La Convenzione americana sui diritti umani
Il testo della Convenzione americana, conosciuta anche come il Patto di San José di Costarica, venne adottato il 22 novembre 1969 durante una conferenza specializzata del Consiglio permanente dell’OSA. Solo 23 sono gli Stati che hanno ratificato la Convenzione, dopo che Trinidad e Tobago hanno denunciato la Convenzione nel maggio 1998 e il Venezuela nel settembre 2012. Gli Stati membri dell’OSA che non hanno ratificato la Convenzione sono: Antigua e Barbuda, Bahamas, Belize, Canada, Guyana, Saint Kitts e Nevis, Santa Lucia, Saint Vincent e Grenadines, Stati Uniti.
Gli obblighi degli Stati
Secondo i termini della Convenzione, è responsabilità dello Stato rispettare e garantire i diritti che la Convenzione sancisce. Gli Stati membri hanno, quindi, l’obbligo di rispettare i diritti protetti e contemporaneamente di assicurare a tutti gli individui, soggetti alle rispettive giurisdizioni, il libero e pieno esercizio di tali diritti e libertà, senza alcuna discriminazione per ragioni di razza, colore, sesso, lingua, religione, opinione politica o altra, origine nazionale o sociale, condizione economica, nascita o ogni altra condizione sociale. In tale quadro uno Stato può incorrere in una violazione della Convenzione sia in caso di azione sia di omissione da parte delle autorità pubbliche che limitino ingiustificatamente i diritti protetti. Anche gli atti individuali non direttamente attribuibili allo Stato parte possono determinare una sua responsabilità, se questo non ha adottato misure necessarie per assicurare l’effettiva protezione dei diritti umani anche nelle relazioni tra individui. In quest’ultimo caso, la responsabilità dello Stato sussisterebbe per non aver fatto rispettare i diritti sanciti dalla Convenzione.
L’obbligo di difendere, proteggere e garantire i diritti fondamentali implica per lo Stato parte anche l’obbligo di investigare, ex officio, senza ritardi ed in maniera seria, imparziale ed effettiva, i casi di violazioni dei diritti (Corte, Massacro di Pueblo Bello c. Colombia, sentenza 31 gennaio 2006, par. 142-143).
Gli Stati hanno l’obbligo di conformare il proprio diritto interno alle disposizioni della Convenzione (art. 2). Ciò significa, da una parte, abolire tutte le norme e pratiche in contrasto con le garanzie della Convenzione e, dall’altra, adottare norme e pratiche che conducano ad un’effettiva osservanza della Convenzione.
I diritti protetti dalla Convenzione americana
La Convenzione venne adottata dopo l’adozione dei due Patti internazionali del 1966 che sancivano obblighi per gli Stati sul rispetto e la protezione sia dei diritti civili e politici sia dei diritti economici, sociali e culturali e dopo l’istituzione del sistema europeo di protezione dei diritti fondamentali basato sulla Convenzione europea dei diritti umani e sulla Corte europea da essa istituita. Questi elementi e, in genere, gli sviluppi del diritto internazionale dei diritti umani hanno sicuramente influito sul testo della Convenzione. Tuttavia, durante la discussione sul testo emerse la necessità di tener conto delle caratteristiche e delle condizioni specifiche dei paesi del continente americano per far fronte a problematiche diverse rispetto a quelle prioritarie, per esempio, nel sistema regionale europeo.
La Convenzione americana è formata da 82 articoli, 23 dei quali elencano i diritti protetti dalla Convenzione, tutti appartenenti alla sfera civile e politica. In riferimento ai diritti economici, sociali e culturali esiste solo una disposizione di carattere generale sulla necessità di conseguire progressivamente la piena realizzazione dei diritti in campo economico, sociale educativo, scientifico e culturale derivanti dal quadro fornito dalla Carta dell’OSA come emendata dal Protocollo di Buenos Aires (art. 26).
La deroga ai diritti protetti dalla Convenzione
Come altri strumenti internazionali sui diritti umani, la Convenzione contiene delle disposizioni che permettono la limitazione all’esercizio di alcuni diritti in alcuni casi particolari: qualora il loro godimento significherebbe la violazione di diritti altrui o per ragioni di interesse generale. La Corte interamericana su questa norma ha sempre dato un’interpretazione estensiva dei diritti e delle garanzie che non possono essere sospesi. In tal senso è particolarmente importante il Parere 8/87 del 30 gennaio 1987 in cui la Corte interamericana afferma che il diritto alla protezione giudiziaria e la garanzia del habeas corpus non possono essere sospesi. (Su questo si veda anche il Parere 9/87 del 6 ottobre 1987).
L’art. 27 introduce lo stato d’eccezione in caso di guerra, pericolo pubblico o emergenza di altro genere che minacci l’indipendenza o la sicurezza di uno Stato membro. In tali casi, lo Stato può adottare misure che derogano temporaneamente ai diritti protetti dalla Convenzione a patto che tali misure non contrastino con altri obblighi internazionali e non comportino alcun tipo di discriminazione. Tale norma comunque non si applica ai seguenti diritti: il diritto alla personalità giuridica (art. 3), il diritto alla vita (art. 4), il diritto ad un trattamento umano (art. 5); libertà dalla schiavitù (art. 6); l’irretroattività della legge penale (art. 9); la libertà di coscienza e religione (art. 12); i diritti della famiglia (art. 17); il diritto al nome (art. 18); i diritti del bambino (art. 19); il diritto alla nazionalità (art. 20); i diritti di partecipazione politica (art. 23), o le garanzie giudiziarie essenziali per la protezione di tali diritti. Nel caso uno Stato predisponga la sospensione temporanea di alcuni diritti ha l’obbligo di informare immediatamente gli altri Stati membri per mezzo del Segretario generale indicando quali diritti intende sospendere, perché e per quanto tempo. Le misure devono comunque essere proporzionate alla situazione.
I meccanismi di garanzia della Corte interamericana
La Convenzione americana istituisce la Corte interamericana dei diritti come organo giudiziario indipendente cui spetta il compito di garantire che gli Stati membri della Convenzione rispettino gli obblighi che da essa discendono, oltre a fornire un’interpretazione delle disposizioni della Convenzione. La Corte è oggi uno dei principali meccanismi regionali di protezione effettiva dei diritti umani, insieme alla Corte europea e alla Corte africana nei loro rispettivi continenti.
Ai sensi dell’art. 62 della Convenzione americana, gli Stati, al deposito del proprio strumento di ratifica o di adesione o successivamente in ogni momento, possono dichiarare di riconoscere come vincolante la giurisdizione della Corte su tutte le materie riguardanti l'interpretazione o l'applicazione della Convenzione. Gli Stati parte alla Convenzione che hanno riconosciuto la competenza della Corte sono 20.
La Convenzione, inoltre, amplia e rafforza il ruolo della Commissione, già creata nel 1959, in primo luogo perché la riconosce ufficialmente come strumento di promozione del rispetto e della tutela dei diritti umani. Rispetto alla Corte, la Commissione svolge un’azione di filtro rispetto ai casi presentati da individui o gruppi di individui. Solo gli Stati e la Commissione, infatti, possono adire la Corte.