Convenzione Europea dei Diritti Umani

Articolo 3 della CEDU: Denunce di violazioni alla salute alla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo nel 2024

Otto casi sono stati giudicati presso la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo (CEDU), riguardanti denunce di violazioni dei diritti garantiti dall'Articolo 3 della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo (CEDU) da parte dell'Italia attraverso negligenza medica durante la detenzione.
I casi includono quattro sentenze che riscontrano violazioni in due casi, una chiara assenza di violazioni in uno, e una sentenza di non violazione con voci dissenzienti registrate nell'ultimo caso. Due dei restanti quattro casi sono stati ritenuti inammissibili per mancanza di prove sufficienti, mentre gli ultimi due casi sono stati cancellati dal ruolo dopo una dichiarazione unilaterale dello Stato.
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Sommario

Carenze nell'assistenza sanitaria mentale e fisica durante la detenzione

  • Lavorgna c. Italia
  • S.M. c. Italia
  • Lombardi c. Italia

Respinti per insufficienza di prove ai sensi delle disposizioni dell'Articolo 37

  • Temporale c. Italia
  • Vottari e Di Giacomo c. Italia
  • E.G. c. Italia

Casi cancellati dal ruolo dopo una dichiarazione unilaterale dello Stato

  • Brunetti v. Italy
  • C.V. c. Italia

Carenze nell'assistenza sanitaria mentale e fisica durante la detenzione

Il caso Lavorgna c. Italia (sentenza del 7 novembre 2024, ricorso n. 8436/21) ha portato alla CEDU il presunto maltrattamento del Sig. Lavorgna durante la sua reclusione in un reparto psichiatrico. Il tribunale italiano ha interrotto un procedimento penale avviato contro il personale dell'ospedale psichiatrico. Il Sig. Lavorgna sosteneva di essere stato legato per un periodo eccessivamente lungo, in violazione dell'Articolo 3, in particolare alla luce degli standard rivisti nel 2017 dal Comitato per la Prevenzione della Tortura (CPT) sull'uso dei mezzi di contenzione negli istituti psichiatrici per adulti (CPT/Inf(2017)6). La CEDU ha stabilito all'unanimità che c'era stata una violazione dell'Articolo 3 sia nel suo aspetto sostanziale che procedurale. La Corte ha ritenuto che il governo italiano non fosse in grado di giustificare le lunghe ore durante le quali il ricorrente era stato contenuto per otto giorni. Ha considerato l'argomento della contenzione come "precauzionale" piuttosto che come "ultima risorsa", violando così il diritto umano a non essere sottoposti a trattamenti inumani o degradanti. Le indagini penali sulla questione non sono riuscite ad accertare se il presunto pericolo per gli altri posto dal ricorrente fosse chiaro e presente durante gli otto giorni di applicazione della misura.

S.M. c. Italia (sentenza del 17 ottobre 2024, ricorso n. 16310/20) mostra la complessità di affrontare l'assistenza sanitaria in detenzione durante una pandemia (vedi un riassunto completo del caso), anche per i non cittadini.
La sentenza di questo caso non è stata unanime. La maggioranza ha votato che non c'è stata violazione dell'Articolo 3 nel trattamento complessivo del ricorrente in detenzione. Tuttavia, le opinioni dissenzienti hanno ritenuto che il governo italiano non sia riuscito a dimostrare che il protocollo nazionale per prevenire l'infezione da COVID-19 sia stato adeguatamente applicato nel carcere dove il ricorrente era detenuto.

Il caso Lombardi c. Italia (sentenza del 3 ottobre 2024, ricorso n. 80288/13) riguardava un cittadino italiano, il Sig. Carlo Lombardi, nato nel 1959, che lamentava una violazione dell'Articolo 3 CEDU durante la sua detenzione in carcere tra il 2008 e il 2011, e tra il 2011 e il 2013, per mancanza di adeguate cure mediche. Il Comitato della Corte ha ritenuto che il termine di sei mesi per ricorrere alla CEDU non fosse stato rispettato per il periodo di detenzione precedente al 2011 e ha dichiarato il caso ammissibile solo per la detenzione 2011-2013.
La Corte ha stabilito all'unanimità che, nonostante fosse stata emessa una diagnosi che richiedeva fisioterapia regolare o costante, il ricorrente aveva avuto solo dieci sedute di fisioterapia in due anni. Pertanto, c'è stata una violazione dell'Articolo 3 CEDU. Il governo italiano è stato condannato a pagare una somma di 8.000 euro per danni non patrimoniali.

Respinti per insufficienza di prove ai sensi delle disposizioni dell'Articolo 37

Nel caso Temporale c. Italia (sentenza del 20 settembre 2024, ricorso n. 38129/15), il ricorrente si lamentava della sua prolungata detenzione in carcere nonostante i suoi gravi problemi di salute, sostenendo che le sue condizioni erano peggiorate a causa di cure mediche inadeguate. Temporale ha denunciato violazioni degli Articoli 2 (diritto alla vita), 3 (divieto di trattamenti inumani o degradanti) e 38 (obbligo di fornire le strutture necessarie per l'esame del caso).
La CEDU non ha trovato prove a sostegno delle affermazioni del ricorrente e non ha riscontrato violazioni dell'Articolo 3 o dell'Articolo 38.

