterne, e valuta il percorso del Paese verso la tutela dei diritti dei bambini.
Contesto storico: dall'Impero russo all'indipendenza del Paese
La produzione di cotone in Uzbekistan risale al periodo coloniale. Negli anni '60 del XIX secolo, nell'ambito della sua espansione imperiale, l'Impero russo cercò di sviluppare la coltivazione del cotone nelle aree centroasiatiche appena annesse per arginare le importazioni di cotone americano. Il clima favorevole e i terreni fertili dell'Uzbekistan ne fecero un centro di produzione importante.
Dopo la Rivoluzione bolscevica del 1917, l'Unione Sovietica incrementò la monocoltura del cotone in Uzbekistan, dando priorità assoluta all'estrazione di materie prime per sostenere le proprie ambizioni industriali. Grandi progetti di irrigazione, come lo scavo di canali lungo i fiumi Amu Darya e Syr Darya, permisero un aumento della produzione di cotone a costo del prosciugamento del Mare d'Aral.
Negli anni '50, il cotone, chiamato anche "oro bianco", rappresentava un pilastro dell'economia sovietica. Costretti a rispettare quote irrealistiche, i funzionari uzbeki iniziarono una diffusa corruzione, falsificando i rapporti di produzione e ricorrendo al lavoro forzato e minorile per raccogliere la massima quantità di cotone. Tutto ciò culminò nel famoso scandalo del cotone degli anni '80, che contribuì alla crisi di credibilità dell'Unione Sovietica.
L'Uzbekistan dichiarò l'indipendenza dall'Unione Sovietica in seguito al suo collasso nel 1991. Tuttavia, il dominio sovietico non fu seguito dalla libertà per i cittadini uzbeki. Islam Karimov, presidente autocratico uzbeko dal 1991 fino alla sua morte nel 2016, mantenne saldamente il controllo dello Stato sul settore del cotone. Ogni autunno, lo Stato organizzava una "mobilitazione di massa" per la coltivazione del cotone, imponendo il coinvolgimento di bambini, studenti universitari, insegnanti e altri dipendenti pubblici. Il rifiuto comportava solitamente multe, perdita del lavoro o espulsione dalle scuole. I bambini venivano allontanati dalle aule, mandati nei campi in condizioni pericolose e spesso non venivano nemmeno pagati.
Anno dopo anno, gruppi della comunità internazionale come Human Rights Watch e Anti-Slavery International hanno iniziato a denunciare questi abusi sistematici.
Il lavoro minorile nel settore del cotone in Uzbekistan
L'industria cotoniera uzbeka è stata per lungo tempo colpita da gravi violazioni dei diritti umani. Bambini di appena 10 anni, insieme ad altri lavoratori, sono stati sottoposti a condizioni disumane, tra cui lunghe ore di lavoro, bassi salari, maltrattamenti fisici e condizioni di lavoro pericolose. Insegnanti, medici e dipendenti pubblici sono stati spesso costretti a farlo, sottraendo personale a scuole e ospedali durante la stagione del raccolto.
Inoltre, il lavoro minorile ha privato milioni di bambini uzbeki del loro diritto all'istruzione, come previsto in accordi internazionali come la Convenzione sui diritti dell'infanzia (CRC).
Diversi fattori hanno favorito la presenza del lavoro minorile nel Paese. La povertà era un fattore centrale, poiché la maggior parte delle famiglie dipendeva dai guadagni derivanti dal lavoro dei figli per sopravvivere. Le statistiche della Banca Mondiale indicano che i livelli di povertà erano particolarmente elevati durante gli anni '90 e i primi anni 2000. Inoltre, la presenza di un sistema educativo debole, soprattutto con la chiusura delle scuole durante le stagioni del raccolto, ha reso comune per i bambini impegnarsi nei lavori agricoli. In aggiunta, l'assenza di tutele legali e di strumenti di applicazione ha ostacolato gli sforzi per combattere lo sfruttamento a livello giudiziario. Infine, il lavoro minorile era percepito in Uzbekistan come una norma culturale, soprattutto nelle aree rurali, dove era spesso considerato un dovere familiare, confondendo il confine tra tradizione e sfruttamento.
