Consiglio d'Europa: Niente da curare - stop alle “terapie di conversione” per le persone LGBTI+
Le pratiche di conversione SOGIE (note anche come "terapie di conversione") mirano a cambiare o a sopprimere l'orientamento sessuale, l'identità di genere o l'espressione di una persona quando non sono conformi alla norma dominante percepita. In Europa e nel mondo, ancora oggi, ci sono imprese commerciali e comunità religiose che mettono in atto queste pratiche, le quali avvengono comunemente attraverso i seguenti metodi: psicoterapia, interventi medici, interventi basati sulla fede.
Tutto ciò è pericoloso e non trova posto in una società basata sui diritti umani.
L'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), infatti, ha declassificato l'omosessualità come patologia o malattia dal 1990, e le associazioni di psicologi, a livello mondiale, dichiarano che non c’è nulla da curare.
Le norme internazionali sui diritti umani mandano un messaggio chiaro: non c’è posto per le pratiche di conversione SOGIE.
L'attuale strategia per l'uguaglianza LGBTIQ 2020-2025 della Commissione europea, ad esempio, classifica tali pratiche come dannose per la salute fisica e mentale delle persone LGBTIQ. Al Consiglio d'Europa, tali pratiche sono state criticate da diversi organismi, tra cui l'Assemblea parlamentare e il Congresso dei poteri locali e regionali.
Questi atti sono in evidente contrasto con l’articolo 8 della CEDU che sancisce il diritto al rispetto della vita privata e familiare. Il Comitato delle Nazioni Unite sui diritti economici, sociali e culturali ha rilevato, inoltre, che le pratiche di conversione SOGIE violano il diritto delle persone LGBTI alla salute sessuale e riproduttiva. È importante notare che, poiché queste pratiche trattano le persone in modo diverso sulla base di caratteristiche come l'orientamento sessuale o l'identità di genere, e non hanno una giustificazione oggettiva e ragionevole, difficilmente sembrano compatibili con il divieto di discriminazione sancito dall'articolo 14 della CEDU e dall'articolo 1 del Protocollo n. 12 della CEDU.
Rapporti recenti suggeriscono che alcune imprese che praticano le terapie di conversione SOGIE hanno approfittato delle discrepanze legislative e si sono trasferite dove suddette pratiche sono ancora legali.
La diffusione delle pratiche di conversione SOGIE in Europa non è nota, poiché spesso avvengono in condizioni di segretezza. Si stima che il 2% delle persone LGBTI nell'UE si sia sottoposto a tali pratiche e che al 5% siano state proposte, anche se le cifre reali potrebbero essere molto più alte. Secondo i dati più recenti, disponibili nel Regno Unito, circa un quinto delle persone LGBTI ha subito pratiche di conversione SOGIE.
Gli effetti di queste pratiche possono essere devastanti. Le persone che vi sono sottoposte possono subire danni psicologici significativi, tra cui depressione e ansia, vergogna o odio per sé stessi, pensieri suicidi o tentativi di suicidio, disturbo post-traumatico da stress, nonché conseguenze fisiche sulla salute, come ulcere allo stomaco, disturbi sessuali e alimentari ed emicranie. Gli interventi stessi possono anche provocare danni fisici permanenti.
Affinchè queste pratiche siano estirpate sono necessari, un’analisi approfondita degli individui che ad oggi le mettono in atto e divieti legali a diversi livelli, che garantiscano la possibilità di chiamare i responsabili a rispondere delle loro azioni.
Oltre a vietare le pratiche di conversione SOGIE, è necessario anche che gli Stati offrano supporto psicosociale e misure di riabilitazione a coloro che ne sono stati vittime
I diversi orientamenti sessuali e le identità o espressioni di genere non devono essere repressi o modificati. È, quindi, necessario che gli Stati membri del Consiglio d'Europa prendano misure decisive per eliminare le pratiche di conversione SOGIE. La società tutta deve impegnarsi per ottenere un mondo libero da discriminazioni e pregiudizi nei confronti delle persone LGBTI, in modo che le pratiche di conversione siano finalmente riconosciute per quello che sono: una frode dannosa.