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L’ispezione ONU su attacchi chimici in Siria alla luce delle norme internazionali

Alessandro Pascolini (2013)

Publication Typology

: Human Rights Academic Voice

Language

: IT

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È ormai assodato che nella guerra civile in Siria siano stati impiegati anche agenti chimici: oltre alle accuse reciproche delle parti in conflitto, sono stati resi noti rapporti dei governi inglese [1], francese [2] e statunitense [3] che riferiscono di interventi del governo siriano, e un rapporto russo su azioni da parte di gruppi anti-regime è stato presentato all’ONU (ma non reso pubblico), mentre l’organizzazione non governativa Medici senza frontiere ha individuato in feriti trattati nei suoi ospedali sintomi consistenti con gli effetti di gas nervini. Altre organizzazioni non governative e organi di stampa hanno riportato eventi compatibili con attacchi chimici. Una parola definitiva dovrebbe venire dagli esami attualmente in corso sui materiali raccolti da una specifica missione dell’ONU, che ha operato in Siria fra il 19 e il 31 agosto scorsi.

I gas nervini (tabun, soman, sarin e la nuova classe degli agenti V) sono i più potenti fra gli agenti chimici militari, inibendo il corretto controllo dei muscoli da parte del sistema nervoso [4]: sviluppati in Germania a partire da antiparassitari negli anni ’30, nel corso del dopoguerra sono divenuti il principale armamento chimico di vari paesi; sono stati impiegati dall’Egitto nella guerra civile yemenita (1963-67), dall’Iraq contro l’Iran nella prima guerra del Golfo (1982-88) e contro i Peshmerga curdi e la città di Halabja (1983-88); infine negli attacchi terroristici nella metropolitana di Tokyo della setta Aum Shinrikyo (1995), a riprova che tali agenti sono a portata anche di gruppi sub-statali [5]. Nel luglio del 2012 Jiahd Makdissi, portavoce del ministero degli esteri siriano, ha confermato per la prima volta il possesso di armi chimiche (senza precisarne la natura) da parte del suo governo, al solo scopo di “difesa da aggressioni esterne”.

In Siria si sta combattendo da tre anni una ferocissima guerra civile (coinvolgendo più fazioni) che si stima abbia causato più di 100.000 vittime e milioni di profughi, senza che la comunità internazionale abbia potuto promuovere una soluzione politica o definire un mandato ONU per un intervento per por fine al conflitto o a scopo umanitario. La presente particolare attenzione internazionale agli impieghi di armi chimiche è dovuta più che per il numero di vittime alla loro speciale natura e al loro status nell’immaginario collettivo e nella giurisdizione internazionale: da sempre considerate “odiose, infide e indegne del vero soldato”, il loro impiego venne proibito nell’accordo bilaterale di Strasburgo fra la Francia e l’impero tedesco (27 agosto 1675), è stato condannato nella dichiarazione di Bruxelles (1874), formalizzato nel “Regolamento sulle leggi e gli usi della guerra terrestre” delle Convenzioni L’Aia del 1899 (articolo 23 (a)) e del 1907 (Convenzione IV, cap. II art. 23 (a)); nel trattato di pace di Versailles (1919) le potenze alleate le definirono armi “proibite” e nella conferenza di Washington del 1922 si giunse a un trattato che proibiva l’uso di armi chimiche “essendo stato giustamente condannato da parte dell’opinione generale del mondo civilizzato”, trattato tuttavia mai entrato in vigore.

La giurisdizione attuale comprende il Protocollo di Ginevra del giugno 1925 che proibisce l’uso in guerra di “gas asfissianti, velenosi o di altro tipo e di analoghi liquidi, materiali o apparati” (con le precisazioni e rafforzamenti decisi dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite (UNGA) il 16 dicembre 1969) [6], le limitazione al loro stazionamento nell’Antartide (Trattato antartico, dicembre 1959), in orbita e nello spazio esterno (Trattato dello spazio esterno, gennaio 1967) e sul fondo marino (Trattato del fondo marino, febbraio 1971), fino al bando totale previsto dalla Convenzione per la proibizione dello sviluppo, produzione, immagazzinamento e uso di armi chimiche e per la loro distruzione (CWC) (trattato di Parigi gennaio 1993) [7].

