condizioni carcerarie

Associazione Antigone: presentato il Rapporto di metà anno “L’Emergenza è adesso” - Le carceri italiane tra sovraffolamento e diritti negati

È stato presentato a luglio 2025, da parte dell’Associazione Antigone, il Rapporto di metà anno sulle condizioni carcerarie in Italia. I dati riportati, evidenziano una situazione allarmante: a giugno 2025, si registravano più di 60.000 persone detenute, con un tasso di affollamento pari al 134,3%, il quale colpisce duramente anche gli Istituti Penali per i Minorenni. Le condizioni di vita restano degradanti, aggravate dal caldo estremo, dalla mancanza di spazi vitali e dall’insufficienza dei servizi sanitari, mentre crescono suicidi, atti di autolesionismo e tensioni interne. ​​Il rapporto di Antigone restituisce una fotografia preoccupante, richiamando non solo la necessità di un sistema penitenziario fondato sul rispetto dei diritti e della dignità delle persone detenute, ma anche l’urgenza di adottare misure più efficaci da parte del Governo.
Associazione Antigone, per i diritti e le garanzie nel sistema penale

Sommario

  • Introduzione
  • Condizioni di vita in carcere 
  • Il sistema penitenziario minorile
  • Proteste, autolesionismo e suicidi
  • Il personale penitenziario
  • Ricorsi giudiziari e misure alternative alla detenzione
  • Politiche governative e risposte istituzionali 
  • Conclusioni

Introduzione

L’Associazione Antigone, attiva dal 1991, svolge un ruolo centrale nel monitoraggio delle condizioni detentive e nella tutela dei diritti umani all’interno del sistema penale e penitenziario italiano. Con la pubblicazione del Rapporto di metà anno 2025, Antigone intende denunciare e confermare la gravità della situazione nelle carceri, già ampiamente documentata nel rapporto annuale Senza respiro, diffuso nello stesso anno.

Il presente rapporto si propone di offrire una sintesi aggiornata dei dati più significativi e delle criticità emerse a pochi mesi dall’ultima analisi, ponendo particolare attenzione a questioni ormai strutturali: il sovraffollamento cronico, le condizioni di vita degradanti, le carenze sanitarie e psichiatriche, la crisi della giustizia minorile, l’aumento dei suicidi e degli atti di autolesionismo, nonché l’inefficacia delle misure governative adottate per fronteggiare tali emergenze. Attraverso il Rapporto di metà anno, Antigone ribadisce la necessità di un intervento urgente e strutturale che restituisca centralità ai diritti fondamentali e alla dignità delle persone detenute, elementi imprescindibili per un sistema penitenziario conforme ai principi di una democrazia.

Condizioni di vita in carcere

A giugno 2025 le persone detenute erano 62.728, di cui il 4,4% donne e il 31,6% straniere. La capienza effettiva, al netto dei posti momentaneamente non disponibili, era di 46.717, con un tasso di affollamento nazionale pari al 134,3%. In 62 istituti penitenziari il sovraffollamento superava il 150% e in 8 casi addirittura il 190%, mentre solo 31 istituti non risultavano sovraffollati. Tra le situazioni più gravi, l’Istituto di Milano San Vittore femminile continua a distinguersi con un tasso di affollamento del 236%, in aumento rispetto al 220% registrato nel rapporto annuale 2025. Seguono Foggia (214%), Milano San Vittore maschile (213%), Lodi (205%), Brescia Canton Monbello (203%), Lucca (200%), Udine (194%) e Roma Regina Coeli (191%). Per quanto riguarda i posti detentivi ufficiali, al 30 giugno 2024 erano 51.234, saliti a 51.276 un anno dopo, con un incremento di sole 42 unità. Tuttavia, nello stesso periodo i posti non disponibili sono passati da 4.123 (17 giugno 2024) a 4.559 (30 giugno 2025), determinando di fatto una riduzione complessiva di 394 posti.

