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Diritto ad un trattamento equo e alla non-discriminazione nel Sistema Interamericano

Autore: Sofia Didonè, studentessa MA Human Rights and Multilevel Governance, Università di Padova

L’impegno per lo sradicamento del razzismo e di ogni altra forma di discriminazione e intolleranza all’interno dell’Organizzazione degli Stati Americani (OSA) è evidente dai riferimenti ai principi di uguaglianza e diritto ad un equo trattamento citati in diversi dei suoi documenti fondamentali. L’articolo 2 della Dichiarazione americana dei diritti e doveri dell’uomo afferma che “Ogni individuo è uguale di fronte alla legge e ha diritti e doveri enunciati da questa Dichiarazione, senza distinzione di razza, sesso, lingua, credo o qualsiasi altro fattore”. Anche la Convenzione americana sui diritti umani ribadisce il concetto di uguaglianza di ogni essere umano e condanna la discriminazione “per ragioni di razza, colore, sesso, lingua, religione, opinione politica o altra, origine nazionale o sociale, condizione economica, nascita o ogni altra condizione sociale.”

A testimonianza di questo impegno, nel 2005 l'Assemblea Generale dell’OSA ha istituito un working group per lavorare alla stesura di un documento vincolante contro il razzismo e tutte le forme di discriminazione e intolleranza. Dopo anni di negoziazioni, nel 2013 sono stati adottati due documenti: la Convenzione interamericana contro il razzismo, la discriminazione razziale e le connesse forme di intolleranza (CIRDI) e la Convenzione interamericana contro ogni forma di discriminazione e intolleranza.

La Convenzione interamericana contro il razzismo, la discriminazione razziale e le connesse forme di intolleranza (2013)

Adottata il 5 giugno del 2013, è entrata in vigore nel 2017 ed è stata ratificata da 6 stati: Antigua e Barbuda, Brasile, Costa Rica, Ecuador, Messico e Uruguay.

Questo strumento si aggiunge alla Convenzione internazionale sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale (ICERD) di cui tutti i 34 stati dell’OSA sono parte. La CIRDI, non discostandosi dalla ICERD, definisce la discriminazione razziale come “ogni distinzione, esclusione, restrizione o preferenza, in ogni ambito della vita pubblica o privata, il cui obiettivo o effetto è quello di annullare o limitare l’uguale riconoscimento, godimento o esercizio di uno o più diritti umani e libertà fondamentali (..) basata sulla razza, colore, ascendenza, originale nazionale o etnica”. Invece per quanto riguarda il termine “razzismo”, a differenza della ICERD, la Convenzione Interamericana ne offre una definizione:  “ogni teoria, dottrina, ideologia o insieme di idee che asseriscono ad un nesso causale tra caratteristiche fenotipiche o genotipiche di individui o gruppi e i loro tratti intellettuali, culturali e personali, inclusa la falsa concezione della superiorità razziale.” Inoltre, mentre la Convenzione internazionale limita gli atti di razzismo alla sfera pubblica, questo strumento regionale include nella definizione anche quella privata.

Gli articoli 2 e 3 sanciscono l’uguaglianza di ogni essere umano di fronte alla legge e il diritto ad un eguale riconoscimento, godimento, esercizio e protezione dei diritti umani e libertà fondamentali.

Gli Stati si impegnano a prevenire, eliminare, proibire e punire ogni atto e manifestazione di razzismo, discriminazione razziale e connesse forme di intolleranza (art.4). Tra i loro obblighi vi è quello di introdurre politiche e misure, anche sotto forma di azioni positive, per assicurare un equo trattamento, esercizio di diritti e pari opportunità ad ogni persona o gruppo di persone (art.5).

Per quanto riguarda il meccanismo di monitoraggio, l’articolo 13 vincola gli stati alla creazione di un'istituzione nazionale che monitori il rispetto degli obblighi imposti dalla Convenzione. Ogni persona, gruppo di persone o organizzazione non governativa ha poi la possibilità di sottoporre petizioni e comunicazioni alla Commissione Interamericana in caso di violazioni. Inoltre, l’articolo 15 comma iv prevede la formazione di un Comitato interamericano per la prevenzione ed eliminazione del razzismo, della discriminazione razziale e di tutte le forme di discriminazione e intolleranza composto da un esperto nominato da ciascuno degli Stati parti che svolga le proprie funzioni in maniera indipendente. Il suo ruolo è quello di monitorare l’implementazione della Convenzione, servire da forum per condividere idee ed esperienze, fare raccomandazioni agli stati e ricevere report sul completamento degli obblighi della Convenzione. Tuttavia, per l’istituzione del Comitato è necessaria la ratifica del documento da parte di almeno 10 paesi, un numero che non è stato ancora raggiunto.