Le conseguenze del lavoro minorile di massa sono state profonde. I bambini che non hanno potuto frequentare la scuola sono rimasti intrappolati nella povertà e hanno avuto una mobilità sociale limitata. Le conseguenze per la salute derivanti dall'avvelenamento da pesticidi e dagli orari di lavoro eccessivi hanno ulteriormente minato le loro prospettive. Un rapporto della Environmental Justice Foundation ha inoltre evidenziato il degrado ambientale legato alla coltivazione del cotone, imponendo ulteriori difficoltà a gruppi già emarginati.
Pressione e difesa internazionale
Le trasformazioni che hanno interessato il settore cotoniero uzbeko non sarebbero state possibili senza l'impegno continuo e collettivo della comunità internazionale. Nel corso dei decenni, organizzazioni internazionali, governi stranieri, ONG e organizzazioni della società civile hanno esercitato pressioni costanti sull'Uzbekistan, denunciando le violazioni dei diritti umani e chiedendo cambiamenti a livello interno.
Uno degli attori più influenti in questo senso è stata l'Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL), che ha svolto un ruolo specifico nel censire l'entità del lavoro minorile e forzato in Uzbekistan. I rapporti dell'OIL, basati su accurate osservazioni sul campo, hanno fornito prove inconfutabili della natura strutturale del problema. Il dialogo tra l'OIL e il governo uzbeko ha incluso negoziati ufficiali, progetti pilota e l'istituzione del “Programma di Monitoraggio di Terze Parti”, che ha svolto una funzione centrale nel confermare le riforme adottate.
Inoltre, l'attivismo ha avuto un ruolo rivoluzionario nel cambiamento. La più importante iniziativa adottata è stata la “Campagna di Cotone”, una coalizione di organizzazioni per i diritti umani, sindacati, investitori socialmente responsabili e associazioni imprenditoriali. Fondata nel 2007, la Campagna di Cotone ha sfruttato la responsabilità aziendale e l'attivismo dei consumatori per boicottare il cotone uzbeko dalle catene di approvvigionamento globali. Avendo coinvolto centinaia di marchi stranieri come H&M, Gap, Adidas e Tesco, la campagna è riuscita a tenere l'Uzbekistan fuori dai principali mercati tessili internazionali. Le conseguenze economiche e reputazionali del boicottaggio hanno creato forti incentivi per il governo uzbeko a fare pressione per le riforme.
Riforme nazionali adottate dal presidente Mirziyoyev
La morte di Islam Karimov nel 2016 ha segnato una svolta per l'Uzbekistan e l'ascesa al potere di Shavkat Mirziyoyev ha aperto una nuova direzione politica. Mirziyoyev, consapevole delle pressioni internazionali sull'Uzbekistan per l'esistenza di lavoro forzato e minorile nel settore del cotone, ha avviato un processo di riforme ambizioso e strategicamente calcolato. Questa trasformazione ha incluso diverse modifiche volte ad affrontare una delle violenze più radicate contro i diritti umani nel Paese.
Tra gli elementi chiave di questa trasformazione deve essere considerata sicuramente la riforma dell'industria cotoniera stessa. Sotto Karimov, la coltivazione del cotone era controllata esclusivamente dallo Stato attraverso quote obbligatorie, che prevedevano l'invio di bambini, studenti e burocrati nei campi ogni stagione del raccolto. Mirziyoyev abolì questo sistema di quote e introdusse il modello dei “cluster del cotone”, in cui le imprese private potevano assumere il controllo del processo produttivo. Questa privatizzazione eliminò il controllo statale diretto e cambiò radicalmente gli incentivi al cuore del settore. Gli operatori privati, desiderosi di raggiungere i mercati globali e mantenere elevati standard reputazionali, non avevano motivo di mantenere pratiche di sfruttamento del lavoro che avrebbero potuto compromettere le loro prospettive commerciali.
