C’è bisogno di ONU, oggi più di prima, perchè c’è bisogno di governo per il mondo. Ma quale ONU e per quale governo mondiale? La situazione di interdipendenza planetaria (economica, politica, ecologica), nella quale siamo tutti immersi con differenti capacità di adattamento a seconda che ci si trovi nell’occidente, all’est o al sud del mondo, da un lato fa venire a galla i pesantissimi squilibri nelle condizioni di vita sul pianeta, dall’altro ragionevolmente spinge, anzi costringe a negoziare e a mettersi d’accordo per gestire insieme il pianeta. L’alternativa al negoziato e alla messa in opera di strutture di governo mondiale è la proliferazione dei conflitti sociali, politici, economici, militari, cioè la prospettiva che continuerà ad allungarsi la lista dei 17 milioni di rifugiati politici, dei 20 milioni di profughi, delle decine di milioni di migranti per fame, dei 40 mila bambini che muoiono ogni giorno per malattia e sottonutrizione, delle 120 guerre conbattute dal 1945 con 20 milioni di morti, degli 810 caschi blu caduti per la pace, del miliardo di persone che vivono in condizioni di indigenza estrema, dei milioni di tonnellate di armi a disposizione del commercio mondiale, del numero di stati “sovrani” ciascuno con la propria frontiera e il proprio esercito.
Ci chiediamo se l’ONU, questa ONU, sia in grado di rispondere alla domanda di pace, sicurezza, sviluppo sostenibile, disarmo, ambiente naturale sano, che ognuno di noi ha il diritto-dovere di porre, appellandosi all’articolo 28 della Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo del 1948: “Ogni individuo ha diritto a un ordine sociale e internazionale nel quale tutti i diritti e le libertà enunciate nella presente Dichiarazione possono essere pienamente realizzati”. Se l’ONU non si ponesse rapidamente nella condizione di rispondere a questa domanda, non avrebbe ragione di esistere. Ma allora bisognerebbe pensare di creare un’altra ... ONU, perchè non si può fare a meno di un organismo politico che abbia competenze e funzioni di pacificazione a raggio universale. La Carta di San Francisco, ovvero lo Statuto dell’ONU, fu adottata il 26 giugno 1945. L’Organizzazione entrò in funzione, con poco più di 50 stati membri, il 1° gennaio 1946, succedendo alla fallimentare Società delle Nazioni. In 47 anni di vita, l’ONU ha dovuto fare i conti, più che con i principi e le disposizioni del suo Statuto, con i condizionamenti derivanti dalla realtà del bipolarismo, ovvero della divisione del mondo in due blocchi contrapposti ideologicamente, economicamente e militarmente.
L’ampio processo di decolonizzazione politica avviatosi negli anni ‘50 in virtù dell’accordo fra Usa e Urss, ha portato il numero degli stati membri dell’ONU fino a 179, ma non ha minimamente influito ai fini di una maggiore autorità dell’Organizzazione, nel senso di riscattarla dalla paralisi cui le due super-potenze l’avevano condannata. Insomma, l’ONU è nata portatrice di handicap, di cui sono segni evidenti la composizione ‘diseguale’ del Consiglio di sicurezza e il potere di veto assegnato ai cinque membri permanenti. Nell’ormai famoso rapporto “Un’agenda per la pace” del luglio l992, il nuovo, attivissimo Segretario Generale delle Nazioni Unite, Boutros-Boutros Ghali, denuncia senza mezzi termini che l’ONU non può più oltre essere portatrice di handicap. La tesi di Boutros Ghali è che non ci può essere pace senza giustizia, sviluppo, diritti umani e democrazia e che è compito dell’ONU operare concretamente per costruire questo tipo di pace. I blocchi si sono sgretolati, i muri sono caduti, obiettivamente c’è spazio per la riscossa dell’Organizzazione mondiale. È venuto il momento di togliere dal freezer la Carta di San Francisco e farne rivivere lo spirito se non anche, integralmente, la lettera. Ma chi è in grado di fare applicare questa Carta sostanzialmente buona?
Finora, l’ONU non è stata una entità distinta distinta dagli stati che la compongono. L’ONU opera sulla base delle ‘risoluzioni’ adottate dai suoi organi, i quali sono tutti – tranne la Corte internazionale di giustizia e il Segretario generale – composti di rappresentanti degli stati. Gli stati sono sovrani, l’ONU no. Se l’ONU non funziona è perchè gli stati membri, in particolare i più potenti, non vogliono che funzioni. È inutile prendersela con l’ONU per ritardi e inadempienze. Si chieda invece conto ai governi degli stati, a cominciare da quello degli Stati Uniti.