Per promuovere e supportare le attività dell’OSA contro razzismo e discriminazione razziale, la Commissione Interamericana ha istituito nel 2005 un Relatore sui diritti delle persone afro-discendenti e contro la discriminazione razziale. Il suo mandato consiste nell’assistere gli Stati nell’adempiere agli obblighi per il rispetto dei diritti umani degli afrodiscendenti e per l’eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale, individuare i principali ostacoli al raggiungimento di questi obiettivi nella regione, condividere buone pratiche, formulare raccomandazioni e offrire assistenza tecnica per la loro implementazione.

Convenzione interamericana contro ogni forma di discriminazione e intolleranza

Come la Convenzione interamericana contro il razzismo, questo documento è stato adottato nel 2013 ma è entrato in vigore solo nel 2020. Ad oggi, è stato ratificato solo da Messico e Uruguay.

L’obiettivo della Convenzione è quello di garantire uguale trattamento, riconoscimento, esercizio e protezione dei diritti e delle libertà di ogni individuo. La definizione di discriminazione non si limita in questo caso alla matrice razziale, ma amplia il suo campo di applicazione a: nazionalità; età; sesso; orientamento sessuale; identità di genere ed espressione; lingua; religione; identità culturale; opinioni politiche e di ogni altro tipo; origini sociali; status socio-economico; livello di educazione; status di migrante, rifugiato, rimpatriato, apolide o sfollato interno; disabilità; tratti genetici; condizione mentale o fisica, inclusa una condizione infettivo-contagiosa e una condizione psicologicamente debilitante; o ogni altra condizione (Art.1.1).

L'intolleranza viene invece definita come “un’azione o un insieme di azioni o espressioni che denotano mancanza di rispetto, rifiuto o disprezzo per la dignità, caratteristiche, convinzioni o opinioni di persone per il fatto di essere diverse o contrarie. Può manifestarsi come marginalizzazione ed esclusione di gruppi in condizioni di vulnerabilità dalla partecipazione ad ogni sfera della vita pubblica o privata o come violenza contro di essi”. (Art.1.5)

Gli stati si impegnano a prevenire, eliminare, proibire e punire ogni forma di discriminazione e intolleranza e adottare le misure necessarie per assicurare l’esercizio e godimento dei diritti e delle libertà fondamentali ad ogni persona o gruppo. Per raggiungere questo obiettivo, gli Stati Parti hanno l’obbligo di introdurre leggi che proibiscano esplicitamente comportamenti discriminatori ed intolleranti da parte di autorità ed individui, sia nel settore pubblico che privato. Un trattamento equo deve essere garantito in ogni ambito, in particolare nei settori dell’occupazione, dell’istruzione, della formazione, della salute, della protezione sociale, dell’accesso ai servizi pubblici, dell'esercizio di attività economiche, della partecipazione ad organizzazioni professionali e del settore abitativo. Inoltre, l’art 5 vincola gli Stati ad adottare misure speciali ed azioni positive che garantiscano ad individui e gruppi soggetti a discriminazione o intolleranza “condizioni eque per pari opportunità, inclusione, e progresso”.

Come per la Convenzione interamericana contro il razzismo, il meccanismo di petizioni e comunicazioni e il Comitato per la prevenzione ed eliminazione del razzismo, discriminazione razziale e ogni forma di discriminazione e intolleranza (che può essere istitutito dopo la decima ratifica) costituiscono i principali meccanismi di monitoraggio.

Il ridotto numero di paesi che hanno ratificato la Convenzione ne limita tuttavia l’efficacia ed evidenzia la riluttanza degli Stati ad assumere impegni vincolanti per sradicare la discriminazione in tutte le sue forme. Queste difficoltà si erano già presentate in fase di negoziazione, quando era stato deciso di dividere il progetto invece che adottare un’unica convenzione con un campo di applicazione più ampio. Alcuni paesi, infatti, temevano sarebbe stato complesso attuare una convenzione così ampia per la mancanza di consenso nazionale su alcune tematiche, in particolare riguardo ai diritti delle persone LGBTI+.

È proprio per contrastare la discriminazione sulla base dell’orientamento sessuale, identità di genere, espressione di genere e diversità corporea che la la Commissione Interamericana dei diritti umani, dopo aver raccolto informazioni sulle discriminazioni, episodi di violenza, persecuzioni e abusi nei confronti delle persone LGBTI+ nella regione, ha deciso di istituire nel 2011 un'Unità specializzata del Segretariato esecutivo che si occupi di queste tematiche. L’Unità è poi diventata il Relatore speciale per i diritti delle persone lesbiche, gay, bisessuali, trans e intersessuali. Il mandato del Relatore comprende: azioni di monitoraggio riguardo alle condizione delle persone LGBTI+ nella regione; attività di sensibilizzazione e promozione dei loro diritti; preparazione di rapporti con raccomandazioni per gli Stati membri a cui viene anche offerta assistenza tecnica per l’implementazione di leggi, politiche pubbliche e per l’interpretazione di strumenti internazionali ed infine partecipazione e consulenza nel processo di esaminazione di petizioni e casi su questa materia.

Aggiornato il

30/5/2024