Nel gennaio 1946 la prima sessione dell’Assemblea Generale dell’ONU ha classificato le armi chimiche “armi di distruzione di massa”: come tali sono sottoposte al Global Partnership against the Spread of Weapons and Materials of Mass Destruction, alla Proliferation Security Iniziative e alla risoluzione 1540 del Consiglio di sicurezza dell’ONU [8]; è inoltre rilevante lo Statuto della Corte penale internazionale (entrato in vigore nel 2002), che prevede fra i crimini di guerra perseguibili anche l’uso di armi chimiche e biologiche.

La CWC è il più significativo e stringente accordo di disarmo e per la prevenzione di proliferazione di armi, con rigorosi sistemi di controllo affidati a una specifica organizzazione internazionale indipendente, l’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (OPCW), con sede a L’Aia. La CWC è quasi universale, con 189 paesi aderenti, mancando ancora Angola, Birmania, Corea del Nord, Egitto, Israele e, appunto, la Siria, che pertanto non può essere soggetta alle stringenti procedure di controllo previste dalla CWC, che includono anche ispezioni a sorpresa senza limiti; invece, dal 17 dicembre 1968 la Siria è parte del Protocollo di Ginevra.

A differenza della CWC, il Protocollo di Ginevra non prevede forme di controllo della sua attuazione, né procedure di verifica di eventuali denunce di possibile uso di armi chimiche [9]. A partire dagli ultimi anni ’70 l’ONU ha condotto investigazioni su asseriti impieghi di armi chimiche in Afganistan, Cambogia, Laos, dall’Iraq contro l’Iran, in Armenia e Mozambico; in questi casi i controlli si basarono su accordi specifici e procedure definite di volta in volta [10], finché l’Assemblea Generale nel 30 novembre 1987 [11]

Requests the Secretary-General to carry out investigations in response to reports that may be brought to his attention by any Member State concerning the possible use of chemical and bacteriological (biological) or toxin weapons that may constitute a violation of the 1925 Geneva Protocol or other relevant rules of customary international law in order to ascertain the facts of the matter, and to report promptly the results of any such investigation to all Member States.

Il “meccanismo del segretario generale” (SGM) venne riaffermato l’anno seguente dal Consiglio di sicurezza [12], che si impegnò a prendere immediatamente in considerazione le investigazioni del segretario generale. Un gruppo di esperti qualificati venne incaricato di definire linee guida e procedure operative per il SGM [13], le quali furono approvate dall’UNGA il 4 dicembre 1990 [14] e aggiornate nel 2006 [15]. Il documento definisce in dettaglio i criteri per la scelta degli esperti e dei laboratori che collaborino alle indagini, le informazioni che gli stati devono fornire, le collaborazioni con altre istituzioni, il lavoro da svolgere sul campo e le modalità di raccolta di informazioni e materiali, le regole di riservatezza e le forme di comunicazione dei risultati; viene in particolare sottolineata la necessità di procedere con la massima possibile urgenza. L’ufficio ONU per il disarmo (UNODA) ha il compito di seguire tali procedure e mantenere aggiornati gli elenchi di esperti e di laboratori.

Il segretario generale ha formalizzato accordi bilaterali per avvalersi del supporto tecnico dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO), attraverso il suo Global Alert and Response Department, e dell’OPCW; entrambi questi accordi sono stati aggiornati nel 2012, ma non sono stati resi pubblici; da dichiarazioni del direttore dell’OPCW si comprende che riguardano l’accettazione da parte dell’ONU delle procedure previste dalla CWC, la completa proprietà dell’ONU dei risultati delle indagini, responsabilità e garanzie della sicurezza degli ispettori e loro immunità e privilegi, oltre a questioni finanziarie. In particolare le norme della CWC proibiscono agli ispettori qualunque forma di comunicazione pubblica (o a governi) sui materiali raccolti, sui rapporti fattuali e sulle proprie opinioni e giudizi. I paesi parte della CWC e WHO non possono ricevere informazioni sui risultati, ma solo il rapporto finale dell’ONU.

L’attuale investigazione SGM in corso in Siria è stata promossa dalla Siria con la sua richiesta all’ONU (20 marzo 2013) di investigare su un possibile impiego di armi chimiche (da parte dell’opposizione) nel sobborgo Khan al-Asal di Aleppo. Il segretario generale Ban Ki-moon il giorno seguente, tenendo anche conto delle denunce della Francia e UK di altri incidenti, annunciò un’investigazione sul possibile uso di armi chimiche in Siria (senza indagare sui responsabili) in collaborazione con la WHO e OPCW, e il 26 marzo nominò lo scienziato svedese Åke Sellström capo della missione.