Un ulteriore elemento critico emerge dalle 86 visite effettuate da Antigone negli ultimi 12 mesi: nel 35,3% degli istituti non veniva rispettato il parametro dei 3 mq di spazio calpestabile per detenuto, in aumento rispetto al 28,3% del 2023. Vi è però una forte discrepanza nei dati: secondo il Garante nazionale, al 30 maggio 2025 solo 10 persone risultavano collocate in meno di 3 mq a testa, calcolando gli spazi attraverso l’Applicativo informatico spazi/detenuti (ASD) del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, che esclude dal computo soltanto i locali adibiti a bagno. Di diverso avviso sono la Corte Europea dei Diritti Umani e la Corte di Cassazione (SSUU 6551/2021), secondo le quali, nella valutazione, devono essere detratti anche gli arredi fissi, come i letti a castello e gli armadietti. 

Il caldo estremo ha aggravato ulteriormente i disagi: a Milano, dove le temperature hanno raggiunto livelli elevatissimi, i detenuti potevano acquistare un ventilatore a proprie spese, con un massimo consentito di due ventilatori per cella. Situazioni analoghe si sono verificate a Padova e a Roma, dove, presso la Casa Circondariale Regina Coeli, sono stati installati ventilatori nei corridoi di alcune sezioni: una soluzione che ha risolto marginalmente il problema. Nello stesso istituto, inoltre, l’acqua corrente è disponibile soltanto in alcune ore della giornata, aggravando condizioni igienico-sanitarie già precarie. Le ore d’aria, che potrebbero rappresentare un minimo sollievo, risultano spesso inefficaci. L’Art. 10 dell’Ordinamento penitenziario prevede infatti 4 ore di permanenza all’aperto, ma nella pratica queste vengono concesse durante le ore più calde e non a tutti i detenuti. Al 30 maggio 2025, il 60,3% della popolazione penitenziaria era sottoposto a regime di custodia chiusa, trascorrendo così la maggior parte del tempo in celle sovraffollate e prive di adeguata ventilazione.

Il sistema penitenziario minorile

Al 15 giugno 2025 i giovani detenuti nei 17 Istituti Penali per Minorenni (IPM) italiani erano 586, di cui 23 ragazze, cui si aggiunge la sezione minorile all’interno del carcere per adulti della Dozza di Bologna. Si tratta di un incremento significativo rispetto al 2022, quando i detenuti minorenni e giovani adulti erano 392.

Il sovraffollamento riguarda 8 IPM su 17. Le visite condotte da Antigone hanno evidenziato condizioni estremamente degradate: materassi a terra, celle chiuse per la maggior parte della giornata, scarsità di attività significative – comprese quelle scolastiche – e frequente mancato rispetto del diritto alle ore d’aria previste dalla legge. Particolarmente preoccupante è anche l’elevato ricorso agli psicofarmaci.

L’aumento dei minori detenuti è strettamente legato all’entrata in vigore del Decreto Caivano. I numeri reali sarebbero ancora più alti se non fosse che molti giovani autori di reati da minorenni, che potrebbero restare negli IPM fino ai 25 anni, vengono invece trasferiti in carceri per adulti al raggiungimento della maggiore età, interrompendo percorsi educativi già fragili.

Dei 586 giovani detenuti, 355 (oltre il 60%) sono minorenni: 53 hanno meno di 15 anni e 302 sono tra i 16 e i 17 anni. Il 63,5% delle presenze riguarda persone ancora prive di una sentenza definitiva. Gli stranieri sono 275, pari al 46,9% del totale; di questi, il 76% proviene dal Nord Africa e si tratta principalmente di minori stranieri non accompagnati.

La gravità della situazione ha spinto numerose organizzazioni e diversi Garanti dei diritti delle persone detenute ad aderire a un appello urgente promosso da Antigone, insieme a Libera e Defence for Children Italia, per denunciare le condizioni allarmanti degli istituti minorili.

