Oggi, forse più di ieri, c’è attenzione per il mondo dell’infanzia e dell’adolescenza: da parte del legislatore, nazionale e internazionale; da parte della società civile, dal quartiere al mondo; ma anche – e molto, soprattutto nelle aree ricche del pianeta – da parte del mercato, da quello dei mezzi della comunicazione a quello del vestiario a quello del divertimento: il mondo dei bambini e degli adolescenti preda della moda, del consumismo, della standardizzazione, della espropriazione di identità, della distruzione del potenziale immaginativo e creativo, della ghettizzazione generazionale spacciata per riconoscimento dell’intraprendenza giovanile…
La costruzione di un nuovo ordine internazionale democratico, quale dimostrazione della volontà etica e politica di accettare la centralità dei bambini nella nuova storia, deve cominciare proprio dalla presa di coscienza del fatto che gli stati-nazione, quanto meno in punto di diritto, non sono più “sovrani” neppure nei loro rapporti esterni. Su questo piano, in virtù del movimento transnazionale per i diritti umani e delle esplicite norme internazionali stipulate a partire dal 1948, si configura lo stesso principio “costituzionale” posto all’interno dei singoli stati: la sovranità appartiene al popolo – pro quota ai singoli individui che lo compongono – e lo stato è ente strumentale, insomma la persona umana è prioritaria rispetto allo stato e a qualsiasi altro sistema creato per un facere predeterminato.
I leaders politici mondiali, di fatto, non sono più gli attori esclusivi delle relazioni internazionali.
Nel nome dei bambini, guardino con sempre maggiore attenzione e considerazione ai rapporti che si vanno strutturando fra le loro rispettive società civili “interne” e le antenne sensibili della società civile internazionale e ne interpretino, coraggiosamente, i segnali umanizzanti.