1. La Dichiarazione universale dei diritti dei popoli può essere oggi vista sotto due diverse angolazioni.
Come spesso succede in simili casi, le prospettive e i giudizi sulla fecondità culturale di questo testo cambiano secondo il punto di vista adottato.
Un primo punto di vista potrebbe consistere nel valutare il modo in cui si sono svolti, nel corso del decennio che ci separa dal 4 luglio 1976, i processi economici e politici mondiali e nel confrontare tale svolgimento con le prospettive a medio termine soggiacenti alla Dichiarazione.
Un'altra possibile via starebbe nel considerare questo testo come l'abbozzo di un progetto di coesistenza tra gli uomini alternativo a quello esistente. Un progetto aperto rispetto alle strade da seguire per la sua realizzazione; fondato non su una razionalità astratta, bensì sull'osservazione della storia dell'uomo; orientato alla salvaguardia di una serie di "beni" che l'esperienza storica indica come essenziali agli uomini per proseguire la loro avventura su questa terra e che funzionerebbero come indicatori nella ricerca delle vie da esplorare, come pietra di paragone per verificare di volta in volta se questi sono o meno all'altezza dell'ordine alternativo che si vuole costruire. [...]