Allo stesso tempo, l'Uzbekistan ha intrapreso sostanziali riforme legislative. La Costituzione è stata modificata per rendere più rigoroso il divieto del lavoro forzato, il Codice del Lavoro e il Codice Penale sono stati modificati per introdurre sanzioni più severe per l'abuso dei diritti dei lavoratori. Le istituzioni nazionali sono state coinvolte per supervisionare l'attuazione delle riforme, attraverso anche la creazione di una Commissione Nazionale incaricata di coordinare gli sforzi per sradicare il lavoro forzato ai diversi livelli di governo.
Un altro fattore decisivo nel processo di riforma è stata l'apertura dell'Uzbekistan al “giudizio” internazionale. Il governo ha consentito all'Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL) di effettuare un monitoraggio indipendente da parte di terzi durante la raccolta del cotone, un cambiamento rispetto alla precedente politica di diniego e segretezza. Gli osservatori hanno potuto documentare l'eliminazione delle pratiche di lavoro forzato e minorile, rafforzando la legittimità del processo di riforma agli occhi della comunità internazionale.
Nel 2022, l'OIL ha dichiarato ufficialmente che il lavoro minorile forzato e sistematico è stato eliminato dalle piantagioni di cotone dell'Uzbekistan. Questo cambiamento ha permesso all'Uzbekistan di aprirsi ulteriormente a importanti mercati internazionali e di aderire a programmi come la Better Cotton Initiative, volta a promuovere metodi di produzione sostenibili ed etici.
Conclusione
La modernizzazione dell'industria cotoniera uzbeka da parte del presidente Shavkat Mirziyoyev è stata un successo, soprattutto considerando la storia del Paese, segnata dal lavoro minorile e forzato sostenuto dallo Stato. L'eliminazione degli abusi sistematici sui lavoratori durante la raccolta del cotone rappresenta un significativo risultato in materia di diritti umani e dimostra l'intenzione di rispondere alle richieste di riforma interne e alle pressioni internazionali. Tuttavia, mentre l'Uzbekistan cerca di affermarsi come un Paese moderno e responsabile, deve affrontare anche i suoi problemi strutturali, che hanno rallentato la piena democratizzazione e la tutela dei diritti umani.
Sebbene il lavoro minorile sia stato ufficialmente vietato e l'apparato di mobilitazione di massa sia stato smantellato, il lavoro forzato è ancora ben lontano dall'essere completamente sradicato. Le autorità locali e le aziende private continuano a esercitare occasionalmente pressioni sui gruppi vulnerabili, in particolare nelle aree rurali, dove è improbabile che le vecchie pratiche scompaiano e dove i sistemi di controllo e verifica vengono rafforzati. Le vulnerabilità economiche, i bassi salari e la mancanza di solide tutele del lavoro creano un contesto in cui lo sfruttamento, sebbene non sia più sistemico, può ancora verificarsi sporadicamente.
Inoltre, nel Paese persistono significative restrizioni ai diritti politici. La libertà di parola rimane limitata e l'indipendenza della società civile e dei media è gravemente limitata. I sindacati, che potrebbero essere potenti difensori dei diritti dei lavoratori, rimangono disorganizzati e controllati dallo Stato. Senza una magistratura veramente indipendente e una società civile equa, c'è il rischio che i progressi in materia di diritti dei lavoratori in settori come la produzione di cotone vengano vanificati o smantellati.
Anche il degrado ambientale, risultato di decenni di monocoltura del cotone, rappresenta un ostacolo significativo allo sviluppo sostenibile. La riduzione delle risorse idriche, la salinizzazione del suolo e la perdita di biodiversità minacciano la sostenibilità a lungo termine delle riforme agricole, a meno che queste non siano integrate da politiche ambientali globali.
Nel complesso le riforme dell'Uzbekistan sono lodevoli: il percorso da seguire non si limita all'eliminazione del lavoro forzato in un singolo settore. È richiesto un impegno a costruire istituzioni solide e indipendenti, impegnarsi nell'attivismo civico e affrontare le condizioni socioeconomiche che favoriscono lo sfruttamento. Solo attraverso uno sforzo coordinato e costante l'Uzbekistan può garantire che i progressi compiuti non solo siano duraturi, ma forniscano anche le basi per un futuro più equo e democratico.