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28/7/2006 (Archivio storico)

L'Unione Europea esprime rammarico per la sospensione delle negoziazioni di Doha


In un commento pubblicato il 24 luglio 2006, il Commissario per il commercio Peter Mandelson ha espresso profondo disappunto, manifestando “il dispiacere degli Stati membri dell’Unione Europea”, per l’interruzione dei negoziati mondiali sul commercio.

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Il Commissario prosegue osservando che:

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[Il fallimento delle negoziazioni] non era né auspicabile né inevitabile. […].Tra le nostre posizioni e le condizioni per un accordo non ci sono grandi numeri o somme enormi. Infatti, il nostro lungo incontro G6 di ieri – il primo di una serie di riunioni che sarebbero dovute continuare sino alla metà di agosto – è stato davvero il migliore del genere […]. Poiché [il G6] aveva ricevuto il compito dal G8 di dare indicazioni circa un’ulteriore flessibilità, ho avuto l’impressione che ciascuno abbia fatto ciò che doveva fare, tranne gli Stati Uniti.

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Gli Stati Uniti non erano disposti ad accettare, o meglio a riconoscere, la flessibilità mostrata da altri nella sala e, di conseguenza, si sono dimostrati incapaci di concedere un’adeguata flessibilità sulla questione dei sussidi agli agricoltori.

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Si trattava di una riunione destinata a creare il consenso [...], una riunione in cui potevamo fare un passo in avanti, senza formalizzare nessuna nuova offerta, cosicché, alla fine, fossimo in grado di mettere assieme tutti gli ingredienti e di agire di concerto. A nessuno è stato chiesto di agire in anticipo o unilateralmente. L’intenzione era quella di produrre una serie di iniziative combinate che ci portassero ad un compromesso accettabile da tutti.

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Nel decidere di non dare nessuna indicazione circa le proprie intenzioni future, gli Stati Uniti hanno ritenuto fosse opportuna in questo momento l’interruzione delprocesso di negoziazione. Questo fatto dimostra il non volersi attenere allo “spirito del Summit di San Pietroburgo” [...].

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[...] come abbiamo comunicato prima della sessione e durante l’incontro, saremmo stati in grado di determinare un significativo miglioramento nella nostra proposta relativa all’accesso al mercato agricolo [...].

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Non è rimasto più tempo. Ieri abbiamo perso l’ultima uscita nell’autostrada delle negoziazioni, per quest’estate, e non sarebbe saggio nascondercelo.

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Fondamentalmente, con quanto è già sul tavolo, siamo vicini ad un accordo che è superiore aquanto sia stato mai raggiunto nei precedenti round negoziali. [...]. Il fallimento di questo fine settimana significa che abbiamo perso l’importante, tangibile, successo che abbiamo costruito per i Paesi in via di sviluppo, comprese le nazioni più povere.

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Non solo nuove opportunità per il commercio in derrate agricole e beni industriali e servizi, ma a soprattutto regole commerciali più forti che potrebbero guidare la crescita economica e lo sviluppo per i più bisognosi nel mondo.

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[...]

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Ma il costo è persino maggiore. Rischiamo di indebolire l’Organizzazione Mondiale del Commercio ed il sistema commerciale multilaterale in un momento in cui abbiamo bisogno di aumentare la fiducia internazionale piuttosto che danneggiarla ulteriormente, e di fare ciò che possiamo per stabilizzare il mondo senza creare tensioni ed incertezze ulteriori.

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Siamo franchi, oltre a trattarsi di un costo economico, vi è un altissimo costo politico per questo fallimento.

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Per queste ragioni, l’Unione Europea non desiste da questo round negoziale. Siamo rimasti qui [...]. Continueremo adagire in questo senso perché è giusto e corretto nei confronti dei Paesi in via di sviluppo, ma anche perché rientra nei nostri interessi economici. Spero che nel momento in cui il fumo sarà sparito, altri saranno interessati a fare lo stesso. Siamo pronti a riprendere da dove ci siamo interrotti.


Aggiornato il

16/7/2009