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28/1/2020
Alcuni giudici della Corte Europea per i Diritti Umani in seduta
© ©Council of Europe /Alban Bodineau

Italia: il Governo presenta al Parlamento la relazione sull’esecuzione delle sentenze della Corte europea dei diritti umani nel 2018

L'8 gennaio 2020 è stata presentata in parlamento la relazione annuale sull’esecuzione delle pronunce della Corte europea dei diritti umani nei confronti dell’Italia, con riferimento al 2018. La relazione, redatta dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri come previsto dalla legge n. 12 del gennaio 2006, illustra lo stato di attuazione di tutti gli atti indirizzati all’Italia, dalle sentenze alle decisioni adottate dalla Corte.

Dalla relazione è emerso che, sebbene siano in diminuzione le pendenze dei casi italiani dinanzi alla Corte europea dei diritti umani (4.665 nel 2018 a fronte dei 6.160 del 2016), si è registrato un aumento della spesa per gli indennizzi, che gravano maggiormente sulle casse dello Stato.

La diminuzione dei casi pendenti è un buon risultato per l’Italia che tuttavia, con 4.050 casi, rimane al quinto posto nella classifica degli Stati relativa al numero di affari contenziosi pendenti, preceduta dalla Russia (11.745), dalla Romania (8.503), dall’Ucraina (7.267) e dalla Turchia (7.107).

Un aspetto divenuto ormai un problema cronico è la durata dei processi, insieme al contenzioso relativo all’applicazione della legge Pinto (circa 1.200 ricorsi). I dati forniti riportano un complessivo miglioramento in questo settore, dato dalla diminuzione dei ricorsi (nel 2015 ammontavano al 8.050).

Nel 2018 sono stati attivati 15 procedimenti di rivalsa, in diminuzione rispetto al 2017 (37). La relazione afferma che “in due casi gli enti territoriali hanno manifestato la disponibilità al raggiungimento dell’intesa, la cui procedura è attualmente in corso, per un importo totale dovuto di euro 526.500,00”, mentre in 9 casi l’accordo è stato già raggiunto.

Per quanto riguarda le condanne, per evitare un esito negativo nel procedimento a Strasburgo, il Governo fa ampio ricorso a dichiarazioni unilaterali e a regolamenti amichevoli, arrivando così a una definizione in via pre-giudiziale soprattutto per il contenzioso seriale. Nel triennio 2016-2018 le dichiarazioni unilaterali sono state 1.101 e nel 2018 l’Italia si è aggiudicata il primo posto con 273 dichiarazioni e il quarto con 243 regolamenti amichevoli.

Nel 2018 ci sono state 11 sentenze di condanne in cui è stata accertata almeno una violazione, con una riduzione superiore alla metà di quelle del 2017 (28). Tra le sentenze della Corte vi sono condanne riguardanti il divieto di tortura e trattamenti disumani o degradanti, con 2 violazioni, (articolo 3); il diritto all’equo processo, con 5 condanne (articolo 6), il principio nulla poena sine legge (articolo 7, con 1 violazione), il diritto al rispetto della vita privata e familiare (articolo 8, con 4 violazioni), il diritto di proprietà (articolo 1, Protocollo n. 1, con 3 violazioni), il diritto alla tutela giurisdizionale effettiva (articolo 13, 1 violazione).