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Alto Commissario per i diritti umani delle Nazioni Unite: Rapporto di analisi delle vittime del conflitto in Siria

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L'Alto Commissario per i diritti umani delle Nazioni Unite, Navi Pillay, ha commissionato un'analisi approfondita sul numero di vittime del conflitto in Siria. Il 2 gennaio 2013, ha riportato l'elenco di 59.648 persone uccise in Siria tra il 15 marzo 2011 e il 30 novembre 2012.

L’ Alto Commissario per i diritti umani delle Nazioni Unite, ha espesso il suo sconcerto poiché, non essendoci stata una tregua del conflitto a fine novembre, si suppone che più di 60.000 persone sono state uccise entro il 2013 e il numero di vittime è molto più alto di quanto si aspettassero.

Anche se questa è l’analisi più dettagliata fatta fino ad ora, si tiene a precisare che non tutte le morti sono state verificate e ulteriori indagini verranno svolte una volta terminato il conflitto per avere dati più precisi sul numero di vittime, le circostanze di morte e i responsabili dei crimini commessi. Questa analisi è una base molto utile da cui partire per le indagini future per fare giustizia e risarcire le famiglie delle vittime.

Gli analisti hanno osservato che il numero di 60.000 vittime è probabilmente una sottostima del numero reale di morti, dato che i resoconti delle uccisioni contenenti informazioni insufficienti sono stati esclusi dalla lista e che un numero significativo di omicidi potrebbe non essere stato documentato dalle fonti, in quanto la registrazione e la raccolta di dati precisi e affidabili è diventato sempre più difficile a causa del conflitto in molte parti del paese.

Secondo Navi Pillay, la perdita di vite umane si sarebbe potuta evitare se il governo siriano avesse scelto di intraprendere un percorso diverso da quello della repressione spietata delle proteste pacifiche e legittime di civili disarmati. Ma poiché la situazione ha continuato a degenerare, un numero sempre maggiore di persone è stato ucciso da gruppi armati anti-governativi e c’è stata una proliferazione di gravi reati tra cui crimini di guerra, e molto probabilmente di crimini contro l'umanità, da entrambe le parti.
Il rapporto mostra un costante aumento del numero medio di morti documentati dal mese dopo l'inizio del conflitto, passando da circa 1.000 al mese in estate del 2011 a una media di più di 5.000 al mese da luglio 2012. Il maggior numero di omicidi segnalati si sono verificati a Homs (12.560), Damasco e dintorni (10.862) e Idlib (7.686), seguite da Aleppo (6.188), Daraa (6034) e Hama (5.080). 
Oltre il 76% delle vittime documentate fino ad ora è di sesso maschile, mentre il 7,5% è di sesso femminile. Il sesso della vittime non è chiaro nel 16,4% dei casi. L'analisi non è stato in grado di distinguere chiaramente fra combattenti e non combattenti.

Alla fine del suo intervento, Pillay riconosce il fallimento della comunità interazionale e del Consiglio di sicurezza. Per questo è necessario pianificare una serie di azioni nell’immediato, non solo per fornire aiuti umanitari a tutti coloro che ne hanno bisogno, ma anche per proteggere tutti i cittadini siriani da rappresaglie e atti di vendetta e di discriminazione. Pillay dostiene infatti che un supporto è fondamentale e che l'investimento in uno sforzo di stabilizzazione dell’ordine pubblico costerà molto meno che decenni di instabilità e di illegalità.

 

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