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Diritti dei popoli: la Lega e il Tribunale Permanente

Pietro Barrera (1987)
Pubblication type
Articolo / Saggio
Pages
95-102
Language
IT

 

La Dichiarazione universale dei diritti dei popoli ha appena compiuto dieci anni. Il Tribunale permanente dei popoli, la Fondazione e la Lega internazionale per i diritti e la liberazione dei popoli - i tre figli legittimi di quel singolare e straordinario atto normativo - sono così giunti ad un importante momento di verifica delle proprie motivazioni, del proprio funzionamento, delle prospettive per il futuro. Il Tribunale, in particolare, deve rispondere oggi come dieci anni fa ad un interrogativo radicale, che ne mette in discussione il fondamento e la legittimità: cosa significa, a che serve, come può darsi una istituzione così anomala, un tribunale "privato", privo di investiture formali ed incapace di assicurare l'effettività delle proprie decisioni, che pure ha la presunzione di giudicare governi, organismi internazionali, imputati "eccellenti" della politica, della finanza internazionale, delle forze armate di tanti paesi. Anche la Carta di Algeri autorizzava le medesime perplessità: la pretesa di affiancarsi alle risoluzioni delle Nazioni Unite ed alle "carte dei diritti" delle organizzazioni regionali (in Europa, in America, più tardi in Africa), come momento di codificazione di un diritto in fieri, era certamente arbitraria, né l'indiscutbile prestigio delle personalità che l'avevano redatta - su proposta e sollecitazione di Lelio Basso - era sufficiente a fugare ogni dubbio. [...]

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