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Si è conclusa il 18 dicembre la sesta conferenza ministeriale dell’Organizzazione mondiale del commercio. Il direttore generale Pascal Lamy ha espresso la propria soddisfazione per l’accordo trovato tra i 149 Stati membri del WTO, i cui punti essenziali sono contenuti nella dichiarazione ministeriale. Si tratta del primo passo concreto verso la conclusione del Doha Round, ottenuto dopo i fallimenti degli ultimi sei anni, da Seattle a Cancan. Si tratta comunque di un accordo che certifica la crisi irreversibile del regime di liberalizzazione degli scambi creato dieci anni fa e che al contempo, secondo molti commentatori, rappresenta una volta ancora la vittoria dei Paesi ricchi. L’accordo di Hong Kong non accoglie affatto le richieste formulate dai paesi meno sviluppati, così come quelle presentate dai paesi ACP e dal blocco dei paesi africani. A prevalere sono ancora una volta le posizioni euro-americane. Profonda è la delusione delle principali organizzazioni della società civile, fortemente impegnate in iniziative e attività in contemporanea al vertice.
-I punti essenziali dell’accordo sono descritti in questa pagina a cura dell’osservatorio Tradewatch: in sintesi, abolizione da parte dei Paesi ricchi dei sussidi in favore delle loro esportazioni agricole dal 2013 (e non dal 2010 come negoziato in un primo momento, vittoria dell’UE); cotone: la fine dei relativi sussidi all’esportazione nel corso del 2006; NAMA (prodotti industriali): adozione della formula svizzera sulla riduzione dei dazi; servizi: adozione dell’allegato che stabilisce il calendario dei negoziati e l’avvio di negoziati plurilaterali dal 2006; trattamento speciale e differenziato: abolizione dei dazi doganali da parte dei Paesi industrializzati sul 97% dei prodotti dei 50 Pesi meno sviluppati.
16/7/2009