Proteste, autolesionismo e suicidi

Al 25 luglio 2025 i suicidi registrati negli istituti penitenziari italiani dall’inizio dell’anno erano 45: tra le persone decedute due erano donne e 22 straniere. Molti episodi si sono verificati nelle fasi particolarmente delicate dell’ingresso in carcere o del fine pena.

Almeno cinque delle persone che si sono tolte la vita soffrivano di disturbi psichici, tre avevano un passato di tossicodipendenza e dodici risultavano senza fissa dimora. L’istituto con il maggior numero di decessi è la Casa circondariale di Cagliari, con tre casi dall’inizio dell’anno. Seguono con due suicidi ciascuno gli istituti di Barcellona Pozzo di Gotto (ME), Firenze Sollicciano, Frosinone, Modena, Napoli Poggioreale, Paola (CS) e Verona.

Secondo le rilevazioni di Antigone, quasi il 70% dei suicidi è avvenuto all’interno di sezioni a custodia chiusa, confermando il forte impatto negativo delle limitazioni all’aria aperta. In almeno quattro casi le persone si trovavano in isolamento, in altri quattro nel reparto “nuovi giunti”, mentre tre suicidi si sono verificati in sezioni ex Art. 32 del Regolamento Esecutivo dell’Ordinamento Penitenziario, riservate ai detenuti considerati più difficili da gestire. Altri due casi hanno riguardato articolazioni per la tutela della salute mentale e uno una sezione per “minorati psichici”.

Oltre ai suicidi, cresce anche l’autolesionismo: nell’ultimo anno l’Osservatorio di Antigone ha registrato una media di 22,3 atti autolesivi ogni 100 detenuti (contro i 17,4 del 2024) e 3,2 tentativi di suicidio ogni 100 detenuti (contro i 2,3 dell’anno precedente). A ciò si aggiunge un preoccupante aumento dell’uso della sanzione disciplinare dell’isolamento, la cui applicazione è cresciuta di 5,5 punti ogni 100 detenuti.

Durante le 86 visite svolte negli ultimi dodici mesi, Antigone ha inoltre riscontrato un incremento delle problematiche psichiatriche e del ricorso ai farmaci. Il 14,2% delle persone detenute presenta una diagnosi psichiatrica grave, il 21,7% assume regolarmente stabilizzanti dell’umore, antipsicotici o antidepressivi e il 45,1% fa uso di sedativi o ipnotici. Tutte queste percentuali sono in crescita rispetto agli anni precedenti. Infine, i tossicodipendenti rappresentano circa il 22% della popolazione detenuta.

Il personale penitenziario

Al 31 maggio 2025, l’organico della Polizia Penitenziaria registra un deficit pari all’8,7% rispetto alle unità previste. Il rapporto tra detenuti e agenti si attesta attualmente a 2 detenuti per agente, superiore alla previsione di 1,5. A livello regionale, questo rapporto varia tra 1,2 e 2,5 detenuti per agente, evidenziando significative disparità territoriali.

Per quanto riguarda gli educatori, secondo le schede di trasparenza del Ministero aggiornate al 31 maggio 2025, il personale presente è pari a 935 unità, (28 in meno rispetto a quanto si rileva con il Rapporto del 2025), a fronte delle 1.040 previste in pianta organica. La media nazionale di detenuti in carico a ciascun educatore è di 66,7 persone.

Il quadro dei dirigenti al 29 maggio 2025 mostra una presenza di 246 unità, su un organico previsto di 350, con un deficit di 104 dirigenti direttori o vice.

Il personale psichiatrico e psicologico risulta disponibile rispettivamente per 7,4 e 20,4 ore settimanali ogni 100 detenuti, un livello evidentemente insufficiente per far fronte ai bisogni della popolazione detenuta.

Infine, va segnalata una carenza critica nell’assistenza sanitaria: la copertura medica giornaliera non è garantita in 29 delle 86 carceri visitate da Antigone nell’ultimo anno, un dato che evidenzia gravi lacune nell’assistenza continua ai detenuti.