L’opinione pubblica deve uscire dall’equivoco di considerare l’ONU, questa ONU, come entità autonoma rispetto alla volontà dei più potenti dei suoi membri. L’autonomia dell’ONU è tutta da costruire o da riscattare. Questa autonomia potrà essere raggiunta se l’ONU sarà “ONU dei popoli”, se cioè i suoi organi saranno legittimati direttamente dai popoli e funzioneranno aprendosi a forme di partecipazione politica popolare internazionale. L’ONU dei popoli deve diventare la palestra della democrazia internazionale. Ciò potrà essere, soltanto se si attiverà a suo sostegno un forte movimento di opinione pubblica, bene informata e bene motivata. Non è utopico pensarlo. Giacchè la Carta delle Nazioni Unite è fatta apposta per essere presa in mano, capita e incarnata dalla gente comune. Quando fu adottata, il mondo era sotto l’impatto degli immani disastri della seconda guerra mondiale, delle efferatezze perpetrate dai regimi nazifascisti, dell’olocausto degli ebrei. La voce di speranza dell’umanità, il messaggio di pace e di umanesimo integrale di personalità quali Einstein, Bertrand Russell e Jacques Maritain, ebbero modo di penetrare in via diretta nei lavori della Conferenza di San Francisco attraverso una quarantina di organizzazioni nongovernative ammesse a titolo consultivo.
La Carta è un accordo giuridico internazionale, che gli stati hanno stipulato sulla base di un “mandato popolare” espressamente consacrato nel Preambolo, con una procedura che non ha precedenti nè seguiti in alcun altro trattato internazionale. È bene leggerne l’inizio: “Noi, popoli delle Nazioni Unite, decisi: a salvare le future generazioni dal flagello della guerra, che per due volte nel corso di questa generazione ha portato indicibili afflizioni all’umanità; a riaffermare la fede nei diritti fondamentali dell’uomo, nella dignità e nel valore della persona umana, nella eguaglianza dei diritti degli uomini e delle donne e delle nazioni grandi e piccole; a creare le condizioni in cui la giustizia e il rispetto degli obblighi derivanti dai trattati e dalle altre fonti del diritto internazionale possano essere mantenuti; a promuovere il progresso sociale e un più elevato tenore di vita in una più ampia libertà, abbiamo risoluto di unire i nostri sforzi per il raggiungimento di tali fini. In conseguenza, i nostri rispettivi Governi ... hanno concordato il presente Statuto delle Nazioni Unite ed istituiscono con ciò un’organizzazione internazionale che sarà denominata le Nazioni Unite”. Più chiaro di così ...
Ora che il sistema della politica mondiale si è obiettivamente sbloccato e i popoli dispongono, oltre che degli stati, di altri strumenti e organismi di rappresentanza – mi riferisco alle decine di migliaia di organizzazioni nongovernative, internazionali e nazionali, che operano a fini di promozione umana ‘dal quartiere al mondo’ –, l’ONU deve e può sviluppare la propria originaria identità di ONU dei popoli. Al di là della cattiva volontà e dei giochi di potere soprattutto dei vertici politici dell’occidente – cioè, di quei vertici di potere politico-economico-militare che hanno tutto il potere, in questo momento, di fare tutto il bene necessario e di evitare tutto il male nel mondo, solo che lo volessero –, non esistono ostacoli perchè la ONU dei popoli cominci a funzionare. Al riguardo, i segnali di attenzione popolare si moltiplicano. Ne cito alcuni. Oltre cento organizzazioni nongovernative e centri di studio si sono uniti sotto la sigla INFUSA allo scopo di democratizzare l’ONU: il primo obiettivo è quello di creare una seconda Assemblea generale, formata dai rappresentanti dei “popoli delle Nazioni Unite”, con compiti di proposta e controllo nei confronti dell’attuale Assemblea generale composta dai rappresentanti dei governi degli stati.
Il 22 settembre 1992 a Roma, è stato lanciato l’Appello per la democratizzazione dell’ONU promosso dall’Associazione per la pace e dai ‘Beati i costruttori di pace’, corroborato da una lunga lista di adesioni a cominciare da quella di Norberto Bobbio. Su iniziativa dei ‘Beati i costruttori di pace’ cinquecento pacifisti sono andati in “missione di solidarietà” a Sarajevo il 10 e l’11 dicembre 1992, recando tra l’altro un documento di riflessione politica propositiva nel quale è fatto costante riferimento al ruolo centrale della “ONU dei popoli”, alla necessità di una sua autorità “sopranazionale” e alle norme del diritto internazionale dei diritti umani. Il documento aveva in precedenza ricevuto l’adesione, tra le altre, del Centro di studi e di formazione sui diritti dell’uomo e dei popoli dell’Università di Padova e del Consiglio della Facoltà di Scienze politiche dell’Università di Torino.
Come proseguire su questa che possiamo chiamare la strada per la liberazione dell’ONU dalla attuale condizione di “colonia degli stati più potenti”? Nei successivi interventi in questa rubrica, mi sforzerò di elucidare i contenuti di questo percorso, avendo sempre in mente che bisogna agire subito e bene, con intelligenza politica, cuore generoso e coraggio.