Copertina della rivista Pace diritti umani - Peace Human Rights (2/2005)

The Case for the International Criminal Court (ICC)

Roberto Toscano (2005)
Tipologia pubblicazione
Articolo / Saggio
Pagine
43-54
Lingua
EN

A proposito della Corte Penale InternazionaleRoberto Toscano

L’assunto da cui parte l’autore è che la creazione della Corte Penale Internazionale interessa vari aspetti delle relazioni internazionali, non soltanto quelli strettamente giuridici. Un aspetto importante con rilevanti ricadute sulla politica riguarda le conseguenze che discendono dal collegamento sempre più stretto che si è venuto creando tra diritto internazionale umanitario (ius in bello) e diritto internazionale dei diritti umani, collegamento che mette in questione lo stesso diritto di fare la guerra (ius ad bellum). Grazie alla Corte Penale Internazionale i diritti umani fanno un passo avanti molto significativo nel coinvolgere nella loro logica il diritto umanitario. L’autore affronta quindi alcuni dei principali rilievi che vengono fatti alla Corte sia dal mondo dell’accademia sia da quelli degli Stati che si sono opposti alla sua costituzioni, specialmente dagli Stati Uniti. La risposta all’obiezione che la Corte abolirebbe la sovranità degli Stati è che si tratta di una grossa esagerazione, se si considera che la giurisdizione della Corteè complementare rispetto a quella degli Stati, è insomma un tribunale «di ultima istanza». L’obiezione che la Corte sarebbe vulnerabile nei confronti della manipolazione politica è sostenuta certamente da ragioni plausibili, ma, in via generale, la vulnerabilità riguarda non soltanto l’area del diritto penale bensì anche quella del diritto civile. Nel caso in specie, si sottolinea che lo statuto della Corte prevede tra l’altro che il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite possa, a certe condizioni, intervenire nel fermare il procedimento giudiziario avviato. L’autore sostiene che è molto meno vulnerabile un corte istituita a prescindere e prima dei conflitti, che tribunali istituiti ad hoc come per esempio quelli per la ex Jugoslavia e il Rwanda. Un’altra obiezione riguarda la presunta incompatibilità tra giustizia internazionale e riconciliazione nazionale. L’autore sostiene che il reale obiettivo della Corte Penale Internazionale, più che la punizione, è la prevenzione: l’esempio del meccanismo «verità e riconciliazione» in Sud Africa non avrebbe funzionato in assenza della minaccia, quale alternativa esplicita, dell’applicazione delle ordinarie procedure di giustizia penale. La tesi secondo cui la Corte non si farebbe carico della lotta al terrorismo a confutata dall’autore citando l’art. 7 dello Statuto della Corte che tra i crimini contro l’umanità annovera il «diffuso o sistematico attacco diretto contro qualsiasi popolazione civile». L’autore risponde infine alla domanda di cosa rappresenti l’avvento della Corte per la globalizzazione in atto. La Corte non è certamente responsabile della «relativizzazione della sovranità» degli Stati, al contrario essa è la giusta risposta a quanti rischiano di soccombere alla «teoria del caos». In base al principio della responsabilità personale, la Corte si fa carico di individuare il «chi» non il «perché» dei fenomeni negativi della globalizzazione. In quanto tale, essa dà un formidabile contributo alla crescita di un mondo in cui il diritto può aiutarci non soltanto a limitare e regolare i conflitti, quanto a prevenirli.

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pace diritti umani Corte penale internazionale