Le trattative col governo siriano sulla composizione della missione e sulle località da controllare richiesero alcuni mesi e si sbloccarono solo l’11 luglio e gli ispettori (9 esperti dell’OPCW e 3 della WHO) giunsero a Damasco il giorno 18 agosto con il compito di esaminare oltre Khan al-Asal altri due siti (mantenuti segreti per sicurezza). Il 19 agosto Moon ha precisato che gli ispettori “must have ... access to the reported sites to undertake the necessary analyses and to collect samples. It also includes interviews and examination of witnesses, victims, attending medical personnel as well as the conduct of post-mortem examinations.

Il 21 agosto scorso si è diffusa la notizia di gravi attacchi simultanei in vari quartieri periferici di Damasco (Ain Tarma, Douma, Erbin, Jobar, Kfar Batna, Qas Alaa, Zamalka e Mudamiyat Sham) con centinaia di vittime, che da testimonianze video e degli ospedali sono compatibili con l’impiego di armi chimiche. Il 23 agosto Ban Ki-moon ha dichiarato l’intenzione di condurre una specifica dettagliata ispezione, estendendo la missione del gruppo guidato da Sellström. Anche a seguito di pressioni da parte della Russia, il governo siriano ha permesso (25 agosto) alla missione ONU l’analisi dei siti di questi attacchi. Il 26 agosto un gruppo di ispettori diretti ad Al-Moadamya è stato attaccato da cecchini, senza danni alle persone, ma perdendo due mezzi.

Il 31agosto la missione è rientrata a L’Aia: nel corso dell’ispezione ha visitato ospedali, intervistato operatori sanitari e sospette vittime di attacchi chimici, raccolto campioni ambientali e biologici. Come previsto dal SGM ora il materiale raccolto è stato inviato a differenti laboratori per analisi e valutazioni tecniche. Ban Ki-moon ha dichiarato che si farà il necessario per avere un rapporto finale prima possibile.

L’evolversi della situazione con i presenti rischi di ulteriore imbarbarimento del già disumano conflitto in corso e di coinvolgimenti internazionali diretti impone che venga fatta chiarezza al più presto.


Alessandro Pascolini
Dipartimento di fisica e astronomia “Galileo Galilei”
Membro del Consiglio direttivo del Centro di Ateneo per i Diritti Umani
Università di Padova


[1] Syria: reported chemical weapons use, From the Chairman of the Joint Intelligence Committee Ref: Jp 115, 29 August 2013, Cabinet Office, London

[2] Programme chimique syrien: Cas d’emploi passés d’agents chimiques par le régime, Attaque chimique conduite par le régime le 21 août 2013, Synthèse nationale de renseignement déclassifié, République Française, Paris

[3] US Government Assessment of the Syrian Government’s Use of Chemical Weapons on August 21, 2013, The White House, August 30, 2013,Washington

[4] A. Palazzi, 2012, Le armi chimiche, in G. Giacomello, A. Pascolini (eds), 2012, L’ABC del terrore. Le armi di distruzione di massa nel terzo millennio, Vita e Pensiero, Milano, pp. 55-88.

[5] K. Coleman, 2005, A History of Chemical Warfare, Palgrave Macmillan, Houndmills

[6] UN General Assembly Resolution 2603 A (XXIV) (16 December 1969)

[7] W. Krutzsch and R. Trapp, 1994, A Commentary on the Chemical Weapons Convention, Nijhoff, Dordrecht

[8] A. Pascolini, 2011, L’intensa primavera nucleare di Barack Obama, Pace e diritti umani, VIII (1) pp. 31-83

[9] R.R. Baxter and T. Buergenthal, 1970, Legal aspects of the Geneva Protocol of 1925, American Journal of International Law 64, pp. 853-879

[10] J. Littlewood, Investigating allegations of CBW use:reviving the UN Secretary-General’s mechanism, Compliance Chronicles Number 3 December 2006, Ottawa

[11] UN General Assembly Resolution A/RES/42/37C (30 November 1987)

[12] UN Security Council Resolution 620 (26 August 1988)

[13] UN General Assembly Document A/44/561 Annex I (4 October 1989)

[14] UN General Assembly Resolution A/RES/45/57C (4 December 1990)

[15]UN General Assembly Resolution A/RES/60/288 (20 September 2006)

 

 

Last update

30/05/2019