Vottari e Di Giacomo c. Italia (sentenza del 5 settembre 2024, ricorsi nn. 9231/22 e 55641/22).
La Corte ha deciso all'unanimità di riunire le due domande Vottari e Di Giacomo e le ha dichiarate inammissibili il 5 settembre 2024. La CEDU ha ritenuto che le autorità nazionali avessero giustificato il rinnovo del regime carcerario speciale 41-bis sulla base di ampie valutazioni individualizzate delle storie criminali dei ricorrenti, dei loro persistenti ruoli di leadership nelle organizzazioni mafiose e del canale di comunicazione mantenuto sulle attività criminali nonostante fossero in carcere. Poiché l'applicazione in questo caso del regime 41-bis non ha raggiunto la gravità minima richiesta per costituire una violazione dell'Articolo 3 CEDU, non c'erano prove di gravi conseguenze fisiche o psicologiche per i ricorrenti.

Mentre il primo ricorrente non ha fornito alcuna prova a sostegno, il secondo ricorrente ha presentato "una relazione di uno psicologo che descriveva la condizione del ricorrente come caratterizzata da ansia, disturbi del sonno e abitudini alimentari alterate, e generalmente raccomandava un regime carcerario 'più adeguato'". Questa dichiarazione non è stata ritenuta una prova adeguata per dimostrare le violazioni denunciate. La CEDU ha notato che il tribunale nazionale aveva esaminato a fondo gli argomenti dei ricorrenti per giungere alla stessa decisione. Poiché nessuno dei ricorrenti aveva presentato elementi che legittimassero dubbi sulla loro capacità di mantenere contatti con le rispettive organizzazioni criminali o prove che "l'estensione delle restrizioni comportate dal regime carcerario speciale fosse palesemente ingiustificata", la CEDU non ha trovato motivi per discostarsi dalla conclusione raggiunta dal tribunale nazionale. Sulla denuncia di violazioni ai sensi dell'Articolo 7 CEDU, la CEDU ha ritenuto il reclamo incompatibile con la Convenzione e lo ha dichiarato inammissibile.

E.G. c. Italia (sentenza del 20 giugno 2024, ricorso n. 56697/21)
Il ricorrente, E.G., un minore di nazionalità dominicana, solleva lamentele riguardanti gli Articoli 3, 5 e 13 CEDU, considerando la sua detenzione incompatibile con il suo stato di salute a causa della sua dipendenza da droghe. Dopo essere stato condannato per diversi reati, il ricorrente è stato detenuto in un carcere minorile nel luglio 2020. È stato poi assegnato a diversi centri educativi per sottoporsi a cure multidisciplinari fino a quando, nel febbraio 2023, è stato espulso dall'ultimo centro e restituito alla sua famiglia. Entrambe le parti concordano sul fatto che il ricorrente soffrisse di un disturbo comportamentale che richiedeva un follow-up psicologico ed educativo, un programma di risocializzazione, un trattamento per la dipendenza e, se del caso, un trattamento farmacologico.
Saltando il test di ammissibilità, la Corte ha concluso che l'affermazione del ricorrente mancava manifestamente di prove sufficienti e ha respinto la domanda ai sensi dell'Articolo 35 §§ 3 e 4  della Convenzione.

Casi cancellati dal ruolo dopo una dichiarazione unilaterale dello Stato

Nel caso Brunetti c. Italia (decisione del 20 giugno 2024, ricorso n. 21551/23), a seguito di una composizione amichevole tra le due parti, un Comitato ha cancellato la domanda dall'elenco. Il caso era stato inizialmente portato alla CEDU il 1° giugno 2023 dal Sig. Brunetti, un detenuto italiano di 26 anni. Le richieste iniziali lamentavano le condizioni di detenzione ritenute inadeguate per la sua salute mentale in quanto le strutture carcerarie non erano dotate di un reparto di cura o assistenza. La CEDU ha stabilito che i termini della composizione rispettavano i diritti umani come definiti nella CEDU, non trovando ulteriori motivi per continuare l'esame.

Il caso C.V. c. Italia (decisione del 28 novembre 2024, ricorso n. 6897/24) è stato cancellato dal ruolo della CEDU ai sensi delle disposizioni dell'Articolo 37.1 (c) CEDU, nonostante il ricorrente abbia rifiutato l'importo di 24.684 euro offerto dallo Stato come danno non patrimoniale. Il ricorrente lamentava che la sua detenzione fosse inadeguata alla luce della sua salute mentale e fosse quindi in violazione degli Articoli 3, 5 e 5.1, 6, 13 e 34 CEDU. Un Comitato della Corte ha ritenuto che la dichiarazione unilaterale dello Stato e la somma assegnata fossero coerenti con gli importi assegnati in casi simili e che il rispetto dei diritti umani come definiti nella CEDU non richiedesse di continuare l'esame della domanda.

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