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L'Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati ha rilasciato un nuovo report sull'impatto del COVID-19 sulle persone apolidi, denunciando come queste ultime abbiano subito conseguenze particolarmente forti dall'inizio della pandemia, poiché prive di nazionalità. In molti contesti le persone apolidi sono state escluse dall'accesso ai test e ai trattamenti Covid, oltre che dai servizi sociali essenziali, in quanto privi di status legale e per questo invisibili alle autorità.
Stando al report, vi sono almeno 4.2 milioni di persone prive di nazionalità in 94 paesi diversi, il cui compito è quello di prevenire e ridurre l'apolidia, e di tutelare le persone apolidi durante la pandemia, assicurando che i piani nazionali di vaccinazione siano il più inclusivi possibile; l'UNHCR suggerisce l'utilizzo di forme alternative di prove di identità rispetto alla nazionalità o alle carte d'identità.
Per far fronte a queste difficoltà, l'agenzia segnala che il programma di vaccinazione COVAX, istituito nell'ambito dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, è stato creato per fornire i vaccini ai 190 Paesi partecipanti, per aiutarli ad immunizzare le fasce più vulnerabili della società.
L'UNHCR ha evidenziato che la pandemia ha avuto un impatto sproporzionato sulle persone apolidi, peggiorando le disuguaglianze già presenti, specialmente in termini di accesso al reddito e ad altri servizi sociali.
In quanto a buone pratiche, ad oggi un certo numero di Paesi offre accesso universale ai vaccini Covid, tra cui Spagna, Portogallo, Turkmenistan, Libano, Kuwait e Giordania. Nel Regno Unito i migranti privi di documenti, tra cui anche le persone apolidi, potranno ricevere il vaccino senza che i loro dati siano comunicati alla polizia.
27/6/2021