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30/3/2022

Nazioni Unite: l’occupazione israeliana dei territori palestinesi è apartheid

Nella giornata di venerdì 25 marzo, durante la sessione del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, il Relatore Speciale per la situazione dei diritti umani nei territori palestinesi occupati dal 1967 Michael Lynk ha esortato la comunità internazionale ad accettare e adottare i risultati del suo report sulla pratica dell’apartheid nei territori palestinesi occupati da Israele, evidenziando il doppio sistema legale e politico profondamente discriminatorio che ancora oggi regna in quei territori.

Lynk ha inoltre riconosciuto che ci sono più di 3 milioni di palestinesi che vivono in un sistema oppressivo di discriminazione istituzionale e altri 2 milioni che vivono a Gaza, descritta come una “prigione all’aria aperta”, senza un accesso adeguato a corrente, acqua o servizi sanitari, con un’economia al collasso e senza permesso di viaggiare nel resto della Palestina o del mondo.

In questo contesto, Israele rientra nella definizione internazionale riconosciuta di apartheid, in quanto regime politico che intenzionalmente privilegia i diritti politici, legali e sociali fondamentali di un gruppo rispetto ad un altro appartenente alla stessa area geografica, sulla base dell’identità etnica, nazionale o razziale.

Il relatore speciale ha poi ricordato le centinaia di risoluzioni adottate dal Consiglio di Sicurezza e dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite negli ultimi 40 anni sull’illegalità dell’annessione israeliana dei territori palestinesi, ma dal momento che non ci sono state conseguenze, la comunità internazionale è anch’essa responsabile della situazione odierna di apartheid che lo Statuto della Corte Penale Internazionale del 1998 definisce come crimine contro l’umanità. Per questo motivo, Lynk ha concluso esortando la comunità internazionale ad identificare una lista di misure effettive che porteranno l’occupazione israeliana e le sue pratiche di apartheid ad una completa conclusione.