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Article 51 of the United Nations Charter: Exception or General Rule? The Nightmare of the Easy War

Antonio Papisca (2005)
Pubblication type
Articolo / Saggio
Pages
13-28
Language
EN

L’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite: da eccezione a regola
generale? L’incubo della guerra facile
Antonio Papisca

Il saggio è dedicato alla riforma delle Nazioni Unite e contiene l’analisi critica del Rapporto dello High-Level Panel Un mondo più sicuro (dicembre 2004) e del Segretario Generale In una più ampia libertà (marzo 2005) con particolare riferimento alle parti dedicate agli aspetti militari della sicurezza. Questi documenti condividono l’assunto che la sicurezza è «sicurezza umana», quindi sicurezza multidimensionale riguardante sia l’ordine pubblico sia le condizioni di vita sociale, economica, ambientale. Ma le proposte che essi avanzano non sono coerenti con l’assunto, poiché danno prevalenza agli aspetti militari e al Consiglio di Sicurezza rispetto al Consiglio Economico e Sociale e alla vasta area di competenza di questo. Gli autori dei Rapporti condividono l’interpretazione estensiva dell’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite, nel senso che l’autotutela da parte degli Stati potrebbe essere esercitata anche in via preventiva. Partendo da questa arbitraria interpretazione, viene prospettata una nuova «divisione del lavoro militare» tra ONU e Stati: nella competenza di questi rientrerebbe l’uso della forza, mentre all’ONU spetterebbero soltanto il peacekeeping e il peacebuilding. Sulla base di questa distinzione di compiti, viene costruita una tipologia di minacce cui gli Stati sarebbero legittimati a rispondere con la forza: , attacco in atto, minaccia imminente, minaccia non-imminente o latente, casi di genocidio e di atrocità diffuse. La forza potrebbe essere usata, oltre che a titolo di autotutela sia successiva (ad attacco in atto) sia preventiva (minaccia non-imminente o latente), anche a titolo «pre-emptive» (minaccia imminente) e «protective» (genocidio). Soltanto per i casi di intervento preventivo e protettivo l’ONU avrebbe ruolo, nel senso che ne sarebbe richiesta la «autorizzazione» o l’«approvazione». Il rischio che anche in questi casi si tratti di ratificare il fait accompli degli Stati più forti. La prospettiva è quella della geopardizzazione della sicurezza, con effetti di destabilizzazione permanente. L’analisi critica dei Rapporti mette in risalto che non vengono mai evocati gli articoli 42 e 43 della Carta, che prevedono competenze e poteri «sopranazionali» dell’ONU. Nel Rapporto di Kofi Annan è avanzata la prosposta di creare «un sistema di collegamento di capacità di peacekeeping», nel quale sarebbero incluse anche le forze di rapido impiego (stand-by) di organizzazioni regionali quali l’Unione Europea e l’Unione Africana. Secondo l’autore del saggio l’esistenza di questo «sistema» darebbe attuazione appunto all’articolo 43, che prevede che il Consiglio di Sicurezza disponga in via permanente di una forza militare: in questo caso, non sarebbe singoli Stati a conferire all’ONU parte delle loro forze armate, ma «gruppi di Stati» (di cui parla l’articolo in questione) attraverso le rispettive organizzazioni regionali d’appartenenza. L’implementazione dell’articolo 43 renderebbe possibile l’implemetazione dell’articolo 42, che prevede che il Consiglio di Sicurezza in quanto tale possa «intraprendere» e comandare azioni militari, e comporterebbe l’automatica abrogazione dello scandaloso articolo 106 («disposizione transituazione di sicurezza»), che pone i cinque Stati vincitori della seconda guerra mondiale al di sopra non soltanto di tutti gli altri membri delle NU ma anche della stessa Carta.
L’autore lancia l’allarme sul disegno di smantellamento del sistema di sicurezza collettiva disegnato dalla Carta e sulla correlata prospettiva di un mondo con la «guerra facile» (easy war).

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peace human security human rights UN reform use of force