Il diffondersi del principio di non discriminazione grazie alle politiche e alle pratiche del settore privato. Un'esplorazione dei problemi e delle possibilità
Il Preambolo della Dichiarazione universale dei diritti umani (UDHR) fa riferimento agli «atti di barbarie che offendono la coscienza dell'umanità » compiuti nel decennio precedente al 1948, anno in cui la dichiarazione è stata adottata. Eppure l'articolo 2 della dichiarazione non menziona esplicitamente uno dei motivi per cui molte persone furono sistematicamente perseguitate dal regime nazista, ovvero l'orientamento sessuale.
Non ci sono dubbi sul fatto che, specialmente in Europa, la situazione relativa all'orientamento sessuale è considerevolmente cambiata nel corso degli ultimi dieci anni. Un indicatore significativo della trasformazione in termini di protezione giuridica è la Direttiva 2007/78/EC che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro.
Questo articolo esplora le possibilità così come gli ostacoli e i limiti della diffusione del principio di non discriminazione. Lo fa applicando il cosiddetto «social working of law approach» di Griffiths (l'approccio sul funzionamento sociale del diritto) ai due casi studio relativi a istituzioni finanziarie internazionali e alle loro politiche sulla non discriminazione rispetto all'orientamento sessuale. L'analisi sull'efficacia delle leggi e delle regole concernenti la non discriminazione sulla base dell'orientamento sessuale ha rivelato alcune idee nuove sull'interazione tra il diritto e la prassi e tra le regole e la loro interpretazione.
Gli esempi discussi in questo articolo mostrano che alcuni soggetti del settore privato hanno sviluppato e adottato politiche e pratiche che includono la non discriminazione rispetto all'orientamento sessuale e, in molti casi, sono più avanzate delle disposizioni previste dalla legge.
Sembra, infatti, che possano avere influenzato le politiche e la legislazione nell'Unione Europea, nei suoi Stati membri e non solo. Grazie a un processo di apprendimento pubblico-privato, le politiche e le pratiche delle imprese sono ora adottate e prescritte da organizzazioni non governative e gruppi di pressione nelle guide alle best practices, nei forum di confronto e nei percorsi formativi. Queste imprese promuovono ed esportano le politiche e le pratiche di inclusione e accettazione delle differenze in una regione come l'Asia dove non esiste nessun sistema regionale per i diritti umani degno di essere chiamato tale. Certamente il fine ultimo di tali imprese rimane la massimizzazione dei profitti e, per alcune di esse, la principale ragione per aver introdotto queste nuove politiche è stata evitare problemi legali. Tuttavia, la loro prassi potrebbe anche portare a miglioramenti di più ampio respiro. Con la proposta di una singola direttiva comune a tutti per combattere la discriminazione, c'è la possibilità che l'UE codifichi, legiferi e armonizzi in maniera più efficace quello che sta già accadendo in pratica e quello che è ulteriormente richiesto dai cittadini.