Amnesty International: Rapporto Annuale 2006


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E’ stato recentemente pubblicato il Rapporto 2006 di Amnesty international (disponibile anche in lingua italiana). Ai seguenti temi viene dedicata nel documento particolare enfasi: controllo delle armi (Amnesty international richiede infatti che si avvii la negoziazione di un Trattato internazionale che ne regolamenti il commercio), giustizia internazionale, diritti umani delle persone sfollate, violenza nei confronti di donne e bambine; pena di morte.

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Per quanto riguarda le situazioni nazionali dei diritti umani ritenute maggiormente critiche, il Rapporto focalizza l’attenzione sul Sudan, la Cecenia, la Colombia, l’Afghanistan, l’Iran, l’Uzbekistan e la Corea del Nord, prendendo evidentemente in considerazione l’efficacia delle azioni internazionali promosse con riferimento a tali contesti.. Il Rapporto denuncia il fatto che la situazione dei diritti umani nei Territori Palestinesi Occupati sia pressoché scomparsa dall’agenda internazionale, determinando in questo modo l’aumento dell’angoscia e della disperazione della popolazione palestinese da un lato, e le paure di quella israeliana dall’altro.

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Il ricorso alla “logica dei due pesi e delle due misure” nell’affrontare le situazioni nazionali dei diritti umani, secondo Amnesty international indebolisce la capacità della Comunità Internazionale di affrontare gravi crisi dei diritti umani. Anche le irregolarità accertate nella conduzione di politiche di contrasto e prevenzione di atti di terrorismo da parte ad esempio di Stati Uniti e di Paesi Membri dell’Unione Europea determinano una minore credibilità dell’azione di denuncia svolta da questi importanti attori circa le violazioni dei diritti umani nel mondo.

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Per quanto riguarda gli Stati Uniti, il Rapporto riconosce come, “nonostante l’opposizione del presidente Bush, il Congresso Usa ha ribadito il divieto di tortura e di altri maltrattamenti, ma ha anche gravemente ristretto il diritto dei detenuti di Guantanamo di ottenere una revisione giudiziaria dei propri casi da parte delle corti federali”. Ai Paesi Membri dell’Unione Europea, in base ad informazioni raccolte nel corso delle inchieste sul tema svolte dal Parlamento europeo e dall’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, viene invece criticato il coinvolgimento nel programma Usa di trasferimenti illegali di prigionieri e di persone ritenute colpevoli di atti di terrorismo.

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Inoltre, secondo quanto affermato nel Comunicato stampa di presentazione del Rapporto da parte della sezione italiana dell’Organizzazione “in un anno in cui hanno speso gran parte del tempo a parlare di riforme e di composizione dei loro principali organismi, le Nazioni Unite non hanno prestato attenzione al comportamento di due membri-chiave come la Russia e la Cina, che hanno fatto prevalere i propri limitati interessi economici e politici nei confronti delle preoccupazioni sui diritti umani a livello nazionale e internazionale. [...] coloro su cui, nel Consiglio di Sicurezza dell’ONU, ricade la maggiore responsabilità di salvaguardare la sicurezza globale, sono stati i più attivi nel paralizzare questo organismo e impedirgli di svolgere un’azione efficace in difesa dei diritti umani”.

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Per tali motivi, una delle principali richieste formulate da Amnesty international nelle conclusioni del Rapporto si riferisce all’esigenza che il Consiglio diritti umani delle Nazioni Unite insista “nel pretendere i medesimi standard di rispetto dei diritti umani da parte di tutti i governi, che si tratti del Darfur o di Guantanamo, della Cecenia o della Cina”.

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Per quanto riguarda la situazione in Iraq, il Rapporto sostiene che “nel 2005, il Paese è affondato in un vortice di violenza settaria […ed] è questa la dimostrazione che quando le grandi potenze sono troppo arroganti per rivedere e mutare le proprie strategie, il prezzo più alto viene pagato dai poveri e da chi non ha potere: in questo caso donne, uomini e bambini iracheni”.

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Il 2005, secondo il Rapporto, è stato un anno che ha visto una grande mobilitazioni della società civile per assicurare l’attuazione degli Obiettivi di sviluppo del Millennio: Amnesty international deve tuttavia constatare che il Summit mondiale 2005 delle Nazioni Unite ha mostrato la non corrispondenza tra gli impegni dichiarati e l’azione concreta. Nel corso dello stesso anno, va nonostante tutto registrato come sviluppo senz’altro positivo l’emissione dei primi mandati d’arresto da parte della Corte penale internazionale per crimini contro l’umanità e crimini di guerra in Uganda.