Mi ha colpito l'intervista televisiva ad un ragazzo carcerato. Alla domanda: che cos'è per te lo stato? ha risposto: "niente".
Neppure una realtà ostile, un nemico da battere. È la delegittimazione totale, affettiva prima che morale.
All'opposto ci sono ancora giovani e ragazze disposti a rischiare la vita come "servitori dello stato". Ciò significa che non è semplice né pacifica l'elaborazione del concetto e del sentimento dello stato.
Sul piano teorico si registrano posizioni opposte e diverse, che vanno dall'anarchismo al totalitarismo. Sul piano psicologico si va da facili identificazioni (lo stato siamo noi) a facili rifiuti (lo stato è nemico della vita).
La questione è densa e problematica.
Nel mito della fondazione di Roma c'è un delitto: Romolo uccide Remo, che ha irriso la serietà del simbolo dello stato, un simbolo che voleva segnare la distanza
fra la barbarie e la civiltà. Per contestare le leggi ingiuste, Socrate non ha predicato l'anarchia, ma ha fatto l'apologia delle leggi, ossia dello stato, accettando la morte per confermare insieme la fiducia e la critica nei riguardi delle istituzioni [...]