Ricorsi giudiziari e misure alternative alla detenzione

Al 15 giugno 2025, gli Uffici per l’Esecuzione Penale Esterna (UEPE) hanno in carico 100.639 persone, circa 10.000 in più rispetto al 2024. Di queste, 49.736 stanno scontando una misura alternativa alla detenzione, tra le quali la più diffusa è l’affidamento in prova al servizio sociale.

Nonostante la crescita delle misure alternative e di comunità, la loro applicazione rimane ancora fortemente sottodimensionata rispetto al potenziale. Al 30 giugno 2025, infatti, le persone detenute con pena residua inferiore ai tre anni erano 23.970, a conferma di un’applicazione ancora limitata delle misure alternative.

Secondo i dati del Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro, il tasso di recidiva è stimato al 68,7%, ma può scendere fino al 2% per i detenuti che hanno avuto opportunità di inserimento professionale, evidenziando l’importanza delle misure di reinserimento.

Al 31 dicembre 2021, ultimo dato disponibile, solo il 38% dei detenuti era alla prima esperienza di carcerazione, mentre il restante 62% aveva già precedenti esperienze detentive, con il 18% che aveva subito cinque o più incarcerazioni.

Politiche governative e risposte istituzionali 

Antigone rileva come il problema del sovraffollamento carcerario sia strettamente legato all’introduzione di interventi governativi che hanno inasprito le pene, tra cui il recente Decreto Sicurezza, il Decreto Caivano, il Decreto Cutro e il Decreto Rave.

Un altro provvedimento significativo è quello approvato dal Consiglio dei Ministri lo scorso 22 luglio, con cui è stato presentato un disegno di legge che introduce la detenzione domiciliare in comunità terapeutica per detenuti tossicodipendenti o alcoldipendenti con un residuo pena fino a otto anni. Una scelta che si affianca alla misura già in vigore dell’affidamento in prova per le stesse categorie di detenuti, prevista però solo per pene residue fino a sei anni. Tuttavia, Antigone sottolinea come l’unica soluzione alla numerosa presenza di tossicodipendenti in carcere resti la depenalizzazione del consumo di droghe. Quanto all’ampliamento delle telefonate concesse ai detenuti, l’associazione evidenzia che non si tratta di una novità. Infine, il Decreto Carceri, nato con l’obiettivo di contrastare il sovraffollamento, migliorare le condizioni di vita detentiva e rafforzare i percorsi di reinserimento sociale, si è rivelato tuttavia lento nella sua attuazione. Il decreto prevede infatti l’istituzione, presso il Ministero della Giustizia, di un elenco delle strutture residenziali idonee all’accoglienza e al reinserimento sociale, da adottare entro sei mesi dall’entrata in vigore della legge di conversione. A luglio 2025, però, tale elenco non risultava ancora approvato. Anche il progetto di edilizia penitenziaria, affidato al Commissario straordinario istituito dalla stessa legge di conversione, procede con notevole lentezza.

Conclusioni

Alla luce dei dati emersi sul sovraffollamento, sulle carenze di personale e sulle difficoltà nell’applicazione delle misure alternative, Antigone chiede con urgenza interventi strutturali e strategie più efficaci per migliorare le condizioni del sistema penitenziario italiano. Tra le principali richieste figurano:

  • Maggiore possibilità di contatti telefonici e video con l’esterno, per favorire i legami familiari e sociali;
  • Incremento dell’uso delle tecnologie digitali, a supporto dell’istruzione, della formazione e delle attività lavorative dei detenuti;
  • Riduzione drastica dell’isolamento come strumento disciplinare, garantendo trattamenti meno punitivi e più umani;
  • Prevenzione degli abusi, con meccanismi efficaci di controllo e trasparenza;
  • Promozione della sorveglianza dinamica e di un sistema penitenziario centrato sul rispetto della dignità umana, che favorisca percorsi di reinserimento e riduca la recidiva.

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